È trascorsa oltre una settimana da quando il direttore del Cnr Giuseppe Colpani ha comunicato al tavolo dei sindacati Cgil, Cisl e Uil che i 400 precari risultati idonei al concorso bandito nel 2018 per stabilizzarli, non saranno assunti. L’ente di ricerca, che per tre anni ha promesso di assorbire tutti gli idonei presenti in graduatoria entro dicembre del 2021, il 18 novembre ha fatto marcia indietro, dichiarando in un primo momento di avere a disposizione 3,3 milioni, sufficienti ad assumerne solo 51.
Dopo l’occupazione della sede centrale del Cnr da parte del Collettivo dei precari uniti, i vertici dell’ente hanno specificato che con l’approvazione della finanziaria del 2022 saranno stanziati altri 10 milioni per stabilizzarne in tutto 205. Eppure, anche in questo caso, ne resterebbero fuori circa 195. Inoltre non vi è certezza sulle loro assunzioni, perché le graduatorie scadono il 16 dicembre, data oltre la quale rischiano di essere mandati tutti a casa, doversi trovare un altro lavoro dopo anni di ricerca presso l’ente italiano o dover sostenere una nuova prova nel 2022.
I ricercatori intanto hanno manifestato anche in altre Regioni contro la mancata stabilizzazione, facendo notare che nelle casse del Cnr risultano esserci, in realtà, i fondi necessari ad assumere tutti, e cioè 33 milioni: 22,8 messi messi a disposizione dal Decreto “Rilancia Italia” dell’agosto 2020 e 10 dall’ultima legge di bilancio. Ma nessuno tra i vertici del Cnr ha spiegato perché non vuole utilizzarli per stabilizzare loro. Alessandro Milicchio, deputato del M5S in Commissione Cultura, il 19 novembre ha presentato un’interrogazione Parlamentare alla Ministra per la Ricerca Maria Cristina Messa per chiedere chiarimenti sui fondi stanziati.
Quell’interpellanza è servita a riportare l’attenzione su una questione che stava per essere dimenticata, o si voleva far dimenticare. E cioè che non ci sono state solo la scorsa legge di bilancio e quella attualmente all’esame del Parlamento a stanziare risorse per la stabilizzazione dei ricercatori precari. Già nel 2020, il decreto Rilancio del Governo Conte II destinava a questo fine cifre importanti: ben 22,8 milioni di euro. È chiaro che se queste risorse non si utilizzano per intero, non tutti i ricercatori otterranno l’agognata assunzione in pianta stabile. Credo però che l’interpellanza, oltre alle proteste dei ricercatori e alla maggiore attenzione politica e mediatica, abbia sortito effetto.
Quelle assunzioni non sarebbero altro che l’affermazione di un diritto che nessuno dovrebbe mai mettere in discussione, e cioè il diritto a un lavoro dignitoso. Non è accettabile che il nostro Paese non riesca a riconoscere il merito di quei ricercatori e tecnologi: dopo una selezione superata e dopo anni in cui hanno prestato servizio in modo precario, vanno stabilizzati. Dobbiamo essere consapevoli che quando si parla dell’importanza degli investimenti in ricerca, e la pandemia ci ha fatto riflettere molto su questo, si parla anche e soprattutto di persone che lavora giorno dopo giorno per il progresso del Paese e della società. Ringraziarle a parole non serve se poi non seguono i giusti riconoscimenti. Tenerle nel limbo della precarietà significherebbe umiliare il loro lavoro, che è fondamentale per tutti.
Mi aspetto che il Cda deliberi la stabilizzazione di tutti e 400 i ricercatori e tecnologi del Cnr, utilizzando le risorse che il Governo, anche su stimolo del Parlamento, ha stanziato in questi anni. Lo stiamo chiedendo da mesi e spero di poter dire tra qualche giorno che la vicenda si è conclusa positivamente. Sarebbe una vittoria innanzitutto per quei lavoratori, ma anche per il Cnr che potrebbe contare su più risorse e per il Paese intero, perché i progressi della ricerca sono sempre i progressi di tutti.
La decisione definitiva spetta al Cnr, quindi ci aspettiamo l’annuncio della decisione definitiva dalla presidente dell’ente, Maria Chiara Carrozza, dopo il Cda di martedì prossimo. L’ente però è sottoposto alla vigilanza del ministero dell’Università e Ricerca: per questo, nella mia interpellanza, avevo sollecitato anche la ministra Messa affinché intervenisse con un atto di indirizzo verso la presidenza del Cnr.
Sarebbe una sconfitta per lo Stato. Così come l’assunzione sarebbe una vittoria per tutti, allo stesso modo la mancata stabilizzazione sarebbe una sconfitta collettiva: per i ricercatori, per il Cnr e per il Paese.
I fondi del PNRR hanno la possibilità di essere utilizzati entro un certo limite temporale, quindi per l’assunzione di personale a tempo indeterminato non sono lo strumento migliore. È senz’altro vero che contribuiranno a far progredire il nostro sistema universitario e di ricerca, avvicinando l’Italia alla media Ue, ma dobbiamo andare oltre, come ha ricordato bene anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella pochi giorni fa: investire in ricerca deve essere un impegno continuo, che va al di là del Pnrr. Rispetto alla stagione dei tagli di dieci anni fa, possiamo dire che la rotta sta decisamente cambiando, i fondi sono tornati ad aumentare con i governi Conte e anche l’attuale esecutivo sta procedendo in quella direzione. Ma non basta: dobbiamo puntare sempre più in alto.
Il video del presidio dei ricercatori alla sede centrale del CNR di Roma
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