Cannabis light Salvini propaganda | Matteo Salvini ha individuato un nuovo acerrimo nemico. Questa volta i migranti non c’entrano nulla, la nuova priorità del ministro dell’Interno è la chiusura dei negozi che vendono la cosiddetta cannabis light.
Di punto in bianco, incassata la sconfitta sul caso Siri in Consiglio dei Ministri, Matteo Salvini ha con un susseguirsi di dichiarazioni ha dichiarato guerra ai commercianti che, legalmente, hanno aperto un esercizio commerciale per la vendita della cannabis light, attività consentita e regolata da leggi vigenti.
Cercando di confondere le acque e instillare dubbi nell’elettorato, il ministro dell’Interno, come suo solito, l’ha buttata in caciara e ha iniziato a sostenere che la chiusura di questi negozi – che tutto vendono meno che droga, visto che la percentuale di Thc contenuta nei preparati è talmente esigua che non possono certo essere definite tali, è fondamentale per difendere “i nostri ragazzi” dalla droga.
Così, dopo una serie di dichiarazioni sui generis, cogliendo la palla al balzo passatagli dal questore di Macerata, che proprio oggi ha annunciato di aver iniziato a chiudere i negozi di cannabis legale per rispondere alle richieste di piangenti mamme preoccupate per il consumo che i figli fanno di cannabis, ha annunciato che varerà una direttiva volta a permettere la chiusura di questi esercizi commerciali senza passare da una legge organica votata dal parlamento.
In sostanza, secondo il “ministro del tutto”, questa direttiva, contrastando con una legge dello Stato varata nel 2016 (e votata anche dalla Lega) e attualmente vigente nonché con recenti sentenze della Cassazione che hanno sancito ulteriormente la liceità di questo tipo di attività, permetterebbe alle forze dell’ordine di procedere alla chiusura di negozi che lui senza fondamento reputa delle attività illegali.
Salvini dovrebbe però spiegare, sparate da campagna elettorale permettendo, quale principio giuridico permetterebbe di tenere una simile condotta nei confronti di esercenti che non hanno commesso alcun reato.
Perché, poi, cerca di confondere gli elettori lasciando intendere che i prodotti venduti da questi esercizi commerciali sarebbero droghe e chi li vende uno spacciatore di morte?
A queste domande Salvini non darà mai una risposta perché la sparata contro i negozi di cannabis legale tale rimarrà, a meno che non intervenga una legge che vieti questa attività.
Noncurante dell’improcedibilità della sua nuova idea, il ministro dell’Interno ha però intanto creato l’ennesimo fronte di rottura con l’alleato M5S, chiedendo a gran voce che il senatore Matteo Mantero ritiri il Ddl per la legalizzazione della cannabis sostenendo di non volere uno “stato spacciatore”.
Ma Salvini saprà che perfino la Direzione Antimafia in varie relazioni annuali ha più volte sottolineato che la legalizzazione della cannabis consentirebbe di togliere una bella fetta di mercato alle mafie che lui a gran voce sostiene di voler combattere?
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