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    Il Codice Rosso è legge ma mancano i finanziamenti: la denuncia dei centri antiviolenza

    FILIPPO MONTEFORTE/AFP

    Le associazioni commentano l'approvazione del disegno di legge contro la violenza sulle donne

    Di Madi Ferrucci
    Pubblicato il 18 Lug. 2019 alle 18:07 Aggiornato il 19 Lug. 2019 alle 18:44

    La rete dei centri antiviolenza D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) non ritiene sufficiente il cosiddetto “Codice Rosso”, approvato ieri, 18 luglio, al Senato e divenuto così legge. D.i.Re è una delle più grandi organizzazioni nazionali a occuparsi di violenza sulle donne e ha partecipato a numerose audizioni nella fase di stesura del disegno di legge.

    Il testo prevede l’inasprimento delle pene per chi ha commesso violenza e altre disposizioni come il braccialetto elettronico per gli uomini che ricevono l’ordine di allontanamento. L’altro punto essenziale del provvedimento riguarda la velocità delle indagini: per renderle più rapide i magistrati hanno l’obbligo di ascoltare le vittime entro tre giorni dalla denuncia.

    Codice Rosso, il giudizio dei centri antiviolenza

    L’organizzazione D.i.Re denuncia tuttavia che, a fronte di un inasprimento della pena per i reati di violenza, nel Codice Rosso non sono stati incrementati i fondi per gestire le procedure penali.

    “Per risolvere il problema della violenza sulle donne servono risorse. Bisogna aumentare il personale organico della magistratura che si occupa dei reati di violenza. E servono risorse per la formazione dei magistrati”. Secondo le attiviste, però, risorse nel Codice Rosso non ce ne sono. Nel testo del provvedimento si parla infatti di “invarianza finanziaria”.

    Spadafora a Salvini: “Non mi dimetto” e intanto sono le donne a farne le spese. I dati sui centri anti-violenza

    Le attiviste valutano invece positivamente l’introduzione di un percorso di recupero per chi commette violenza. In questo modo la pena è orientata al recupero e non alla punizione “in accordo con la Costituzione”.

    La questione fondamentale da risolvere, secondo l’organizzazione, è la lunghezza del processo: “Il codice Rosso non risolve il vero problema, che è la durata eccessiva dei processi: una donna deve aspettare dai sei agli otto anni prima di ricevere giustizia”.

    La denuncia della presidente di D.i.Re

    Sul Codice Rosso è duro anche il commento di Lella Palladino, presidente di D.i.Re: “Nessuno dei rilievi sollevati nel corso delle audizioni da D.i.Re e da innumerevoli altri esperti è stato preso in considerazione”, osserva. “Tutti gli emendamenti migliorativi presentati dall’opposizione sono stati rigettati senza alcuna motivazione. Non si investe un euro per la formazione di forze dell’ordine e personale giudiziario, terribilmente necessaria perché la violenza contro le donne, di cui tutti parlano è un fenomeno che in realtà pochi conoscono davvero”.

    Il ddl Codice Rosso ha ricevuto il via libera definitivo al Senato il 18 luglio con 197 sì, 47 astenuti e nessun contrario. Il provvedimento è stato voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dalla ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno.

    Il codice rosso è legge: approvato il ddl contro la Violenza sulle donne
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