La rete dei centri antiviolenza D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) non ritiene sufficiente il cosiddetto “Codice Rosso”, approvato ieri, 18 luglio, al Senato e divenuto così legge. D.i.Re è una delle più grandi organizzazioni nazionali a occuparsi di violenza sulle donne e ha partecipato a numerose audizioni nella fase di stesura del disegno di legge.
Il testo prevede l’inasprimento delle pene per chi ha commesso violenza e altre disposizioni come il braccialetto elettronico per gli uomini che ricevono l’ordine di allontanamento. L’altro punto essenziale del provvedimento riguarda la velocità delle indagini: per renderle più rapide i magistrati hanno l’obbligo di ascoltare le vittime entro tre giorni dalla denuncia.
Codice Rosso, il giudizio dei centri antiviolenza
L’organizzazione D.i.Re denuncia tuttavia che, a fronte di un inasprimento della pena per i reati di violenza, nel Codice Rosso non sono stati incrementati i fondi per gestire le procedure penali.
“Per risolvere il problema della violenza sulle donne servono risorse. Bisogna aumentare il personale organico della magistratura che si occupa dei reati di violenza. E servono risorse per la formazione dei magistrati”. Secondo le attiviste, però, risorse nel Codice Rosso non ce ne sono. Nel testo del provvedimento si parla infatti di “invarianza finanziaria”.
Le attiviste valutano invece positivamente l’introduzione di un percorso di recupero per chi commette violenza. In questo modo la pena è orientata al recupero e non alla punizione “in accordo con la Costituzione”.
La questione fondamentale da risolvere, secondo l’organizzazione, è la lunghezza del processo: “Il codice Rosso non risolve il vero problema, che è la durata eccessiva dei processi: una donna deve aspettare dai sei agli otto anni prima di ricevere giustizia”.
La denuncia della presidente di D.i.Re
Sul Codice Rosso è duro anche il commento di Lella Palladino, presidente di D.i.Re: “Nessuno dei rilievi sollevati nel corso delle audizioni da D.i.Re e da innumerevoli altri esperti è stato preso in considerazione”, osserva. “Tutti gli emendamenti migliorativi presentati dall’opposizione sono stati rigettati senza alcuna motivazione. Non si investe un euro per la formazione di forze dell’ordine e personale giudiziario, terribilmente necessaria perché la violenza contro le donne, di cui tutti parlano è un fenomeno che in realtà pochi conoscono davvero”.
Il ddl Codice Rosso ha ricevuto il via libera definitivo al Senato il 18 luglio con 197 sì, 47 astenuti e nessun contrario. Il provvedimento è stato voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dalla ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno.
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