Si sa: governare stanca. Meglio, dunque, circondarsi di collaboratori fidati. Anzi, fidatissimi. Come quelli che la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha assoldato senza cercare troppo lontano da via Veneto. Più precisamente a viale del Caravaggio, centro nevralgico nella Capitale della galassia dei consulenti del lavoro di cui, da circa vent’anni, lei e suo marito Rosario De Luca sono plenipotenziari.
Prima di essere scelta da Giorgia Meloni per la poltrona che in passato è stata, fra gli altri, di Tina Anselmi e Gino Giugni, Calderone è infatti rimasta seduta per diciassette anni su quella di presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro. Un incarico che, pur senza l’esposizione mediatica di un ministro, le ha permesso – governo dopo governo – di tessere relazioni bipartisan, sia a sinistra che (soprattutto) a destra.
Una volta al ministero del Welfare, come portavoce Calderone ha scelto il fedelissimo Ignazio Marino, direttore della comunicazione e delle relazioni istituzionali della Fondazione studi Consulenti del lavoro nonché responsabile stampa del Festival del Lavoro, kermesse che dal 2010 mette sullo stesso palco il gotha del mondo del lavoro e della politica e che ha rappresentato il trampolino di lancio per la 57enne di Bonorva, piccolo Comune in provincia di Sassari.
Neanche l’esperienza di Marino, però, è riuscita ad evitarle qualche giro a vuoto nei primi 100 giorni di governo: dal pasticcio sui navigator (il dietrofront sulla proroga dei loro contratti ha fatto imbufalire i sindacati, con i quali i rapporti sono gelidi) fino al Reddito di cittadinanza, su cui alla fine l’ala più intransigente della maggioranza ha avuto la meglio nonostante le resistenze iniziali della ministra.
Né, al contempo, ha potuto allontanare l’ombra del conflitto di interessi che la insegue a causa del marito Rosario, che, dopo aver dato le dimissioni dal consiglio di amministrazione dell’Inps (dov’era entrato nel 2020 in quota Lega), il 18 novembre 2022 ha preso il suo posto proprio alla guida del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro. Circostanza che pone un’evidente questione di opportunità politica visto che l’articolo 25 della legge n. 12/1979, che riconosce l’Ordine dei consulenti del lavoro, dice che «la vigilanza sul Consiglio nazionale è esercitata dal ministro del Lavoro e della previdenza sociale d’intesa con il ministro di Grazia e Giustizia».
In poche parole: è proprio Marina Calderone a controllare Rosario De Luca. «Nei fatti, con la nomina a ministra, lei ha raddoppiato gli incarichi…», sussurrano le malelingue.
Marino non è comunque il solo ad aver traslocato dal palazzo dei consulenti a quello intitolato a Marco Biagi. A dargli una mano nella comunicazione ci pensa Elena Pasquini, già componente dell’ufficio stampa della Fondazione studi Consulenti del lavoro.
Pasquini guadagnerà 65mila euro lordi all’anno, come pure Antonello Orlando, «esperto» in forza al Gabinetto. Mentre a capo della segreteria del ministero c’è Sara Bardeggia, dal 2017 assistente di Calderone.
Il vice capo di Gabinetto, Fabrizio Formicola, invece, vanta rapporti con due esponenti di spicco della Lega: Erika Stefani, di cui ha guidato l’ufficio legislativo al ministero per le Disabilità durante il governo Draghi, e l’attuale presidente della Camera Lorenzo Fontana, del quale – fra il 2018 e il 2019 – è stato consigliere giuridico prima al dicastero della Famiglia e poi agli Affari europei. Stipendio lordo annuo: 84.241,81 euro.
Leggi l'articolo originale su TPI.it