Cernobbio, Salvini e Meloni divisi sulle sanzioni. Il segretario leghista: “Serve uno scudo europeo”
“Siamo al settimo mese di guerra e le esportazioni italiane si sono dimezzate”. “Se l’Italia si sfila dai suoi alleati, per Kiev non cambia niente ma per noi sì”.
A Cernobbio sono andate in scena le divisioni tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. ospiti entrambi del Forum Ambrosetti, insieme agli altri leader dei principali partiti, i due non hanno mancato di rimarcare le differenze tra le principali forze del centrodestra, sempre più favorito nei sondaggi.
Salvini ha continuato a battere il tasto sulle sanzioni, responsabili secondo lui dell’emergenza energetica. “Andiamo avanti con le punizioni per l’aggredito, ma proteggendo i nostri lavoratori”, ha detto. “Vincere le elezioni ereditando un paese in ginocchio non sarebbe una grande soddisfazione”. Il segretario leghista è anche tornato a invocare lo scostamento di bilancio per sventare una crisi che rischia di travolgere interi settori dell’economia.
La soluzione, secondo Salvini, non è nel rimuovere le sanzioni ma in uno “scudo energetico”, garantito dall’Unione Europea, che l’ex ministro dell’Interno si augura possa essere attuato “nelle prossime ore”.
Giorgia Meloni invece ha chiuso la porta a nuovo deficit e ha difeso le scelte dell’Italia in politica estera. “Se l’Ucraina cade e l’Occidente perisce, il vincitore non sarà solo la Russia di Putin ma la Cina”, ha sottolineato la leader del centrodestra, confermando la volontà di intervenire sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nonostante le perplessità espresse il giorno prima dal ministro dell’Economia Daniele Franco. “Non può essere una eresia dire che il Pnrr non può essere perfezionato: è previsto nella norma”.
Un netto “no alle rinegoziazioni” è arrivato da Enrico Letta, presente a Cernobbio dal 1999, che ha definito il Pnrr “la stella polare”. “Se ci mettessimo in un confronto con Bruxelles perderemmo soldi e prospettive per il futuro”, ha detto il segretario del Partito democratico, che ha definito il voto al Pd “l’unico” per evitare che venga eletto il “blocco della destra”. “Se vincesse la destra il 25 settembre sera brinderebbe in primo luogo Putin, poi Orban e poi Trump”.
L’unico leader a intervenire in videocollegamento e non in presenza è Giuseppe Conte, che ha difeso il reddito di cittadinanza dagli attacchi di Giorgia Meloni (lo aveva definito “un fallimento). “Cancellarlo è fare la guerra ai poveri”, ha detto il presidente del Movimento 5 stelle, invocando anche lui uno scostamento di bilancio per “proteggere il tessuto sociale e imprenditoriale”. L’ex presidente del Consiglio ha anche chiesto che l’inflazione non sia una scusa per “politiche di austerity”.
“Spezzare il bipopulismo che spacca l’Italia” è la missione che si è dato Carlo Calenda, il politico più applaudito a questa edizione del Forum Ambrosetti. Il leader di Azione si è detto pronto a fare “il governo più largo possibile”, attaccando però Forza Italia per aver “sfiduciato Draghi” e Salvini che girava per “per il parlamento europeo con la maglietta di Putin”.
Duro lo scontro tra l’ex ministro dello Sviluppo economico e il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha accusato Calenda di essere un “falso” e ha ricordato al rivale centrista di aver cambiato diversi partiti. Riguardo le possibili divisioni nel centrodestra, Tajani ha assicurato che Forza Italia non lascerà la coalizione. “Non soffro della sindrome del traditore”.
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