Centrosinistra, 30 scissioni in 25 anni: la storia
L’uscita di Matteo Renzi dal Partito democratico, con la nascita della sua Italia Viva, è solo l’ultima di una storia pressoché infinita di divisioni che ha caratterizzato il campo politico del centrosinistra in Italia nell’ultimo quarto di secolo. Concentrandoci solo su quanto avvenuto nella Seconda Repubblica, ovvero dal 1993 in poi, è possibile infatti contare qualcosa come almeno 30 scissioni nel vasto mondo della “sinistra”.
La prima in ordine di tempo fu quella del 1995 che diede vita al Movimento dei Comunisti Unitari, nato per iniziativa di Lucio Magri, Famiano Crucianelli e una ventina di parlamentari che abbandonarono Rifondazione Comunista, non condividendo la scelta di votare contro al Governo Dini. Essi si avvicinarono sostanzialmente al PDS, nelle cui file furono poi candidati alle elezioni del 1996 e in seguito parteciparono alla fondazione dei DS.
La scissione più importante fu però quella che subì Rifondazione Comunista (PRC) l’11 ottobre 1998. Fino a quel giorno il PRC aveva avuto un ruolo decisivo per la tenuta del Governo Prodi, che appoggiava dall’esterno con un accordo di “desistenza”. Ma la scelta della maggioranza del partito, guidata da Fausto Bertinotti, di togliere la fiducia all’esecutivo, oltre a determinare la caduta del Governo, produsse anche la nascita di un nuovo soggetto politico. Infatti Armando Cossutta e Oliviero Diliberto decisero di fondare il Partito dei Comunisti Italiani.
Esso rimase nell’alveo del centrosinistra e partecipò direttamente ai due successivi governi guidati da Massimo D’Alema e poi a quello di Giuliano Amato, mentre la Rifondazione bertinottiana rimase all’opposizione. Nel gennaio 2000, uscì da Rifondazione anche il gruppo legato Michele Capuano per vita a Democrazia Popolare, la quale dopo pochi anni confluì nel PdCI di Cossutta.
Nel 2005 una piccola divisione la subiscono i DS, esce infatti dal partito Pietro Folena, il quale con Antonello Falomi e vari sindacalisti dà vita alla rete Uniti a Sinistra. I due parlamentari aderiranno poi da indipendenti al gruppo di Rifondazione, venendo riletti nel 2006.
A inizio 2006 Rifondazione subisce una serie di “scissioni da sinistra”, prima esce la minoranza guidata da Francesco Ricci e Fabiana Stefanoni, che danno vita al Partito di Alternativa Comunista. Mentre due mesi dopo, a seguito del ritiro della sua candidatura al Senato, Marco Ferrando dà vita al Partito Comunista dei Lavoratori. In seguito tocca invece a diversi esponenti prevalentemente campani, guidati da Luigi Izzo, a lasciare il PRC per creare l’associazione Unità Comunista.
Quando poi dal maggio 2006 Rifondazione entra organicamente dentro al secondo Governo Prodi, iniziano i malumori anche sul piano parlamentare. Nel febbraio 2007 il senatore Franco Turigliatto viene allontanato dal PRC per non aver votato una relazione governativa sulla politica estera. L’8 dicembre dello stesso anno, l’intera area di Turigliatto, fra cui anche il deputato Salvatore Cannavò, lascia il partito per dare vita a Sinistra Critica. Proprio negli stessi giorni intanto nasce La Sinistra L’Arcobaleno, cartello che riunisce PRC, PdCI, Verdi e Sinistra Democratica.
Quest’ultima formazione, guidata da Fabio Mussi, era nata nel maggio precedente dopo la fine dei DS e la decisione della sinistra interna alla Quercia di non aderire al nascente Partito Democratico. Alle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008 la Sinistra L’Arcobaleno tracolla, fermandosi a poco più del 3 per cento. In particolare dentro Rifondazione Comunista si assiste, in luglio, a un congresso drammatico in cui si fronteggiano la posizione dell’ex ministro Paolo Ferrero, deciso a tenere in vita il partito, e quella di Nichi Vendola, che propone la confluenza in un più ampio soggetto della sinistra.
La mozione del governatore pugliese ottiene più voti ma non ha la maggioranza assoluta, così Ferrero riesce ad essere eletto segretario grazie al sostegno delle minoranze di sinistra. Dopo sei mesi di convivenza difficile, nel gennaio 2009 Vendola se ne va e fonda il Movimento per la Sinistra che è poi il preludio alla lista elettorale verso le europee di giugno, Sinistra e Libertà, a cui aderiscono anche PSI, Verdi, Sinistra Democratica e il gruppo Unire la sinistra.
Quest’ultimo si era scisso dal PdCI a inizio 2009, dopo che la mozione dell’ex ministra Katia Belillo e dall’ex europarlamentare Umberto Guidoni (già noto astronauta) aveva ottenuto circa il 13 per cento nel Congresso del partito. Nel frattempo anche Sinistra Democratica subisce una scissione, con l’ex ministro Cesare Salvi, che rende autonomo il suo gruppo di Socialismo 2000, avvicinandosi a PRC e PdCI. Tali partiti intanto provano a dar vita alla Federazione della Sinistra, che non diverrà mai un partito e naufragherà qualche anno più tardi. Ma le elezioni europee vanno male sia per SL che per la “Lista anticapitalista”, entrambe restano sotto al 4 per cento e non eleggono alcun eurodeputato.
Nel giugno 2009 il PdCI espelle Marco Rizzo, il quale fonda Comunisti Sinistra Popolare, che qualche anno più tardi diverrà Partito Comunista, rimasto da allora autonomo. Ma anche il progetto di Sinistra e Libertà subisce delle trasformazioni. Il PSI esce dal percorso, mentre i Verdi fanno la stessa scelta, anche se dopo il congresso del novembre 2009 la minoranza di Loredana De Petris e Paolo Cento, decide di abbandonare il partito ambientalista per confluire nella nascente Sinistra Ecologia e Libertà. Ad esso aderiscono anche MpS di Vendola, SD di Mussi ed Unire la Sinistra: a dicembre SEL diventa partito, con Nichi Vendola segretario.
Nel novembre 2009 vi è però anche una scissione importante, almeno sul piano simbolico, anche dentro al PD: esce infatti uno dei fondatori, Francesco Rutelli, che assieme a Bruno Tabacci e alcuni altri parlamentari, dà vita all’Alleanza per l’Italia (API). Essa, circa un anno più tardi, aderirà al “nuovo polo per l’Italia” assieme all’UdC e a Futuro e Libertà di Gianfranco Fini, nel frattempo uscito dal PdL. Il progetto non avrà fortuna e già dal 2012 sostanzialmente l’API scompare. Alcuni, fra cui Bruno Tabacci, a fine anno daranno vita al Centro Democratico; alla nascita di tale movimento partecipa anche il gruppo Diritti e Libertà, formato da Massimo Donadi, appena uscito dall’Italia dei Valori di Di Pietro.
Nel febbraio 2011, intanto, la corrente L’Ernesto di Fosco Giannini lascia il PRC e confluisce nel PdCI di Diliberto. A maggio 2013 c’è una fuoriuscita anche dal PdCI: Francescaglia e Arzarello lanciano l’appello A Sinistra per l’Italia aderendo prima a SEL e poi al PD. A luglio dello stesso anno finisce l’esperienza di Sinistra Critica, con la scissione “consensuale” che porta alla nascita di Sinistra Anticapitalista di Turigliatto e del gruppo Solidarietà Internazionalista. Mentre a ottobre nel PRC c’è una fuoriuscita che dà vita all’associazione ControCorrente per una Sinistra dei Lavoratori.
Subito dopo le Europee del 2014, alle quali l’esperienza unitaria de L’Altra Europa con Tsipras ottiene il 4 per cento, è però SEL a subire una scissione rilevante: Gennaro Migliore e una decina di parlamentari fondano LED (Libertà e Diritti), in appoggio al Governo Renzi ed a breve aderiscono al PD. Mentre a partire dall’autunno 2014 inizia il processo di uscita dal PRC dell’area Essere Comunisti, alcuni entrano direttamente in SEL, altri tramite Sinistra Lavoro aderiranno in seguito al percorso che porterà alla nascita di Sinistra Italiana.
Altri ancora invece si avvicineranno al PdCI, che nel frattempo (novembre 2014) cambia nome in Partito Comunista d’Italia e poi nel 2016 si trasforma in Partito Comunista Italiano, guidato da Mauro Alboresi. Fra fine 2015 e inizio 2016 intanto da Rifondazione escono prima il gruppo di Fronte Popolare e poi l’area FalceMartello, la quale fonda il soggetto Sinistra Classe Rivoluzione.
Nel 2015 iniziano le varie scissioni dal PD ormai renziano. A maggio esce l’area di Pippo Civati, che dà vita a Possibile. Mentre a giugno se ne va Stefano Fassina, che fonda l’associazione Futuro a Sinistra. Questi, a seguito dall’uscita del PD pure di Alfredo D’Attorre a novembre, è fra i fondatori di Sinistra Italiana, a cui aderiscono anche Sinistra Lavoro, il gruppo dei giovani di ACT e soprattutto SEL di Fratoianni, che si scioglie formalmente a inizio 2017.
A febbraio 2017 c’è la scissione più consistente dal PD, quella di Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema, Guglielmo Epifani, Enrico Rossi e Roberto Speranza: essi danno vita ad Articolo Uno-Movimento Democratico e Progressista, a cui partecipano da subito anche alcuni ex-SEL (fra cui il capogruppo alla Camera Arturo Scotto), che a loro volta avevano dato vita a una scissione con Sinistra Italiana di Fratoianni. Altri fra gli ex SEL invece danno vita a Campo Progressista, guidato dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, soggetto che interrompe però il proprio percorso a gennaio 2018 quando è evidente l’impossibilità di unire l’intero centrosinistra per le elezioni politiche del 4 marzo.
Circa un anno dopo alcuni esponenti di tale area si avvicineranno al PD ormai zingarettiano: Marco Furfaro e Maria Pia Pizzolante entrano nella direzione nazionale, mentre Massimiliano Smeriglio viene eletto eurodeputato. Ma le divisioni, sempre più piccole a dire il vero, proseguono a sinistra anche dopo il non incoraggiante risultato di Liberi e Uguali (fermatosi al 3,4 per cento alle politiche del 2018).
Tralasciando il fatto che i promotori di tale cartello (ovvero Possibile, Sinistra Italiana e Articolo Uno) non hanno poi dato continuità alla “promessa” fatta in campagna elettorale di trasformare LeU in un vero e proprio partito (oggi infatti esso esiste solo come nome di un gruppo parlamentare), anche ognuno dei tre soggetti promotori ha poi subito delle “mini-scissioni”. Da Possibile (dove Beatrice Brignone prende il posto di Civati alla segreteria) ad esempio uscita la minoranza di Reinventare la sinistra, guidata da David Tozzo, che aderisce ben presto ad Articolo Uno di Speranza.
Da Sinistra Italiana è sostanzialmente uscito Stefano Fassina, dando vita a Patria e Costituzione. Da Articolo Uno invece è fuoriuscito il senatore Francesco Laforgia che (assieme al deputato Luca Pastorino, ormai ex Possibile) ha dato vita alla nuova formazione È Viva, fra i cui dirigenti vi è anche Silvia Prodi, la nipote del “professore” ex Premier. Il resto è storia di queste settimane.
Dopo l’adesione del PD al Governo Conte II, prima abbandonano il partito il senatore Matteo Richetti e l’eurodeputato Carlo Calenda (con la sua Siamo Europei), contrari in particolare all’alleanza con il M5S. E poi appunto in questi giorni è arrivata la scissione di Matteo Renzi, che porterà alla nascita di Italia Viva.
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