Stefano Bonaccini non si ferma mai. Il governatore dell’Emilia-Romagna, candidato alla segreteria del Partito democratico, ha convocato per lunedì 27 febbraio, cioè proprio all’indomani delle primarie del Pd, la direzione nazionale di Aiccre, associazione di cui è presidente e che rappresenta l’Italia nel Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.
La riunione si annuncia turbolenta: Bonaccini è infatti accusato da un gruppo associati – tra cui anche qualche dirigente dem – di aver ripetutamente violato lo statuto dell’associazione e di ricoprire illegittimamente la carica di presidente. Lo scontro è arrivato in tribunale e finora i giudici hanno sempre dato ragione ai contestatori e torto al presidente emiliano-romagnolo.
Cosa è l’Aiccre
Ma facciamo un passo indietro. Aiccre è un’associazione che riunisce Comuni, Province e Regioni. Non ha nulla a che vedere con la Conferenza Stato-Regioni né con l’Anci (l’associazione dei Comuni italiani): si tratta invece del presidio italiano del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (Ccre), organizzazione che rappresenta gli enti territoriali di 40 Paesi europei con l’obiettivo di «costruire un’Europa unita, pacifica e democratica fondata sull’autonomia locale».
L’adesione all’Aiccre è su base volontaria: ci sono ad esempio Regioni anche molto popolose, come la Lombardia o la Campania, che per scelta non ne fanno parte. I soci possono essere persone giuridiche, ossia gli enti locali aderenti, ma anche singoli individui, ad esempio ex sindaci, governatori, consiglieri regionali, deputati o eurodeputati che desiderano mettersi a disposizione per questa causa.
Bonaccini, che fino allo scorso dicembre era presidente anche del Ccre, è alla guida dell’Aiccre dal 2016, incarico per il quale – precisiamolo subito – non percepisce alcun compenso. Ma la sua gestione è finita al centro di una bufera politico-giudiziaria.
La battaglia legale
Tutto è iniziato due anni fa, tra il 30 e il 31 marzo 2021, quando il Congresso dell’associazione ha rieletto alla presidenza il governatore dell’Emilia-Romagna. In quell’occasione è stato anche approvato un nuovo statuto. All’assemblea – tenuta in streaming online – hanno partecipato, però, solo 106 soci su un totale di oltre mille.
Perché? Secondo i rappresentanti di quattro territori – Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Puglia – molti degli iscritti non erano nemmeno stati informati della riunione. Le quattro federazioni regionali hanno così presentato ricorso davanti al Tribunale di Roma per chiedere la nullità o l’annullamento della delibera congressuale.
Il giudizio di merito è ancora pendente, ma in questi mesi i giudici si sono ripetutamente espressi dando ragione agli appellanti, al punto che tutte le decisioni prese da quel Congresso – incluse la rielezione di Bonaccini e le modifiche allo statuto – sono state sospese in via cautelare.
La prima ordinanza risale al 29 novembre 2021: secondo il giudice Stefano Iannaccone, nel convocare l’assemblea non erano stati rispettati i tempi e le modalità previsti dallo statuto dell’associazione. In particolare, l’avviso era stato dato solo 41 giorni prima della riunione, contro i 60 previsti, ed era stato pubblicato soltanto sul sito online dell’Aiccre, anziché «a mezzo degli organi di stampa dell’associazione».
Ma soprattutto il giudice ha constatato l’«omesso invio ad una molteplicità di soci del link per la partecipazione alla riunione». Nella pronuncia si motiva quindi la sospensiva con la «irregolarità della convocazione».
Non solo. Alla base dell’ordinanza ci sono «gravi motivi»: si legge infatti che, se la delibera congressuale fosse efficace, «sarebbe precluso ai ricorrenti l’esercizio di diritti di fondamentale rilevanza e di assoluta centralità nella vita dell’associazione».
Il presidente Bonaccini ha impugnato la sospensiva, ma il 27 aprile 2022 il Tribunale di Roma ha confermato in toto la misura, ribadendo dalla A alla Z tutte le osservazioni fatte dal giudice Iannaccone.
Due mesi dopo, il 20 giugno 2022, il Consiglio nazionale dell’Aiccre ha convocato un nuovo Congresso per gli inizi di settembre dello stesso anno. Ma, ancora una volta, secondo le federazioni regionali di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Puglia, lo ha fatto violando le norme dello statuto.
Ne è nato un secondo contenzioso. E, come nel primo caso, il Tribunale di Roma in via cautelare ha dato ragione ai “soci ribelli”: con ordinanza emanata il 18 agosto 2022, il giudice Raffaele Miele ha sospeso la delibera di convocazione del Congresso. Che quindi non si è mai tenuto.
Alla base della decisione ci sono sostanzialmente due ragioni. La prima è che il Consiglio era stato convocato «da alcune federazioni regionali», mentre per statuto è solo il presidente dell’associazione a poterlo convocare (e solo su richiesta di cento soci che rappresentino tutti i livelli istituzionali oppure almeno quattro federazioni). La seconda ragione è che erano stati invitati a partecipare al Consiglio i soci sbagliati: con la sospensiva della delibera del marzo 2021, infatti, era scattato un regime di “prorogatio” per gli organi eletti nel 2016.
Davanti a questo caos, Bonaccini ha deciso di presentare a sua volta un terzo ricorso al Tribunale di Roma, per chiedere al giudice – sulla base dell’articolo 669 duodecies del Codice di procedura penale – di indicargli esattamente quali soci avrebbe dovuto invitare al Consiglio.
Eppure anche in questo caso – per la quarta volta dall’inizio di questa battaglia legale – il Tribunale ha dato torto al presidente emiliano-romagnolo: a esprimersi è stato di nuovo il giudice Iannaccone, che lo scorso 30 ottobre, tramite l’ennesima ordinanza, ha sostanzialmente spiegato a Bonaccini che stilare l’elenco degli invitati alla riunione di un’associazione non è compito di un magistrato, ma semmai del presidente di quella stessa associazione.
Un mese dopo, il 26 novembre, le solite quattro federazioni regionali dell’Aiccre – Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Puglia – hanno inviato una diffida formale a Bonaccini, intimandogli di «porre in essere tutti i provvedimenti necessari per il ripristino della legalità nella vita associativa», a partire dagli atti propedeutici alla convocazione di un nuovo Congresso, ma anche diffidandolo dal «porre in essere attività ed atti, anche di natura politica, che comportino impegni, obblighi, obbligazioni, spese e quant’altro, in assenza di statuizioni degli organi competenti e di bilanci regolarmente approvati, pena l’insorgere di responsabilità personali che, in ipotesi, saranno necessariamente imputate ai trasgressori».
Nella Direzione in programma lunedì prossimo sono previsti all’ordine del giorno l’esame dei bilanci consuntivo 2021 e preventivo 2023, mentre non c’è traccia dei rendiconti del 2022. Le federazioni di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Puglia hanno quindi inviato al presidente Bonaccini una comunicazione formale nella quale chiedono di integrare l’ordine del giorno con altri punti, fra cui appunto l’esame dei conti relativi al 2022.
Tra i “contestatori” del presidente ci sono anche esponenti del Pd: ad esempio Carlo Borghetti, vicepresidente uscente del Consiglio regionale lombardo, recentemente rieletto al Pirellone. O Franco Brussa, rappresentante della federazione del Friuli Venezia Giulia. «Il limite è colmo, in Aiccre siamo arrivati a un livello veramente assurdo», sbotta parlando con TPI: «Ho incontrato Bonaccini venti giorni fa, quando è venuto qui in Friuli per la campagna delle primarie: gli ho detto “Quello che stai facendo è umiliante per la nostra associazione”. Lui mi ha risposto “Guarda che non è così”. Ma gli ho consegnato una memoria in cui è tutto scritto nero su bianco. Da allora non l’ho più sentito».
«Nel 2016 – osserva Valerio Giuseppe, presidente della federazione pugliese (area centrodestra) – avevamo scelto Bonaccini per via della sua esperienza in un partito organizzato come il Pci. Ma ci ha deluso enormemente. Sono socio dell’associazione dal 1990 e non ho mai visto niente di simile».
Milena Bertani, presidente della federazione lombarda (anche lei di centrodestra), sbuffa: «Aiccre è finanziata per la quasi totalità dai contributi versati dai soci. Di fatto, chi detiene il potere nell’associazione opera da due anni senza avere un bilancio approvato: vengono incassate le quote dai Comuni senza essere state deliberate dagli organi associativi. Nonostante quattro ordinanze del Tribunale, non riusciamo a venire a capo di questa vicenda e ad avere un Congresso democratico che possa insediare legittimamente gli organi dell’associazione e discutere di come sono stati utilizzati i soldi degli associati in questi anni. Oggi l’Aiccre è di fatto in mano a 6-7 persone, che prendono decisioni per tutti e poi se ne fanno portatori in sede europea».
Interpellato da TPI, il presidente Bonaccini ha preferito non commentare la vicenda.
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