Onorevole Smeriglio, lei è l’unico italiano del gruppo Socialisti e Democratici che ha votato contro la risoluzione sulle armi.
«Felice di averlo fatto».
Una posizione pacifista di principio?
«Al contrario. E bisogna allargare lo sguardo, rispetto al cortile italiano».
Cioè?
«Con questo voto abbiamo consentito il riarmo con fondi civili in tutta Europa!».
Spieghi.
«Non riguarda solo l’Italia: da giugno si consente l’armamento di ventisette Stati fra cui le “democrature” che abbiamo combattuto. Un bel risultato».
«Abbiamo» chi?
«La sinistra che difende i diritti democratici. È l’ultima battaglia di David Sassoli prima di morire».
Quale?
«Mettere fuorigioco la Polonia o l’Ungheria sulle cosiddette “condizionalità”».
Ovvero le libertà?
«Il principio che stava a cuore a David, come a tutti noi: vuoi stare in Europa ma non rispetti l’indipendenza della magistratura? Non prendi fondi».
E ora?
«La battaglia va in fumo. Si rifanno gli arsenali, pagati dall’Europa, attingendo a fondi sociali e civili!».
Benifei dice: chiediamo al Governo italiano di non usare Asap.
«Ora no, certo: ma fra un anno chi può impedirlo? Glielo stiamo consentendo con un voto formale».
Non crede alle promesse?
«Ci credo zero. Il tema è che è caduta la diga, e si è creato, se mi consente una metafora idrica, un invaso».
Cioè?
«Tutta la spesa non realizzata diventa potenzialmente spesa per le armi».
Perché?
«È un esito naturale. Un precedente così clamoroso, e una maggioranza dell’80% consentono tutto».
E gli emendamenti socialisti?
«Erano un fragile escamotage».
Addirittura?
«Se dai battaglia, metti il “key vote”. Ovvero: se non passa, non lo voto».
Non lo hanno fatto.
«Sapevano già che i rapporti di forza erano a favore risoluzione. Quindi era come dire di sì, facendosi bocciare l’emendamento».
Era prevedibile, dice?
(Sorriso amaro). «Così prevedibile che è accaduto».