Bernini (FI) a TPI: “No al Governissimo. Siamo i più poveri d’Europa”
Capisco l’entusiasmo, ma i toni trionfalistici del governo sono eccessivi, se non inopportuni. L’Italia potrà ricevere tanto dall’Europa perché di tanto ha bisogno, e questo non dobbiamo dimenticarlo. Per la prima volta da contributori netti diventeremo dei beneficiari netti, e su questo il governo dovrebbe porsi qualche domanda. A quasi due anni dal brindisi dal balcone di Palazzo Chigi per l’abolizione della povertà, ora siamo i poveri d’Europa. Non neghiamo l’importanza storica dell’accordo sul Recovery Fund, che è certamente una risposta all’altezza della crisi che stiamo vivendo. Ma ora Conte e il suo governo abbassino i toni e inizino a lavorare seriamente. Senza progetti credibili, addio contributi.
Continuo a non capire i veti incrociati sul Mes, fondi disponibili subito e non tra un anno, a tassi vicini allo zero o addirittura negativi con l’unica condizione di destinarli alla sanità. Una sanità che ha dimostrato una straordinaria capacità di reazione, ma che meriterebbe maggiori risorse anche per prevenire un’ondata di ritorno del virus. Il governo invece ci dice che non può rinviare le scadenze fiscali alle partite Iva perché non può fare a meno degli 8,4 miliardi previsti, e rifiuta 36 miliardi per nuovi ospedali, nuovi posti in terapia intensiva, ma anche per rendere più sicure le scuole, gli uffici, le fabbriche. Assurdo.
Il perimetro di azione lo ha già definito l’Europa e cosa occorre all’Italia per tornare ad essere competitiva è noto: riforma del fisco, zero burocrazia, infrastrutture materiali e immateriali, lavoro, istruzione, riforma della giustizia. Ripeto, non è il ‘cosa’ che ci preoccupa, ma il come e soprattutto il quando. Stiamo parlando di riforma della giustizia da oltre un anno e non c’è neanche lo straccio di un testo su cui ragionare. Per le infrastrutture, il governo ha impiegato due mesi per un decreto semplificazioni che non semplifica, ma aggiunge caos. Sul lavoro, il governo insiste con reddito di cittadinanza e navigator. Siamo in alto mare, quando avremmo già dovuto presentare in Europa un piano serio per riformare il fisco rendendolo più sopportabile e giusto, per finanziare istruzione e ricerca e focalizzarci su asset strategici.
La prossima settimana discuteremo dell’ennesimo scostamento di bilancio, quindi di nuovo debito. Il Governo ha già buttato alle ortiche miliardi di euro per misure assistenziali rivelatesi fallimentari. Prima o poi questi debiti li dovremo pagare e purtroppo sconteremo scelte politiche sciagurate. Se prevarrà la logica assistenzialista, ovvero la spesa improduttiva, saremo condannati al fallimento. Anche per questo o Conte ci dice chiaramente a cosa serve il nuovo scostamento di bilancio, oppure una nuova ipoteca da mettere sulle spalle dei nostri figli non avrà il nostro placet in Parlamento.
No, auguro loro buona fortuna.
Non esiste. Forza Italia ha fondato il centro-destra. Non potremmo mai andare a braccetto con questo Esecutivo che è il più a sinistra della storia repubblicana.
Ragionare per schemi contrapposti è talvolta una semplificazione della comunicazione politica, più che della politica stessa. Le faccio un esempio. All’interno del centrodestra su alcuni temi, soprattutto quelli etici, ci sono visioni diverse, ma nel mio partito ciascun esponente ha sempre avuto massima libertà di scelta e di opinione. Ciò non toglie che i valori di fondo siano gli stessi e siano condivisi. Il dibattito si svaluta se lo riduciamo a una contrapposizione tra fazioni o tifoserie. Dovremmo invece trovare la forza di abbandonare un modus comunicandi eccessivamente sloganistico a favore di uno più ragionato e propositivo. Ne guadagnerebbe la politica e renderemmo un servizio al Paese.
Per quanto se ne vergogni, Italia Viva è al governo con il Movimento cinque stelle, ovvero ciò che è più distante da una classe dirigente di stampo liberale. Impossibile dunque dialogare con loro allo stato attuale. E poi non dobbiamo dimenticare che i “terzi poli” nell’Italia post prima Repubblica non hanno mai avuto grandi fortune, a riprova che i cittadini hanno bisogno di identificarsi con uno schieramento con un perimetro ben delineato. Agli italiani i trasformismi non piacciono. E nelle urne la coerenza dei comportamenti paga.
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