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    Come il “campo largo” ha strappato l’Umbria al centrodestra

    Le candidate in Umbria: a sinistra Donatella Tesei (centrodestra), a destra Stefania Proietti (centrosinistra). Credit: AGF
    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 19 Nov. 2024 alle 13:23 Aggiornato il 19 Nov. 2024 alle 13:24

    La storia delle regionali umbre del 17 e 18 novembre in cui la candidata del centrosinistra Stefania Proietti ha sconfitto la presidente uscente Donatella Tesei è più lunga di quanto si possa immaginare. Da quando nel 1995 si svolsero per la prima volta le elezioni dirette dei presidenti di regione, il voto in Umbria era sempre stato una formalità chiusa con una vittoria tranquilla del centrosinistra. Già nel 2015, tuttavia, qualcosa sembrò scricchiolare in questa convinzione data per consolidata, fino al voto del 2019, arrivato in anticipo per via delle dimissioni della presidente Catiuscia Marini, in cui gli umbri scelsero per la prima volta una candidata espressione del centrodestra come Donatella Tesei.

    Quel voto, inoltre, non fu importante solo per questo. Diversamente da tutti quelli precedenti, quando l’Umbria votava in quella che era definita “tornata generale” delle regionali, fu un voto isolato nel calendario elettorale, quindi in grado di catalizzare maggiore attenzione, ma soprattutto, mentre la Lega e Matteo Salvini imperversavano nei sondaggi dopo il passo falso del Papeete e mentre il Conte II sembrava ancora un governo improvvisato che prendeva piede con difficoltà, Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle misero in campo, per la prima volta, il cosiddetto “campo largo”. L’alleanza, sugellata dalla “foto di Narni”, pendant della “foto di Vasto” di bersaniana memoria, in cui il candidato Vincenzo Bianconi era affiancato niente meno che da Giuseppe Conte, Nicola Zingaretti e Roberto Speranza, ebbe principalmente l’effetto di dare ancora più rilevanza nazionale al voto. La vittoria, annunciata, di Donatella Tesei con il 57 per cento in una regione fino a quel momento sempre governata dal centrosinistra portò Salvini ancora più sulla cresta dell’onda. PD e Cinque Stelle provarono a derubricare la sconfitta a una questione locale in una regione poco popolosa. Poi, la cavalcata del “Capitano”, come era chiamato all’epoca, che sembrava inarrestabile, si fermò con le regionali in Emilia-Romagna, ma ciò non toglie che l’Umbria sembrava aver dato l’ennesimo segnale di non essere più una regione rossa.

    I dati elettorali umbri, infatti, non sono stati affatto lusinghieri nelle ultime tornate elettorali per il Centrosinistra. Nel 2018 il centrodestra fu la coalizione più votata fu quella di centrodestra con il 36,8 per cento, seguita dai Cinque Stelle al 27,5 e dal centrosinistra al 27,3. Nel 2019 la Lega fu il partito più votato della regione con il 38,2 per cento dei voti, seguito dal PD al 24. La somma di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia superava il 50 per cento dei consensi. Nel 2022 il centrodestra ha ottenuto il 45,8 per cento dei voti, il centrosinistra il 26,9, il Movimento Cinque Stelle il 12,6 e il Terzo Polo l’8,71. Dati che sembrano mostrare un’Umbria che al di là delle questioni locali e dei passi falsi si stava spostando a destra per fattori sociali più profondi di una semplice questione di amministrazioni regionali o alleanze.

    Ma chiudiamo l’excursus con il dato delle elezioni Europee di quest’anno, in cui Fratelli d’Italia è stata la lista più votata con il 32,6, seguita dal PD al 26,4. La somma delle liste di centrodestra, che oltre al partito di Giorgia Meloni sono Forza Italia, Lega e Alternativa Popolare di Stefano Bandecchi, ha ottenuto poco meno del 50 per cento. Un dato indubbiamente favorevole, ma che risulta contendibile in caso il centrosinistra avesse costituito un campo largo inclusivo di sinistra, Cinque Stelle, Renzi e Calenda e lo avesse riempito di un progetto politico credibile. Già, la matematica può essere un ottimo riferimento ma per vincere serve comunque prima di tutto la politica.

    Il centrosinistra ha così optato per questa opzione, che non sempre si è rivelata facilmente percorribile nel passato recente, e ha individuato una figura come la sindaca di Assisi Stefania Proietti per guidarlo. Scelta azzeccata dal punto di vista elettorale, ora vediamo perché.

    Il voto umbro ed emiliano, infatti, sono arrivati a poche settimane da quello in Liguria, risultato molto amaro per il centrosinistra. La regione era andata al voto anticipato per le questioni che hanno investito la giunta di Giovanni Toti, e le europee avevano avuto risultati positivi per il centrosinistra. Sembrava una vittoria semplice per il centrosinistra, ma così non è stato. Per quanto l’alleanza sembrava pronta a schierare il campo largo e avesse optato per un candidato dal profilo nazionale come Andrea Orlando, alla fine Conte – che affrontava uno scontro interno sulle sorti pentastellate con Beppe Grillo – ha posto il veto sulla presenza dei candidati renziani nella lista civica. Il centrodestra, invece, ha fatto una scelta che si è rivelata decisiva: ha candidato Marco Bucci, sindaco di Genova, profilo civico e inclusivo ma soprattutto in grado di erodere consensi proprio nel capoluogo ligure, non solo il comune più popoloso della regione ma anche il principale bacino elettorale del centrosinistra. Abbastanza per arrivare a una vittoria risicata, di circa 9mila voti, ma tutt’altro che scontata, che ha rivitalizzato il centrodestra locale e ha lasciato un sapore molto amaro in bocca al centrosinistra.

    Paradossalmente, una delle chiavi del risultato in Umbria per il centrosinistra è stata fare qualcosa di molto simile. Perché Stefania Proietti non è semplicemente una sindaca, ma la sindaca del comune di Assisi, in cui storicamente vinceva il centrodestra anche quando l’Umbria era considerata una regione rossa. La combinazione campo largo-profilo civico inclusivo-erosione di consensi nel campo avversario ha funzionato perfettamente, portando la candidata di centrosinistra a superare il 51 per cento dei voti e battere di cinque punti la presidente uscente Tesei, una vittoria ben più tranquilla del testa a testa che ci si attendeva dai primi exit poll.

    Questa combinazione di fattori si è dunque rivelata vincente in una regione dal passato rosso e in cui la sinistra ha visto i suoi consensi sbiadire piano piano, ma è riuscita a riconquistarli piano piano proprio grazie a un campo largo schierato con giudizio e non come una semplice somma aritmetica di partiti. Nel 2019 il campo largo umbro fu un semplice lavoro aritmetico e non ebbe alcun successo. Alle scorse amministrative di Perugia è stata una vera alleanza grazie alla quale ha riconquistato il comune dopo dieci anni con Vittoria Ferdinandi, in queste regionali ha fatto lo stesso e ha vinto con Stefania Proietti. Così come il centrodestra farebbe bene a far tesoro di come ha saputo gestire la delicata partita ligure, il centrosinistra sia consapevole di ciò che ha saputo far bene in queste regionali, ma con un lavoro concreto, senza perdersi in gelosie e dissidi e senza autocompiacersi in una sviolinata sul modello Umbria.

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