Non è un idea nata oggi quella di una Sardegna indipendente. Situata al centro del Mediterraneo, una posizione strategica invidiabile, bianche spiagge e non ha confini stabiliti da muri o filo spinato. Qui i confini li stabilisce il mare.
Affollatissima durante l’estate, conosciuta da molti come rifugio dei Vip in lussuose ville con il mare cristallino davanti, ha un cuore che batte forte al suo interno. Là dentro sta la Sardegna vera, quella che non fa da sfondo a riviste scandalistiche per coppie famose che cercano riservatezza. Là nel mezzo di quella terra che sembra l’impronta di un piede in mezzo al mare c’è la cultura millenaria della sua gente.
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Hanno iniziato a dialogare fra loro numerose sigle del mondo indipendentista, avvenimento davvero epocale. Se in passato infatti non sono certo mancati i movimenti e partiti che avevano come principale missione quella dell’indipendenza o almeno di una maggiore autonomia, è mancato invece un grande contenitore comune che ne cementificasse l’unione. Questa volta stanno insieme ben otto sigle: Rossomori, Sardegna Possibile, Sardigna Natzione, Indipendenza Republica de Sardigna (Irs), Liberu, Sardos, Comunidades e Gentes. Queste sigle hanno trovato una sintesi che li unisce in un simbolo rappresentato da uno scarabeo, su carrabusu in lingua sarda.
Come loro stessi lo definiscono, “Su carrabusu” si connette con il simbolismo solare e il significato di rigenerazione costante. È l’animale ripulitore dell’ambiente. Ciò che raccoglie trasforma, depositandovi all’interno il suo uovo e generando quindi nuova vita. Su carrabusu è l’insieme dei segni della nostra storia”.
Una delle 11 donne su 21 candidati di Autodeterminatzione è Valentina Sanna. È lei sa mama de su carrabusu, la madre del simbolo dello scarabeo. Ha 49 anni, cagliaritana, nella vita fa la grafica pubblicitaria. La Sanna è candidata alla Camera dei deputati nel collegio uninominale del capoluogo sardo.
Nella foto: Valentina Sanna. Il testo segue dopo la foto
Lei è esponenete di Comunidades, e nel 2014 appoggiava la candidatura alla presidenza della Regione Sardegna di Michela Murgia, nota scrittrice isolana nonchè conduttrice televisiva. Nel 2014 le elezioni regionali le vinse Francesco Pigliaru, rappresentante del Pd. Lo stesso Partito democratico in cui, un tempo, militava la stessa Sanna, tanto da esserne Presidente regionale, del partito s’intende.
Vi è rimasta sino al 2013 all’interno del Partito Democratico, dopodichè ha virato per il percorso indipendentista. Un partito all’interno della quale, cercando di fare valere gli interessi della Sardegna, lei si è spesso sentita come una predicatrice nel deserto. “La nostra isola ospita il 65 per cento delle servitù militari italiane, abbiamo i veleni del poligono di Quirra, inceneritori dannosi per la salute della nostra gente”.
“Non mi sentivo più appartenenete a un partito che non faceva gli interessi del popolo sardo, un partito subalterno alla politica italiana che per troppo tempo ci ha dimenticato”.
Prosegue sottolineando come specialmente negli ultimi 25 anni le politiche governative “tutto siano state fuorchè interessate alla nostra isola che continua a spopolarsi per mancanza di lavoro con politiche miopi e spesso nulle”.
“Quello che propone Progetto Autoderminatzione non è un semplice modello di sviluppo economico alternativo a quello imposto dall’esterno, è una rivoluzione, una rivoluzione tranquilla, che porti i sardi a decidere con coscienza ciò che veramente vogliono essere, quale visione di Sardegna hanno nel cuore e nella mente per se stessi e per le generazioni future, senza decisioni calate dall’alto di un governo centrale distante e disinteressato”, prosegue Valentina Sanna.
Tutt’altro da come potrebbe sembrare, la rivoluzione tranquilla non è assolutamente un concetto emozionale e romantico, ma è basato su un’obbiettivo di lungo periodo che possa riportare la Sardegna a essere protagonista di se stessa.
“Chiediamo ai sardi di raccogliere questa sfida, contro chi, per decenni, ha lucrato non solo sul nostro territorio, ma anche sulla nostra precedente mancata capacità di coesione”, chiosa la Sanna.
Questo però non significa, come loro stessi ricordano, che Progetto Autodeterminatzione sia un partito che vuole una Sardegna chiusa in se stessa o che odia l’Italia, chiede solo di poter decidere per la sua gente.
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“I cittadini sardi si riconoscono sempre meno nei partiti italiani. È necessaria una grande e responsabile rivoluzione per difendere le ragioni della Sardegna come nazione e non come regione marginale e periferica, come ci considera da sempre lo Stato italiano, con la complicità della classe politica sarda che ci ha rappresentato fino ad oggi.
Come la Catalogna e la Corsica, con le loro istituzioni e la loro classe dirigente, anche la Sardegna deve conquistare prima di tutto un rapporto paritario con il governo centrale”.
“Quei modelli dimostrano come la capacità di autodeterminarsi sia l’unica possibilità per affrontare le marginalità e l’autoritarismo prodotti dalla globalizzazione” conclude Valentina Sanna.
Fra i componenti di spicco c’è Anthony Muroni, volto conosciutissimo nell’isola, giornalista di 46 anni che è stato sino al 2016 direttore de L’Unione Sarda, primo quotidiano sardo per diffusione fondato nel 1889. Una scelta quella di Muroni che sicuramente ha dato una mano importante alla causa indipendentista. Da giornalista ha spesso portato avanti inchieste denunciando i mali della società sarda, dalle servitù militari alle pensioni dei consiglieri regionali. Da buon conoscitore della società isolana, aggiunto alle sue indiscusse abilità comunicative, il merito di Muroni in questo progetto è senz’altro stato quello di far dialogare il mondo indipendentista, trovando un terreno comune sul quale finalmente far convergere tutta l’area sardista, quella vera e non millantata. Muroni è candidato al Senato.
Nella foto: Anthony Muroni. Il testo segue dopo la foto
Esordisce così Anthony Muroni:
“Autodeterminatzione nasce da un’esigenza comune e sentita: riportare in Sardegna il centro delle decisioni che riguardano la Sardegna, ridare dignità alle persone che vivono nell’isola, chi è nato qui e chi ha deciso che questa doveva essere la sua casa. La nostra offerta politica ruota attorno a questo concetto. Abbiamo un programma con punti che vanno dal federalismo interno, alla presenza militare nell’isola, dai beni culturali, a un nuovo modello di sviluppo per l’isola. Partendo da un punto 0: lavoro, occupazione e dignità. Il cuore del Progetto Autodeterminatzione è il problema del lavoro e dell’occupazione”.
Oggi si assiste a fenomeni epocali di distacco, o quantomeno dei tentativi concreti. Un esempio tangibile di voglia di separatismo è venuta di recente dalla Scozia. Crescita dello Scottish National Party che sta al governo in Scozia e allo stesso tempo ben rappresentato nel Parlamento “centrale” a Londra. Da ultimo la Brexit, stavolta un divorzio dall’Ue. Cosa spinge alle separazioni? Anthony Muroni la sua idea ce l’ha ben chiara e marcata.
“La separazione può essere uno strumento, non un obiettivo” esclama.
“Ciò che spinge i popoli ad autodeterminarsi è semplicemente una questione di libertà e di rispetto per se stessi. Quando ci sono forze o stati che pretendono di fare scelte al posto di altri, quando impongono un modello di vita, quando obbligano le persone ad emigrare, come avviene ogni anno in Sardegna, con 7.000 giovani costretti a lasciare l’isola, ecco che le persone non hanno altra scelta che liberarsi dalle proprie catene, mettersi assieme e dire: “no, la nostra vita non è più nelle vostre disponibilità”. Ecco ciò che è successo in Scozia, in Catalogna, in Corsica. In Gran Bretagna il discorso è diverso e non è corretto associarla ad altri esempi. Lì si è prodotta una narrazione che vedeva nell’Unione Europea la causa di tutti i mali dei britannici. In realtà la situazione era molto più complessa ma i cittadini hanno votato secondo quella convinzione, pentendosene però il giorno dopo, perché sono emersi anche tutti i vantaggi che l’Unione Europea portava loro”.
Ma in un mondo sempre più globalizzato disgregazione e distacco politico vogliono dire libertà? Muroni la sua idea la espone con la solita franchezza che lo ha sempre contraddistinto anche come direttore de L’Unione sarda.
“La disgregazione e il distacco politico è lo stato di cose presente, non uno scenario futuro. I partiti di massa, che un tempo erano forze di aggregazione, di organizzazione sociale, si sono trasformati in comitati elettorali con la conseguente proliferazione di clientele, corruttela, di capibastone locali che pensano al rafforzamento della corrente a scapito di quello del proprio partito. Si figuri cosa gliene può importare della loro terra! Per questo motivo oggi per avere un posto in ospedale, per vedere riconosciuto un finanziamento, una casa popolare, si chiede l’intercessione al politico locale o all’amico del politico. Hanno trasformato quello che era un diritto in un privilegio. Quando i popoli dicono basta, quando ci si vuole riappropriare dei diritti, a volte la strada può essere quella della separazione”.
Accade che in diverse aree si punti all’indipendenza. Ricche nazioni senza Stato come Catalogna o Scozia vedono i rispettivi governi centrali come degli ostacoli. La Sardegna invece è molto povera. Che si sia ricchi o poveri, c’è sempre un buon motivo per chiedere il “divorzio”?
“Chi lo dice che la Sardegna è povera?”, Muroni su questo punto dissente con forza. E continua :
“Iniziamo a ribaltare questo paradigma. La Sardegna è ricca, molto ricca. Da tante persone viene considerata un paradiso e tanti vorrebbero venire qui a vivere. Ma è anche una regione il cui tesoro è stato messo in un forziere dallo Stato italiano che da decenni lo usa secondo le sue convenienze, non le nostre.”
Nessuno sconto sulle presenze dello stato in campo militare a cui appunto Muroni fa menzione. Aree ovviamente sottratte al territorio.
“E così vediamo aree di pregio ambientale e paesaggistico come le coste di Teulada espropriate dai militari che lì hanno fatto di tutto. Tant’è che alcune zone sono talmente inquinate che non si può nemmeno eseguire una bonifica. Lo hanno deciso i sardi? Non mi pare. Stesso discorso, se non più ampio a Quirra. Perché noi non possiamo decidere quale sia lo sviluppo del Sulcis o della Sardegna sud orientale?”.
Una politica, quella italiana, che tanto ha latitato secondo Muroni nella storia.
“Abbiamo poi visto quali sono state le conseguenze del “Piano di Rinascita”, con industrie pesanti installate dall’oggi al domani su territori che avevano e hanno un’altra vocazione con la disgregazione sociale che ne è conseguita, di dimensioni devastanti. E ci hanno riprovato qualche anno fa con l’eolico e in questi giorni con il polo metallurgico di Portovesme.”
Ma non solo, la sua lista ancora non è terminata.
“La Sardegna ha ricchezze immense che sono la sua cultura millenaria, i beni paesaggistici, da tutelare, i suoi mestieri, la sua montagna e il suo mare, e beni immateriali come il calore delle persone che ci vivono. I popoli liberi gestiscono questo immenso patrimonio e lo mettono a frutto. È quello che vorremmo fare anche noi.”
Sotto: il simbolo della lista Autodeterminatzione
Progetto Autodeterminatzione batte forte su un concetto, ovvero che la rivoluzione (tranquilla) dev’essere innanzitutto un passo di natura culturale. Ma nel “caso sardo” su cosa si basa?
“Non solo culturale. Autodeterminazione per noi è una rivoluzione culturale, etica, morale, che deve riguardare ogni sardo, non solo le istituzioni o più in generale, la politica. Il nostro obiettivo è molto più “alto”: per noi ognuno a partire dalla sua vita privata, dalla sua persona, deve potersi autodeterminare, deve poter scegliere cosa fare della propria vita senza condizionamenti legati a situazioni politiche, organizzative, sociali di inferiorità, come quelle che vive oggi la Sardegna. L’assenza di lavoro, l’inquinamento a cui sottopongono la nostra terra, l’assenza di collegamenti esterni e interni, la riduzione delle scuole sono solo alcuni esempi di cosa significhi questo condizionamento.”
“Il primo passo per noi è rimuovere questi vincoli. Abbiamo candidato persone normali, che lavorano e vivono nei territori per dimostrare che la nostra rivoluzione parte da persone normali, che si impegnano per fare qualcosa per gli altri. Dobbiamo recuperare il senso di comunità che abbiamo sempre avuto e che invece oggi sta lentamente sparendo, portato via dai giovani che emigrano e da un modello di società imposto dall’esterno.”
Anthony Muroni si sofferma poi sull’importanza del simbolo rappresentato dallo scarabeo.
“Il nostro simbolo, “su Carrabusu”, lo scarabeo, fa questo. Nonostante la sua piccola mole si impegna e si sforza per buttare via una massa di sterco più grande di lui. Ognuno di noi deve essere un “carrabusu” e spostare via la propria parte di sterco che ci hanno messo intorno”.
Ribadisce spesso che indipendenza non significa un ulteriore isolamento, ma ha parlato di una Sardegna “europea”. Un programma di lungo respiro che va spiegato a un milione e mezzo di sardi. Perché un sardo dovrebbe votare Progetto Autodeterminatzione?
“Perché siamo gli unici che hanno in Sardegna i propri interessi. Siamo gli unici che possono realmente rappresentare e tutelare chi vive in Sardegna. Perché siamo gli unici che possono costituire un blocco nazionale, l’unica vera possibilità di contare e ottenere risultati pratici. Cogenti.”
Il giornalista fattosi promotore tiene spesso a citare esempi analoghi in altre zone d’Europa.
“Esattamente come hanno fatto in Catalogna o in Corsica. Prendiamo quest’ultimo esempio. I corsi sono solo in 300.000 contro i circa 70 milioni di francesi. Eppure mettendosi assieme, votando partiti e movimenti che si sono uniti perché avevano in Corsica il loro fulcro politico e sociale, sono riesciti a creare un blocco nazionale e ora il presidente Macron sale su un aereo e va nell’isola ad Ajaccio per risolvere i problemi dei corsi. Hanno trasformato una debolezza demografica in una forza politica. È quello che vorremmo fare noi per tutelare gli interessi del milione e seicentomila sardi. Anche di quelli che – ancora – non ci votano.”
Intanto lo scarabeo inizia muovere i suoi primi passi, e c’è da giurare che di volersi fermare a breve non ne vuole nemmeno sentire. La strada è molto lunga, in salita e piena di ostacoli. Ma lo scarabeo sembra davvero deciso.
Anzi, su carrabusu.
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