All’indomani dell’archiviazione dei cosiddetti “Decreti Sicurezza”, provvedimenti bandiera del leader della Lega ed ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, si riapre il confronto sul rapporto tra l’Italia e l’Europa, tanto sulla gestione condivisa dei flussi migratori, quanto su questioni di indirizzo economico per superare la crisi generata dal Covid. Molti i dossier sulla scrivania del ministro degli Affari europei, Enzo Amendola, l’abile negoziatore che ha assistito Giuseppe Conte nella difficile trattativa per portare a casa i miliardi del Recovery Fund.
Ministro, sul tema migranti il Governo italiano aspetta una svolta dall’Europa. Il pacchetto della Commissione Ue sulle migrazioni e l’asilo è stato criticato in Italia sia dalle opposizioni che dalla sinistra, che lo valuta insufficiente. Nei giorni scorsi lei lo ha definito “un punto di svolta” per il superamento dei trattati di Dublino e la solidarietà obbligatoria tra i Paesi: quali sono i nodi da sciogliere?
“Il Governo italiano ha dato un segnale, cancellando i decreti Salvini, che, oltre a essere inutili, si sono dimostrati dannosi. Ora tocca all’Unione europea coniugare accoglienza e legalità. Partiamo da un punto: l’Europa riapre il negoziato su Dublino, un passo che fino a un anno fa era impensabile. Sta ai Paesi come l’Italia, adesso, battersi per una presa in carico condivisa di un fenomeno storico come quello delle migrazioni, che non può essere lasciato sulle spalle di pochi. Come ha ricordato Papa Francesco nell’ultima enciclica Fratelli tutti, esiste ‘un’etica delle relazioni internazionali’, alla luce della quale anche l’Europa deve ripensare i propri rapporti interni. A cominciare dalla solidarietà fra i 27 in tema di redistribuzione dei migranti. Siamo consapevoli che l’ostacolo principale sul cammino della revisione di Dublino resta l’attuale sistema imperniato sulla responsabilità dello Stato di primo ingresso, che penalizza Italia, Grecia, Spagna. Abbiamo però ottenuto il meccanismo di solidarietà obbligatoria per i salvataggi in mare. Non era scontato, significa che l’Unione europea ha capito che non può lasciare nessuno da solo. Adesso serve un serrato negoziato fra i governi e con il Parlamento europeo, che già nella scorsa legislatura si era pronunciato per il superamento di Dublino. Il nostro atteggiamento sarà costruttivo, ma esigente”.
In un’intervista al Corriere della Sera lei ha descritto la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione come una “nuova autostrada del Sole”, infrastruttura simbolo del boom economico degli anni ’60. Ha posto però l’accento sulla necessità di mettere in sicurezza la circolazione dei dati sulla prossima rete 5G, limitandone di fatto l’accesso ai colossi cinesi. La “via della Seta” è già sbarrata?
“Nessun ostacolo al commercio con la Cina. Qui siamo su un piano del tutto diverso. Quando si parla di 5G e dati sensibili, si deve pensare alla sicurezza del Paese. La digitalizzazione di settori delicati come la sanità o la pubblica amministrazione, che riguardano la vita privata di ciascun cittadino o apparati dello Stato, rimanda immediatamente al problema di chi controllerà quelle informazioni. Non è questione di essere anti-cinesi, ma su temi come la sovranità nazionale e la proprietà intellettuale l’Italia ha stretti legami con gli alleati europei e atlantici. E questo è un punto su cui anche l’Unione europea sta prendendo posizione”.
In queste settimane si discute molto del piano per spendere i soldi del Recovery Fund, 28 pagine con le linee guida che il Governo ha inviato al Parlamento: tra gli obiettivi “raddoppiare il tasso di crescita dell’economia”, “aumentare il tasso di occupazione di 10 punti per arrivare all’attuale media Ue” e “salario minimo”. Ma c’è anche una voce sulla sanità, fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle: è la chiusura definitiva al Mes?
“La digitalizzazione della sanità e la telemedicina sono due fra i principali obiettivi da raggiungere attraverso il nostro Piano di Rilancio, ai quali si aggiunge la sanità di prossimità. Questo non esclude affatto che si possano attivare altri strumenti. Un Paese sano e intelligente valuta il suo fabbisogno, guarda il suo tendenziale e sceglie in maniera seria quello che serve alle proprie casse. Governo e Parlamento troveranno una soluzione condivisa anche su questo capitolo”.
Tutti i partiti di maggioranza e opposizione vorranno in qualche modo “mettere bocca” sui progetti da presentare a Bruxelles a gennaio. Pensa che prevarrà un clima di scontro o finalmente ci sarà una tanto auspicata collaborazione?
“Noi ci auguriamo che tutti gli attori sociali del Paese, a cominciare dall’opposizione, diano il loro contributo al Piano di Rilancio. Va riscoperto il valore della parola concertazione. Nei prossimi giorni incontrerò alcuni rappresentanti della società civile perché dev’essere chiaro che il Recovery Plan è un’opportunità per tutti. Occorre, come ha anche ricordato il presidente Conte, una grande mobilitazione nazionale. Non si può far finta di niente: l’occasione è unica e non va sprecata per motivi ideologici o, peggio, per sterile polemica”.
Al di là dei titoli, i cittadini si aspettano di vedere questa pioggia di miliardi tradotti in qualcosa di concreto: proviamo a fare qualche esempio pratico di possibili progetti che verranno finanziati con il Recovery Fund?
“Asili nido, occupazione e in particolare quella femminile, un’amministrazione pubblica finalmente a portata di tutti, infrastrutture funzionanti. Sono soltanto alcuni dei progetti che non possono limitarsi a essere titoli buoni per i seminari, ma devono riuscire a toccare la vita di ciascuno, recuperando quei ritardi storici che penalizzano l’Italia a livello internazionale. Pensiamo a un bene essenziale come l’acqua. Il Piano di Rilancio prevede l’obiettivo della riduzione drastica della dispersione. Se consideriamo che in Italia oltre il 50% dell’oro blu viene sprecato lungo il suo tragitto, parliamo di interventi sulla rete idrica che produrranno non soltanto un grande risparmio di risorse, ma anche lavoro per i nostri cittadini.”
Il presidente di Svimez, Adriano Giannola, ha recentemente detto che al Sud vengono sottratti 60 miliardi l’anno e che va creato un fondo per il riequilibrio delle risorse rispetto al Nord per “risarcire” le regioni del Mezzogiorno. Condivide?
“Il piano sud del ministro Peppe Provenzano è un riferimento per il Recovery Plan italiano. E anche la programmazione delle risorse per la coesione territoriale del prossimo bilancio europeo 2021-27 saranno complementari agli obiettivi del Piano. Questa volta, con norme attuative ad hoc, dobbiamo velocizzare la spesa e rendere subito fruibili per le regioni del Sud ingenti finanziamenti. Il Piano di Rilancio sarà un’occasione di riscatto per il Mezzogiorno”.
Oltre al Recovery Fund c’è anche il piano finanziario pluriennale dell’Ue: se ne parla poco ma ci sono un sacco di soldi e anche lì. Il Governo sta lavorando a qualche progetto per utilizzare quei fondi?
“Stiamo parlando di quasi 100 miliardi messi a disposizione dal Quadro finanziario pluriennale. In pratica un secondo Recovery Fund, da non sprecare. L’Italia deve correggere delle storture in settori come la giustizia e la pubblica amministrazione: non possiamo e non dobbiamo far finta di niente. Le risorse del Qfp andranno utilizzate anche per compiere queste riforme strutturali che gli italiani aspettano ormai da troppo tempo”.
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