Caso camici Lombardia, Fontana e il bonifico alla società di moglie e cognato
Emergono nuovi dettagli dall’inchiesta della procura di Milano sul caso camici in Lombardia, che vede tra gli indagati anche il governatore Attilio Fontana, accusato di frode in pubbliche forniture: gli inquirenti starebbero verificando, tra le altre cose, anche un bonifico da 250mila euro, partito da un conto corrente di Fontana in Svizzera e intestato alla società Dama Spa (riconducibile alla moglie Roberta e al cognato di Fontana, Andrea Dini). La ditta in questione è la protagonista della vendita – poi trasformata in donazione – di 75mila camici e 7mila set sanitari (per un totale di 513mila euro) nel periodo di massima emergenza Coronavirus. Un caso sollevato da un servizio di Report e anticipato da Il Fatto Quotidiano a inizio giugno.
Il bonifico in questione è partito il 19 maggio 2020: 250mila euro versati da Fontana alla società del cognato e della moglie quasi per “risarcire” la ditta del mancato guadagno ottenuto dai camici, visto che il giorno dopo – 20 maggio – la Dama avrebbe inviato l’ormai celebre mail alla centrale acquisti della Regione Lombardia (Aria) nella quale comunicava che la vendita si sarebbe tramutata in una donazione. Sul suo conto in Svizzera, aperto presso la banca Ubs Ag, Fontana nel settembre 2015 aveva creato un fondo da 5,3 milioni, tramite due trust, intestato alla madre Maria Giovanna Brunella, dentista, morta a 92 anni nel 2015.
Nonostante il tentativo di Fontana, il bonifico venne bloccato in base alla normativa antiriciclaggio, perché non c’erano una causale o una prestazione coerenti con il bonifico e perché il versamento era disposto da un soggetto “sensibile” a causa del suo incarico da presidente della Regione Lombardia. Così si arriva all’11 giugno, data in cui Fontana annulla il bonifico dopo che la Guardia di Finanza, allertata dalla Banca d’Italia, aveva ascolto come teste il “responsabile della Funzione antiriciclaggio” della fiduciaria.
Fontana, il 7 giugno scorso, aveva sostenuto di non sapere nulla della procedura di acquisto da parte della Regione e di non essere mai intervenuto in alcun modo. Una posizione ribadita anche nelle settimane successive, man mano che le indagini coinvolgevano prima il cognato e poi lui stesso. Ma la storia del bonifico partito dalla Svizzera e poi annullato sembra dimostrare il contrario.
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