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    Alemanno a TPI: “Meloni mi ha deluso, subisce i diktat dell’Ue e delle multinazionali”

    Credit: AGF

    "Non è mai stata una donna della destra sociale. È liberista, sembra la Thatcher. Voglio fondarlo io un partito antisistema. Fdi di certo non lo è"

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 22 Set. 2023 alle 07:00

    Confessi, Alemanno. Lei ha una qualche responsabilità nelle sliding doors che hanno cambiato la carriera della Meloni.
    (Ride). “Dice? Mi preoccupo”.

    In almeno due occasioni le sue scelte hanno influito in momenti decisivi di quella carriera. Me li racconta?
    (Sospiro). “Se posso, volentieri”.

    Il primo è la rottura tra lei e uno dei suoi migliori amici, Fabio Rampelli. Che ha fatto nascere una “diaspora” dalla destra sociale, la corrente dei “Gabbiani” dove sono cresciute le sorelle Meloni.
    “Questo è vero”.

    Il secondo: l’elezione del leader di Azione Giovani, in cui lei sosteneva l’avversario sconfitto da Giorgia, oggi eurodeputato, Carlo Fidanza…
    (Ride). “Sì, è vero: ma è un secolo fa! Vuole che ricordi le nostre guerre puniche missine?”.

    Deve. Perché ci aiuta a capire sia la Giorgia Meloni di oggi, di cui lei si dice deluso, sia perché lei stia fondando un nuovo partito di destra.
    “Non c’è dubbio. Ma non sarà ‘un partito di destra’: ci sono storie diverse, anti liberiste e antisistema…”.

    Questa storia spiega anche perché lei, con un po’ di malizia, sostenga una tesi un po’ spiazzante: che la Meloni non abbia nulla a che vedere con l’eredità della “sua” destra sociale.
    (Allarga le braccia). “Ma questo è oggettivo! Se vuole glielo spiego bene”.

    È vero che la rottura definitiva tra voi è avvenuta sulla guerra di Ucraina?
    “Sì. Con un abbraccio e un addio. Vuole che racconti anche quello?”.
    Certo.

    Gianni Alemanno: ex segretario del Fronte della gioventù, ex leader della Destra Sociale (con Francesco Storace), ex sindaco di Roma. Molti dei tasselli che spiegano le scelte della Meloni, oggi, li ha in mano lui.

    Confessi Alemanno: voi ex colonnelli di An avete sempre sottovalutato “Giorgia”.
    “Dico la verità: sì. Non solo io, ‘noi’…”.

    Cioè i “vecchi” che governavano il partito con Fini.
    “Esatto”.

    In cosa?
    “Parlo per me. Mai avrei pensato che arrivasse al 30%! Al contrario degli altri, ora allineati e coperti, lo ammetto”.

    Lei fu anche decisivo per far avere a Fdi il simbolo dell’Msi per le schede elettorali.
    “Senza dubbio: il voto del mio gruppo nella Fondazione An, proprietaria del simbolo, spostava a suo favore gli equilibri sulla Fiamma. Bocchino, per dire, era contro”.

    E in cosa era scettico?
    “Confesso. Non credevo che una ‘donna sola al comando’ avrebbe potuto governare un partito di destra”.

    E cosa è accaduto poi?
    “Dopo i primi insuccessi, nel nostro mondo, dopo l’ 1,9% ,Giorgia è riuscita a raccogliere voti superiori al previsto in un bacino di elettori più grande, non solo ‘di destra’”.

    E questo perché?
    “Ha tirato fuori una carica umana, una potenza comunicativa, una volontà di riscatto che ha bucato: lei lo chiama ‘l’underdog'”.

    E cos’è?
    “Una particolare forma di carisma… Ricorda donne della storia che si affermano contro tutto e contro tutti”.

    Evita Peron?
    “Ma anche la Thatcher”.

    E allora perché lei ha rotto?
    “A destra, soprattutto ora, ci vuole un ‘noi’ e non un ‘io'”.

    Come nel vecchio Msi?
    “La democrazia interna è fondamentale. Invece lei vuole ‘un partito del capo’, meno democratico di An con Fini. Prima o poi si paga”.

    Ricorda la prima volta che lei, allora leader rautiano, vide la Meloni?
    (Ride). “Come fosse ieri”.

    E come fu?
    “Dicevano: c’è una ragazzina che viene dal nostro mondo, che è diventata leader nel mondo giovanile. È molto in gamba!”.

    E lei?
    “Ero scettico. Finché in un corteo non la vedo arrivare, alla testa delle truppe di Azione Giovani: strillava slogan al megafono”.

    E cosa ha pensato?
    “Questa è una leader”.

    Per via del megafono?
    (Ride). “Anche. Dopo trent’anni che fai politica queste cose si capiscono subito”.

    Avete avuto alti e bassi, e poi lei entra in Fratelli d’Italia.
    “La rottura è avvenuta sull’Ucraina”.

    Ma come?
    “Mi era già arrivata la voce – ecco il partito ‘del capo’ – che diceva: ‘Su questo tema Giorgia non tollera distinguo’…”.

    E poi?
    “Mi dà appuramento nel suo ufficio ai gruppi parlamentari, non era ancora a Palazzo Chigi”.

    E cosa le dice la Meloni quando la “purga”?
    “Testuale? ‘Caro Gianni, dopo la tua presa di posizione contro la guerra, non c’è spazio per te nel partito. Io ti lascio libero'”.

    Caspita. Era così importante per lei?
    “Vitale. Dopo l’invasione io avevo fatto anche una missione di solidarietà con Kiev”.

    E poi?
    “Dopo due mesi mi era chiaro che era una guerra da cui la Nato non vuole uscire. Combattuta in nome della fedeltà atlantica, non solo contro l’invasione russa, ma anche contro l’Europa. Il popolo ucraino è diventato il capro espiatorio di questa contesa tra Putin e Biden”.

    Era così importante per lei?
    “È tutta la vita che predico: ‘Né Usa né Urss, Europa nazione’. Noi siamo sempre stati contro gli imperialismi”.

    Torniamo indietro negli anni. Lei e Rampelli, il maestro di Giorgia avevate queste idee.
    “Ero entrato nel Fronte della Gioventù nel 1971 al Righi, portato da mia sorella”.

    Ahhh le “donne nere”.
    “E Fabio era un mio compagno di scuola, un fratello”.

    Venite arrestati insieme, per delle molotov contro l’ambasciata sovietica…
    “No, quella volta ero solo io. Dopo il golpe di Jaruzesky in Polonia”.

    Molotov senza champagne.
    “Tirammo delle molotov: io fui fermato”.

    Fu lei?
    “Sono cresciuto nel tempo in cui in piazza le responsabilità te le prendi, e certo non le scarichi”.

    Finì in carcere.
    “Ovvio”.

    E dopo ci finì con Rampelli per esservi gettati contro il corteo di Bush, nel 1989.
    “Fu un’azione ghandiana”.

    Ci credo.
    “Non faccia lo spiritoso. Ci sdraiammo inermi davanti alle autoblu. Fummo portati via di peso”.

    Nella stessa cella, lei e Fabio?
    “No, lui in infermiera”.

    Ah, davvero una protesta ghandiana…
    “Non ci scherzi: stava perdendo un occhio, colpito dalla Polizia con un walkie talkie”.

    Lei diventa segretario nazionale del Fronte della Gioventù…
    “E Rampelli è con me, provinciale di Roma, forse il secondo ruolo più importante”.

    Condividete tutto: la politica, la corrente, l’amicizia. E poi?
    “Dopo anni di sodalizio rompiamo sulla successione. Io sostenevo Alberto Arrighi, della nostra area”.

    E lui?
    “L’attuale governatore dell’Abruzzo, Marco Marsilio. Facciamo le primarie: vince di poco Arrighi”.

    E poi?
    “Fabio e il suo gruppo trovano un accordo con la Destra Protagonista di Maurizio Gasparri sul nome di Basilio Catanoso”.

    Tradimento?
    “Una scelta di campo: lasciano la Destra Sociale di Augello, Angelilli e chi le parla: scelgono La Russa e Gasparri”.

    Passaggio cruciale: è insieme a loro va anche la giovane Giorgia.
    “Per questo dico che lei non è mai stata davvero una donna ‘della destra sociale'”.

    E ingeneroso verso la Meloni.
    “E invece in questo lei è già figlia della svolta dei Gabbiani”.

    Cioè?
    “A parole rimasero trasgressivi e antisistema,  ma abbracciando una identità conservatrice che noi non abbiamo mai avuto”.

    Cioè?
    “Anche oggi se mi dici ‘conservatore”’, io mi offendo!”.

    Davvero?
    “Nella Destra Protagonista Giorgia trova Italo Bocchino, Gennaro Sangiuliano, un giovanissimo Donzelli, e tanti altri…”.

    E Buttafuoco.
    “Un caso a parte: ex discepolo di Beppe Niccolai, nostro alleato al congresso di Rimini in cui cacciammo Fini”.

    Sua sorella, Gabriella Alemanno, che fine ha fatto?
    “Vicedirettrice all’Agenzie delle Entrate. Oggi Commissario in Consob”.

    Super carriera.
    “È un fenomeno. Secondo me in quei mondi è stata danneggiata dall’associazione con il fratello”.

    Cioè lei!
    “Certo. Io feci il mio salto di livello nella militanza dopo l’assassinio di Francesco Cecchin: tre anni dopo persi il mio migliore amico, Paolo Di Nella, ucciso durante un attacchinaggio”.

    Un cuore nero. Eravate amici.
    “Fu colpito alla testa, finì in coma”.

    La celtica che porta ancora al collo lo ricorda.
    “Eravamo fratelli. Lei sa che finirono gli anni di piombo, simbolicamente, perché ‘il presidente partigiano’ Pertini venne a trovarlo mentre era in coma, mentre noi del Fdg decidemmo di non fare ritorsioni per il suo omicidio”.

    Cosa vi univa?
    “Ci trovammo insieme nella drammatica fase dopo la strage di Bologna. Tutti i più grandi, tra noi, erano stati arrestati dopo la strage. E poi prosciolti, peraltro”.

    Cosa succede dopo lo scisma dei Gabbiani?
    “Da quel momento in poi Fabio diventa diverso rispetto alla nostra identità, politicamente conflittuale”.

    Perché dice: “il “conservatorismo” della Meloni nasce lì”?
    “Loro erano più… ‘Nicciani'”.

    Nel senso di Nietzsche?
    “Sì: comincia a albergare in loro un certo darwinismo sociale. Appunto la mistica dell’underdog che si riscatta grazie al suo impegno individuale o, al più, della propria comunità personale. Quindi liberisti e patrioti liberali, un po’ comunitari e con poche venature di destra sociale, accusata di essere ‘assistenzialista e statalista’”.

    Senza questa rottura la Meloni non sarebbe diventata premier.
    “Sa invece che penso? Restando insieme avremmo preso la guida non solo del mondo giovanile ma di tutto il partito”.

    Dice?
    “Certo. Avremmo avuto Giorgia, o chi per lei, leader di una An identitaria al posto di Fini, senza cadere nella trappola il Pdl”.

    Torniamo all’identità.
    “Quando fonda Fratelli d’Italia Giorgia conia lo slogan ‘Conservatori nei valori, liberisti in economia’. E salto sulla sedia!”.

    Perché? La Meloni era sociale, popolare.
    “Dice? Il primo co-fondatore era il democristiano liberale Crosetto. Poi si era avvicinato Oscar Giannino, liberal-liberista confindustriale”.

    Da lì parte la “traversata del deserto”, ma lei non c’era.
    “Io non avevo creduto a Fratelli d’Italia, l’ho detto. Mi sono convinto poi, per la sua testarda scelta di opposizione a tutti i governi tecnici, il marketing della coerenza”.

    E poi?
    “Chiedo di entrare in Fdi. Lei mi sorride: ‘A’ Già, mi raccomando: nun fa correnti'”.

    Ah ah ah. E lei la fa!
    “Non faccio in tempo perché cominciano le mie disavventure giudiziarie. Quando comincio a uscirne, riprendo a fare politica in chiave critica con la Meloni. D’altra parte lei non prende il 4% alle europee. Buca qualche anno dopo, solo dopo la svolta ‘populista’”.

    Quale?
    “Nel 2018 invita Bannon ad Atreju. Ci faccia caso: la chiave è il basso contro l’alto. Non la destra sociale contro lo sfruttamento delle multinazionali. Comunque era una svolta importante e io torno ad avvicinarmi (senza essere iscritto) a Fratelli d’Italia fino alla guerra in Ucraina. Ma c’è un antefatto importante”.

    Quale?
    “Giorgia organizza un Atreju, a Natale 2021, in cui celebra l’adesione alla famiglia conservatrice europea”.

    E poi?
    “È il primo passo che la porta a oggi”.

    Cioè?
    “Ad una mutazione genetica neo-conservatrice ‘americana’”.

    Esempio?
    “Lo schieramento atlantista senza se e senza ma, il rifiuto dell’intervento dello Stato nell’economia, l’ostilità al nuovo mondo multipolare e l’illusione di esportare la democrazia contro le “autocrazie” orientali”.

    E lei ora fonda un partito di destra antigovernativo.
    “Sbagliato. Non siamo ‘solo’ di destra, tant’è che io dialogo sia con Rizzo che Paragone. Noi vogliamo aggregare tutti coloro che vogliono un cambiamento profondo dell’Italia e capiscono che il primo passo è riprendersi le chiavi di casa, riconquistare la sovranità nazionale e popolare”.

    Contro la Meloni?
    “Non vogliamo far cadere il Governo, perché arriverebbe sicuramente qualcosa di peggio come un nuovo esecutivo tecnico. Ci auguriamo sempre che ci sia una nuova svolta sociale del centrodestra”.

    Esempio?
    “Perché Giorgia non sposa il salario minimo? Il lavoro povero è il primo problema dell’Italia”.

    Altro esempio?
    “Deve capire che solo l’intervento dello Stato nell’economia può salvarci dalla colonizzazione delle multinazionali”.

    E infine?
    “La cosa che più mi stupisce? Giorgia è troppo disponibile e ai diktat europei. Si porta la von der Leyen in giro ovunque! Finirà per accettare anche il Mes”.

    Ancora.
    “Sa che l’Italia ha votato per trasformare l’Oms, oggi in mano a Bill Gates, da organismo consultivo in autorità sanitaria mondiale?

    Ma la Meloni era più vax-critica di lei!
    “Ma ora al governo sente la pressione delle multinazionali americane!”.

    Insomma, questo partito melo-critico lo fa o no?
    “Sto girando come una trottola. Se c’è, come credo, una aggregazione adeguata, lo faremo presto”.

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