Dietro le apparenti rassicurazioni di governo e comitato tecnico scientifico lo scenario della campagna vaccinale non cambia: numeri che ballano, spese pazze e caos. Un bel problema. Ed ecco perché: 1) ancora non si riesce a capire numero esatto di coloro che attendono la seconda dose di AstraZeneca e che ora (per volontà del governo) saranno costretti a cambiare vaccino. 2) Nessuno ancora ci dice quanto costa al paese il passaggio precipitoso alla vaccinazione eterologa.
Tuttavia un calcolo di massima è possibile farlo ugualmente: almeno un milione di dosi che sarebbero costate due euro (la spesa necessaria per una dose di AstraZeneca), verranno comprate a poco meno di 20 euro. Ovvero quello che il nostro paese paga per una dose di Pfizer-BioNtech (per l’esattezza 19,50 euro a dose, dopo l’ultimo contratto). La spesa aggiuntiva, dunque, è di almeno 18 milioni di euro. Che poi andrà proiettata anche sui costi dei prossimi anni.
Ci sono le dosi? La risposta è altrettanto interessante: come paese disporremo di una quota (il 13,5%) del nuovo contratto da 900 milioni di dosi firmato dalla Commissione Ue a inizio maggio per avere garantite le forniture a partire da gennaio 2022. Ma la cifra di queste forniture può anche raddoppiare se acquisteremo anche la parte pro quota degli altri 900 milioni di dosi già opzionate dalla Commissione Ue da qui al 2023.
Ma dopo la rinuncia ad AstraZeneca questo acquisto diventa obbligato: sono dosi di cui – dopo questa scelta – avremo disperato bisogno. Anche se nessuno lo ammette, la scelta della campagna vaccinale è in linea con una strategia di alleanze e di mercato che abbiamo scelto ben prima della morte di Camilla.
Escono dal cuore del programma vaccinale una multinazionale svedese e il suo vaccino pensato a Cambridge, in Gran Bretagna. Quando quel progetto anglo-svedese era nato, il governo di Boris Johnson era ancora in Europa. Adesso la Gran Bretagna è un competitor. Ed è forse anche così che si spiega l’apparente irrazionalità dell’operazione: il passaggio al “Mix” delle seconde dosi è stato precipitosamente deciso giovedì pomeriggio dal Comitato Tecnico scientifico in sintonia con il governo.
Solo poche ore dopo (non prima) questa presa di posizione si scopriva la verità sulla cartella di anamnesi di Camilla, in cui non erano indicate né le patologie della ragazza, e nemmeno le cure ormonali a cui si stava sottoponendo. Solo oggi sappiamo che esiste un vulnus anche nella formulazione del questionario di anamnesi della campagna vaccinale, in cui manca (ad esempio) ogni domanda esplicita sui problemi coagulatori dei soggetti da vaccinare. Solo adesso sappiamo che Camilla non avrebbe dovuto assumere quel vaccino.
In queste ore, tuttavia, molti esperti che fino a ieri erano scettici sul mix si dichiarano a favore del cambio di marcia. Mentre solo pochi temerari (ad esempio il professor Andrea Crisanti e la dottoressa Maria Rita Gismondo) hanno preso posizione contro l’introduzione di seconde dosi variate, nel piano della campagna vaccinale. “Questa sperimentazione – spiega la ricercatrice del Sacco – è un insulto al metodo scientifico. Non c’è nessun trial serio, dietro questa scelta, solo uno studio di 800 casi, peraltro non vagliati scientificamente, e privo di qualsiasi attendibilità statistica”.
Ed ecco il punto di chi in queste ore critica l’operazione: l’unico studio sul tema del mix pubblicato (fino ad oggi) su una rivista scientifica, quello apparso su Lancet, sostiene che in caso di mix aumentano le reazioni avverse (per fortuna quelle non gravi). Ma nessuno ha idea di cosa potrebbe accadere, estendendo la somministrazione ad un milione di persone.
Ed ecco il tema cruciale dei numeri: nell’ultimo report del governo sui vaccini le cifre esatte sul numero di dosi somministrate del siero Vaxzevria ancora non ci sono, perché non è chiaro nemmeno quanti dei cittadini che avevano scelto AstraZeneca abbiano già completato il ciclo vaccinale.
Dopo l’ultima presa di posizione di Speranza, e dopo la capitolazione del governatore De Luca, dunque, tutti coloro sotto i 60 anni che hanno assunto la prima dose saranno obbligati a completare il loro ciclo vaccinale con Pfizer o Moderna. Costretti a fare – cioè – la famosa “vaccinazione eterologa”. Un bel dilemma: i trial sperimentali sui vaccini arrivano a coinvolgere anche 40mila soggetti. E i problemi emergono (e sono emersi) solo quando si allarga la base della campagna ad una dimensione di massa. Adesso, al milione dei soggetti a cui viene di fatto prescritto il mix, non resta che incrociare le dita.
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