Bonaccini apre a Renzi ma i dem non ci stanno
A una settimana dal voto per le regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari il Partito Democratico si spacca. A far discutere sono state le dichiarazioni su una possibile apertura a Matteo Renzi fatte da Stefano Bonaccini, intervistato dal direttore di TPI Giulio Gambino in occasione della Festa dell’Unità a Modena. Il governatore della Regione Emilia Romagna ha detto “Se Renzi e Bersani dovrebbero rientrare? Ma rientrino pure! Perché noi dobbiamo riportare quelli che sono usciti e che non ci votano più! Perché il Pd non può rimanere al 20%!”, e da lì si è scatenato un putiferio. Come aveva previsto Luca Telese su queste pagine, le risposte tra i dem non hanno tardato ad arrivare.
Il primo è stato Antonio Decaro con un “Ma proprio adesso!”, Per il sindaco di Bari impegnato pancia a terra nella campagna elettorale di Michele Emiliano in Puglia, il contropiede di Bonaccini non è proprio salutare. “Per ora c’è da vincere, concentriamoci tutti su questo come ci siamo concentrati per fare vincere Stefano in Emilia Romagna”.
E sulla stella linea del No a Renzi anche Goffredo Bettini. “Per fare politica dobbiamo prendere atto delle cose – spiega – e capire con chi lavorare. Ci sono moderati già fuori dal Pd. Calenda ci massacra e colpisce nei punti più dolorosi. È auspicabile che un Renzi torni nel Pd, per dire? Credo di no. Abbiamo due riformismi diversi”. “Moderati poi non ce ne sono più – ironizza – l’unico vero moderato che combatte è Berlusconi, forse. Volete che governiamo con lui?”.
Michele Bordo, il vice capogruppo dem alla Camera, addirittura giudica il governatore dell’Emilia Romagna affetto da “tafazzismo”: “Davvero non si capisce come Bonaccini pensi di far rientrare Renzi nel Pd. Forse dimentica che Renzi ha fondato Italia Viva proprio con l’obiettivo, più volte dichiarato pubblicamente, di distruggere il Pd. E forse Bonaccini dimentica anche tutti gli attacchi di questi mesi di Italia Viva nei confronti del nostro partito”.
Dal canto suo Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione del Pd, fa notare che “il problema non è se tornano i renziani, anche perché in molti non sono mai usciti. Il problema è se torna il renzismo cioè la cultura che ci ha portato alla sconfitta peggiore di sempre”.
E Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa avverte: “Non ricominciamo con i tormentoni sui nomi. Il Pd è passato dal 15 per cento e dall’irrilevanza dopo le scorse politiche ad oltre il 20 per cento, facendo politica… a dire la verità fino qualche mese fa molti candidati avevano problemi a mettere il nostro simbolo nell’alleanza perché simbolo di sconfitta”.
Al Nazareno, la sede dem, non vogliono commentare la sortita. Una cosa è certa: manca una settimana all’Election Day e il Pd ha altri pensieri per la testa.
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