Brando Benifei, capogruppo del Pd al Parlamento Europeo, commenta a TPI la nomina della sua omologa Simona Malpezzi in Senato in seguito alle resistenze dell’ormai ex capogruppo Andrea Marcucci a rimettere l’incarico nelle mani del neo segretario Enrico Letta. Dopo il cambio della guardia al Nazareno, Benifei ha invece rassegnato le sue dimissioni, per poi essere riconfermato nel ruolo che ricopre dal 2019. Un atto che definisce “doveroso”.
“Credo fosse doveroso dimettersi. Il segretario che viene eletto esprime una sua linea politica e credo vada verificata l’intenzione di mettere in campo un progetto. Non è lui a dover scegliere, tanto che io stesso non sono stato proposto da Letta ma riconfermato all’unanimità dai miei colleghi. Si è creata però una situazione di verifica, prima in Parlamento Europeo e poi alla Camera e al Senato, anche se lì è iniziata con maggiori resistenze. Con l’elezione di Zingaretti i due capigruppo si erano dimessi. Per me eletto con Zingaretti mi è sembrato giusto rimettere il mandato a una verifica politica”.
Me lo sono chiesto anche io, infondo era necessario dopo quello che era successo: un nuovo governo, una nuova segreteria nata da una dimissione con parole forti, con questioni che restano sul tavolo e che Zingaretti ha denunciato. A me sembrava naturale fare questo gesto, andrebbe chiesto a loro perché non lo hanno fatto subito. Io ritenevo importante farlo per dare il segnale chiaro che tutto doveva essere discusso.
Mi ha stupito questa polemica da parte di un senatore che guidava un gruppo con così poco equilibrio di genere, quando noi al Parlamento Europeo abbiamo un assetto diverso, un bilanciamento di genere marcato che non c’era al Senato. Se i colleghi avessero ritenuto di procedere diversamente avrei rispettato la loro decisione, ma di fronte alla richiesta di proseguire mi è sembrato giusto confermare con me la squadra, fatta tutta di donne: le vice capogruppo al Parlamento sono Elisabetta Gualmini e Pina Picerno, la vicepresidente del gruppo dei Socialisti & Democratici (S&D) è la nostra Simona Bonafè. E la capogruppo dell’S&D è la spagnola Iratxe García Pérez.
L’incoerenza denunciata da Marcucci fa sorridere di fronte a un gruppo in Senato dove nessuna donna o quasi aveva ruoli direttivi. La questione colpisce, non sono stato io ma la senatrice Monica Cirinnà a dire che non era possibile avere tutti i capigruppo uomini. Per questo penso che l’elezione di Simona Malpezzi sia una buona notizia, sono felice che ci sia oggi un diverso equilibrio nel gruppo al Senato. Conosco Simona perché rappresento anche il suo territorio in Parlamento e sono pronto a lavorare con lei insieme al segretario. Il Pd sta facendo battaglie importanti per la parità salariale e contro le discriminazioni di genere. Ero in piazza con i colleghi eurodeputati di fronte all’ambasciata turca per protestare contro l’uscita dalla Convenzione di Istanbul. È una lotta sulla concretezza in Italia, in Europa e nel Mondo, non si può farla senza una rappresentanza di genere equilibrata anche negli organismi politici.
Non è così perché non bisogna dimenticare che il Pd ha come suo principio fondamentale la parità di genere nella condivisione delle responsabilità politiche. È importante rispettarlo e penso che Letta abbia fatto bene, proprio perché la sua elezione deve portare a elegger molte più donne giovani, segretarie di partito nei territori. Ci devono essere più donne anche nelle candidature alle amministrative, dobbiamo dare tutti una mano e credo sia arrivato il momento: c’è una nuova generazione di donne che deve prendersi le sue responsabilità e proporsi per guidare il partito a tutti i livelli.
Credo in questi cambi, è importante combattere per le politiche e insieme occuparsi delle cariche, devono servire a cambiare la vita delle giovani donne, che sono un elemento di vulnerabilità nella società sotto molteplici aspetti. Per farlo serve che più donne abbiano il potere di agire, devono poter avere responsabilità e poteri, devono portare avanti una visione della politica e del mondo. L’esperienza che può avere una donna rispetto a un uomo nell’approccio alla politica è diversa, perché diversa è la sua esperienza di vita: credo che questa diversità sia importantissima, vuol dire avere anche altre diversità rappresentate. È un lavoro che deve proseguire.
Spero che ci siano donne in grado di concorrere alla leadership del Pd con la possibilità di vincere. Poi la democrazia interna al partito decide con le nostre discussioni nei circoli e con le primarie. Decidono i cittadini chi farà il segretario, ma credo che sarebbe molto importante avere la possibilità di eleggere una donna al prossimo congresso.
Creo che Letta abbia fatto uno sforzo evidente nelle scelte che ha fatto, anche nella composizione della squadra della sua segreteria per indebolire meccanismi di correnti centrati su Roma, poco collegati alla realtà del partito. Spesso molte delle correnti del Pd di cui si parla sono rappresentative più del passato che del presente. Storie che risalgono a anni fa. Credo che oggi ci siano tutte le condizioni per costruire un nuovo equilibrio del partito democratico attraverso un confronto di idee e non di gruppi legati alla leadership di alcune figure importanti. Le correnti oggi parlano più al passato che al presente, penso che verrano fuori indebolite da questa fase e credo sia cosa salutare, il Pd ha bisogno di una discussione libera con meno correnti reggimentali.
Nessuno demonizza che ci sia un dibattito e una discussione in un partito che aspira a rappresentare il punto di vista dell’Italia, di chi ha bisogno di aiuto, di chi lavora e vuole fare impresa migliorando le condizioni delle persone o di chi si batte per una transizione ecologica. Queste cose devono poter essere discusse con un confronto aperto, la democrazia è un bene, ma credo che un contesto di maggiore libertà di dibattito, meno schiacciato da meccanismi correntizi sia utile al Pd.
Sì, lui lo ha detto. Abbiamo affrontato momenti difficili con la fine del governo Conte e l’inizio di una nuova fase, con un lavoro comune che aveva visto posizioni convergenti. Ero a tutte le riunioni degli organismi di vertice del partito, con i ministri del governo e i rappresentanti alla guida del PD in tutte le sedi. C’era una grande unità, poi c’è stata una fase di attacco pubblico al segretario in un contesto che non poteva andare avanti. Mi dispiace che abbia deciso di dimettersi, sono felice che sia stato scelto Enrico Letta, ma le questioni che Zinaretti ha denunciato mi sembrano tutte vere. Vanno superate se il Pd vuole tornare a convincere, insieme a una coalizione progressista, la maggioranza degli italiani e battere la destra alle amministrative e alle elezioni politiche.
Credo sia fondamentale lavorare a unire tutti coloro che vogliono proporre un’alternativa al declino italiano rappresentato dalla destra nazionalista e sovranista, che anche oggi al Parlamento Europeo ha scelto di votare contro la possibilità di avere una fiscalità comune europea, fondamentale per far proseguire il Next Generation EU. Solo Lega e FI si sono astenute. La Lega europeista è un bluff, penso sia un fattore di instabilità per il governo Draghi e per fortuna il premier ha una forza tale da marginalizzare queste spinte. Ma noi dobbiamo essere pronti alle amministrative e alle politiche a costruire con tutti coloro che vogliono un’alternativa, ovviamente con un programma chiaro.
Letta lo ha detto chiaramente: ha fatto un giro di confronto con Speranza e Calenda, lo proseguirà con altre forze politiche e ieri lo ha avuto con Conte. Dobbiamo lavorare a un’unità di intenti con il M5S, che sta diventando una nuova forza politica e con la guida di Conte sta facendo un percorso diverso. Spero si liberino della influenza maliziosa e negativa della Casaleggio Associati. Credo sia importante costruire un meccanismo tale per cui il M5S sia un partito aperto e trasparente. Se accade, con loro dopo il percorso fatto per il Next Generation Eu possiamo immaginare di costruire un progetto insieme al resto del centro sinistra per non lasciare il Paese nelle mani di Meloni e Salvini, dei veri anti italiani in tutto quello che fanno.
Credo non si debbano accampare scuse, è importante discutere a livello europeo anche per le implicazioni della cittadinanza, ma per come funziona oggi il sistema istituzionale europeo in rapporto con i sistemi nazionali è una decisione che va presa oggi in Italia, quindi noi dobbiamo portare questa discussione nel Parlamento italiano, che aldilà della maggioranza di governo deve compiere l’ultimo passo per approvare la legge Zan e deve completare in questa legislatura l’impegno ad approvare lo ius soli. Credo sia un dovere nei confronti delle centinaia di migliaia di italiani senza cittadinanza, giovani che sono italiani in tutto tranne che per la cittadinanza e questo crea molti problemi nella loro vita quotidiano. Non si possono accampare scuse. Se ne può discutere a livello europeo ma bisogna fare la legge in Italia.
Sarebbe un problema, dobbiamo trovare un punto di incontro per una legge che possa avere una maggioranza chiara in Parlamento, ma dubito ci sia un’opposizione frontale da parte del M5s. In passato ci sono state queste affermazioni un po’ evasive di Di Maio ma io che parlo con colleghi del M5S so che tantissimi hanno a cuore di portare a termine questa importante riforma per i diritti degli italiani senza cittadinanza.
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