“Fontana ha tenuto un’autodifesa della Lega e per l’ennesima volta non ha chiesto scusa. Qua c’è una coda di paglia grande quanto una casa”. È molto critica la consigliera del Partito Democratico Carmela Rozza sull’intervento che il governatore della Lombardia ha tenuto questa mattina a Palazzo Pirelli per chiarire la sua posizione nell’inchiesta sul caso camici – sollevato da un servizio di Report e anticipato da Il Fatto Quotidiano a inizio giugno – nella quale risulta indagato per frode in pubbliche forniture.
Attilio Fontana oggi, oltre a parlare del caso camici, avrebbe dovuto fare un’informativa sulla gestione dell’emergenza Coronavirus. Come è andata secondo lei?
Un’ora di discorso per ribadire quello che dicono da sempre, senza dire nulla: è la prova di un’autodifesa che non regge più. Un intervento di grande debolezza. Ci si aspettava che rendesse le cose più palesi. Fontana doveva ammettere davanti al Consiglio che è stato un gran pasticcio. Non dire ‘sono colpevole’ perché è in corso un’indagine della Procura di Milano su questo, ma anche solo ammettere che forse c’è stata una gestione sbagliata della materia, questo sì.
Un’altra cosa che il governatore non ha spiegato è la conversione da parte di Dama Spa dell’ordine dei camici da fornitura a donazione…
Io parto dal principio che la donazione non c’è e non c’è mai stata, perché non è stata completata neanche. Mancano infatti 25mila camici e non risulta terminato dell’approvvigionamento per Aria.
Ecco, a proposito: Aria, l’ente che ha acquistato tutto, come ne esce?
Aria, la centrale d’acquisti della Lombardia, ne esce molto male. Perché non si è preoccupata di controllare e segnalare il conflitto d’interessi. Proprio per questo il dirigente di Aria Filippo Bongiovanni è indagato.
Fontana ha detto che “ci sono state polemiche sterili e ricostruzioni infondate”. Secondo lei questa inchiesta dei camici è lo specchio di un modello che non ha funzionato?
Io sono stata assessore ai lavori pubblici e ho fatto tante gare d’appalto. Il problema non è tanto aver preso una commessa senza bando di gara, perché questo in un momento di emergenza estrema come quella della pandemia può accadere. Se hai bisogno di prendere camici ovunque e l’azienda di tuo cognato è quella perfetta per fornirli, va anche bene al limite. Il vero punto è dirlo, renderlo noto e trasparente. Se non ho nulla da nascondere, io presidente di Regione lo rendo palese. Invece in questo caso non c’era la sottoscrizione del patto d’integrità, il contratto di vendita è stato trasformato in donazione. Per non parlare dei soldi provenienti dal conto Svizzero legato a Fontana. E’ tutto ambiguo.
Oggi in consiglio Fontana non ha detto niente sullo scudo fiscale però…
No, neanche una parola, ha fatto lo gnorri. Il bonifico da 250mila euro, partito da un conto corrente di Fontana in Svizzera e intestato alla società Dama Spa. Il bonifico in questione è partito il 19 maggio 2020: 250mila euro versati da Fontana alla società del cognato e della moglie quasi per “risarcire” la ditta del mancato guadagno ottenuto dai camici, visto che il giorno dopo – 20 maggio – la Dama avrebbe inviato l’ormai celebre mail a Aria nella quale comunicava che la vendita si sarebbe tramutata in una donazione. Sul suo conto in Svizzera, aperto presso la banca Ubs Ag, Fontana nel settembre 2015 aveva creato un fondo basato alle Bahamas da 5,3 milioni, tramite due trust, intestato alla madre Maria Giovanna Brunella, dentista, morta a 92 anni 5 anni fa. Questo fondo è stato scudato proprio nel 2015, quindi sono anni e anni che su quei soldi non viene fatta chiarezza. Sono lecito o illeciti? Che cosa aveva intenzione di farci Fontana? Su questo deve chiarire assolutamente in quanto un amministratore della cosa pubblica non può comportarsi cosi.
Rimangono molte ombre sulla Regione Lombardia…
Le cose non chiarite oggi sono tante: primo la domanda su cui nessuno risponde è come è possibile che il cognato Dini e la moglie di Fontana abbiamo emesso fattura e la abbiano consegnata ad Aria, se si trattava di una donazione? Due: Fontana ha mentito per mesi ai lombardi dicendo ‘Io non mi sono mai occupato di questa cosa’. Poi viene fuori che invece se ne è occupato eccome: con i soldi provenienti da un conto svizzero per risarcire una fantomatica donazione lasciata a metà.
Cosa insegna questa storia dei camici?
Ci insegna che è il momento di smettere di dire che il modello lombardo ha funzionato, di ammettere che ci sono ben cinque inchieste della magistratura in corso che coinvolgono la Regione Lombardia e di chiedere scusa ai lombardi e ai cittadini italiani. Adesso all’opposizione andremo avanti con una mozione di sfiducia nei confronti di Fontana, che però potrà essere votata non prima di 40 giorni, il governatore dovrà anche spiegare ai magistrati perché – formalmente – non c’è alcuna delibera regionale che accetti la trasformazione della fornitura dei camici in donazione, comunicata in una mail del 20 maggio dalla Dama Spa.
Che cosa si aspetta dalle indagini?
Per le indagini è tutto da vedere. Quello che posso dire è che adesso bisogna stare anche attenti ai 10 milioni di finanziamenti alle aziende che si sono riconvertite durante l’emergenza Coronavirus. Che facciamo, finanziamo anche la Dama Spa, l’azienda di Dini e della moglie di Fontana, dopo tutti i casini che sono successi?
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