Ieri sera, a Piazza Pulita, abbiamo assistito all’ennesima maldestra acrobazia con tonfo finale sul dorso di un elefante del professor Alberto Zangrillo. Con la sua consueta faccia bronzea (a proposito, dove trova il tempo di abbronzarsi?), è riuscito ad aggiustare il tiro per l’ennesima volta, dopo che i fatti avevano smentito la sua dichiarazione precedente. Per chi non l’avesse capito infatti, il suo “Berlusconi a marzo-aprile sarebbe morto, con la carica virale che ha”, è stato un goffo aggiustamento della sua famosa linea precedente, ovvero “Il virus è clinicamente morto, lo dicono i numeri dei ricoveri attuali” (per giunta ha detto la stessa cosa il professor Bassetti in tv due giorni fa, guarda caso).
Del resto, nel giro di due settimane Zangrillo si è ritrovato i suoi due pazienti più famosi (Berlusconi e Briatore) clinicamente ricoverati, dunque che poteva dire? Che sì, sono ricoverati, ma almeno uno dei due a marzo sarebbe morto, per cui oggi è tutto in discesa, avevo ancora ragione io. Si lancia insomma in una previsione retroattiva, di quelle con solide basi scientifiche, tipo la nota: “Se mia nonna c’aveva le ruote era una bicicletta”.
In base a quale ragionamento deduca che il povero Berlusconi (che si starà grattando retroattivamente le palle) a marzo sarebbe senz’altro schiattato, non mi è chiaro. Proprio Zangrillo, infatti, ci aveva più volte spiegato che la ragione per cui il virus è diventato meno aggressivo è che ormai ha una carica virale bassa. E anche i primi di settembre aveva ricordato: “Con bassa carica virale meno rischio intubazione e morte”.
Il ricovero di Berlusconi “con una carica virale molto alta” lo ha smentito però su tutti i fronti. Il primo è, appunto, che evidentemente il virus può avere ancora una carica virale alta. Il secondo è che se, con la stessa carica virale di settembre, a marzo Berlusconi sarebbe morto come sostiene lui, allora la carica virale non ha affatto un ruolo determinante nella lotteria della sopravvivenza al Covid. Seguendo, con fatica, i rimaneggiamenti alle sue teorie precedenti, non si riesce a capire nulla, se non il fatto che Zangrillo cerca di coprire l’imbarazzo con l’imbarazzante.
Zangrillo comprende che la faccenda della carica virale è diventata un casino da gestire, non può dire che il virus è mutato perché non è in grado di dimostrarlo e allora, sempre ieri sera, aggiunge: “Il virus PROBABILMENTE si sta adattando all’ospite in maniera differente”. Insomma, imbocca una strada nuova, come chi è nel traffico e colto dalla disperazione si infila in una via che non conosce pur di vedere se magari sbuca nel posto giusto.
“Magari a parità di carica virale sono cambiate le cure”, direte voi. Neanche. Come raccontato da Zangrillo stesso, Berlusconi viene curato con protocolli simili se non identici a quelli che si utilizzavano a marzo, certo non con il plasma. Si parla al limite di Remdesivir, che comunque non è ritenuto “La Cura” e che uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association ha dichiarato inefficace. Insomma, si va ancora a tentativi, come ieri. Come in tutto il mondo.
Quindi, come al solito, la nuova tesi di Zangrillo serviva solo a salvargli la faccia. Detto ciò, come gli ho fatto notare ieri sera in un tweet a cui lui ha risposto che sono cattiva e volgare gnegnè, se nessuno, neppure lui (se ne faccia una ragione) può dire che Berlusconi a marzo sarebbe morto (se vuole gli presento alcuni ottantenni con patologie pregresse che a marzo sono sopravvissuti), di sicuro si può dire che Berlusconi a marzo avrebbe avuto al contrario più possibilità di sopravvivere di un ottantenne qualunque. E per una ragione semplice, che a Zangrillo non sfuggirà: a Berlusconi, pure con le terapie intensive sature, pur con la gente ammassata nei corridoi del pronto soccorso, pur coi numeri dei centralini intasati e le ambulanze occupate, un posto in terapia intensiva si sarebbe trovato. E ci mancherebbe pure, visto che il san Raffaele a momenti è casa sua.
Berlusconi non avrebbe subito la sorte di tanti ottantenni che a marzo, quando si è dovuto decidere a chi dare il casco, hanno ceduto il posto a pazienti più giovani. E parliamo già degli ottantenni che in un ospedale sono riusciti ad entrarci. Che sono riusciti a fare un tampone. Avrebbe potuto ascoltare, ieri sera, prima di lui a Piazza Pulita la giovane Asia che ha perso suo papà a marzo. Lui sì che a marzo è morto con certezza. Lui che in un ospedale non ci è mai entrato ed è spirato boccheggiando come un pesce, senza neppure il pietoso ausilio della morfina.
Avrebbe potuto ascoltare e poi, magari, dire che quel papà lì a marzo forse si sarebbe potuto salvare, non che Berlusconi sarebbe morto. O che forse sarebbero morti entrambi, ma uno dei due in una suite del San Raffaele. Ignorare questo, e scegliere la solita narrazione politica di una storia nonostante si sia medici e non politici, è sì cattivo e volgare. Anzi, ignobile.
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