Il Governo Meloni dà vita a una nuova professione: quella dell’assistente materna. Mentre l’opinione pubblica, politica inclusa, era impegnata a discutere di uno spot di una nota catena di supermercati incentrata su una bambina e i suoi genitori divorziati, l’esecutivo di centrodestra ha deciso di istituire, a partire dal 2024 e con uno stanziamento da inserire nella prossima legge di Bilancio (che dovrebbe aggirarsi tra i 100 e i 150 milioni), una nuova figura professionale da affiancare alle madri che hanno appena partorito.
Come funziona
Già presente in Francia e nei Paesi nordici, che però hanno un sistema di welfare differente dal nostro, l’assistente materna ha il compito di accompagnare e tutelare le madri nei primi sei mesi di vita del bambino con un rapporto personale diretto. La nuova figura professionale, infatti, non solo risponderà al telefono o attraverso videocall, ma si recherà anche al domicilio della propria assistita, dove, ad esempio, potrà spiegare come fasciare il neonato, come fargli il bagnetto e come comportarsi nel caso in cui il bambino avesse il singhiozzo o non smettesse di piangere, evitando alle madri di contattare o di recarsi troppo spesso dal pediatra.
Chi può farlo
L’idea di fondo non è solo supportare una madre subito dopo il parto, ma anche intercettare eventuali disagi delle mamme, come la depressione post-partum, uno stato depressivo disabilitante che richiede, però, l’aiuto di professionisti.
Per fare l’assistente materna, invece, non sarà necessaria una laurea: pertanto non si tratta di una figura sanitaria, come quelle specializzate di ostetriche, infermieri o puericultrici. Per intraprendere la nuova professione basterà seguire un corso di formazione della durata di sei o nove mesi.
L’obiettivo del Governo è quello di avere tre assistenti materne ogni 20mila abitanti, con il numero delle mamme supportate che quindi varierà a seconda dei territori. Ancora da stabilire le modalità operative, che dovrebbero essere in parte discusse con le Regioni. Si punta a fornire un servizio a richiesta delle mamme della durata di una ventina di ore per i primi tre mesi, estendibili fino a un massimo di sei mesi.
Reazioni
Diverse le reazioni registrate alla notizia del progetto governativo. L’associazione Pro Vita & Famiglia ha accolto con favore la decisione del governo: «Ci sembra ottima l’idea di professionalizzare figure che possano aiutare concretamene neo-genitori alle prime armi con tante nuove sfide e fragilità in un contesto sociale sempre più disgregato», ha dichiarato Maria Rachele Ruiu, referente nazionale dell’associazione. «Registriamo da tempo un crescente senso di solitudine e quasi di abbandono sociale soprattutto da parte delle neo-mamme, che si manifesta spesso già durante la gravidanza e che può addirittura indurre a preferire l’aborto alla nascita del figlio».
La deputata del Pd Ilenia Malavasi, invece, ha così commentato su X: «Abbiamo il 60% di consultori in meno di quanto stabilito dalla Legge 34/1996 e spesso le donne sono completamente sole su maternità e contraccezione. Per non parlare della non applicazione della 194. Ma il Governo trova 150 milioni per l’assistente materna. Le “giuste” priorità».
Ancora più dura la reazione della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica (Fnopo), che ha scritto una lettera al ministro della Salute Orazio Schillaci: «Ove la notizia fosse confermata, pur comprendendo il nobile fine di voler garantire un aiuto alle madri, non possiamo che esprimere la nostra più totale disapprovazione unitamente al nostro totale disappunto sulla questione».
Nella missiva si legge ancora: «Le cure post-natali a sostegno della neo-mamma rappresentano il “cuore” dell’attività dell’ostetrica che, osservando e promuovendo la fisiologia, sa riconoscerne tempestivamente la deviazione e la comparsa di situazioni patologiche che possono richiedere l’intervento anche di altri specialisti».
La Fnopo pone l’accento sulla sicurezza delle neo-mamme: la competenza dell’ostetrica che si reca a domicilio, infatti, «può permettere di riconoscere tempestivamente situazioni di violenza domestica o di fragilità psico sociale e attivare conseguentemente percorsi adeguati multiprofessionali».
La Federazione, dunque, esprime sconcerto e indignazione di fronte al fatto «che il decisore possa immaginare di poter creare nuove figure professionali che vanno tra l’altro a sovrapporsi per competenze a quelle già esistenti».
La missiva si conclude così: «Si ritiene inoltre doveroso sottolineare che, ove fosse confermata la notizia, la gravità dell’iniziativa in questione sarebbe amplificata non solo dal fatto che non si è ritenuto utile consultare preventivamente la scrivente Federazione ma anche dal fatto che in questi anni non si è ancora provveduto ad assicurare che su tutto il territorio nazionale sia garantita la presenza delle ostetriche per le visite domiciliari in puerperio. È assurdo e ingiustificabile il fatto che ad oggi le ostetriche non siano esplicitamente previste nelle Case di Comunità e che non venga minimamente rispettato lo standard numerico di ostetriche necessario a garantire una presenza capillare sul territorio».
Sui social, intanto, è montata la protesta da parte di chi ritiene che, con l’introduzione dell’assistente materna, avremo “due donne chiuse in casa al prezzo di una” come sottolinea anche l’attivista per i diritti della maternità Francesca Bubba, la quale, ricorda che una donna andrebbe affiancata anche durante la gravidanza o la contraccezione, periodi in cui la donna è spesso sola.
E i papà in tutto questo? Non pervenuti. Nella concezione dell’assistente materna, infatti, sembrerebbe non esserci spazio per la concezione che di un neonato se ne possa occupare anche un uomo. O che un padre possa avere più tempo a disposizione per stare con i suoi cari. Come? Aumentando, ad esempio, le tutele della paternità. Viene da chiedersi, quindi, se non sia proprio questa la visione che il governo ha della famiglia, ovvero le mamme a casa ad accudire i figli e i papà a lavorare.