Non guardate solo il dato delle coalizioni: guardate i rapporti di forza nelle coalizioni. Fino ad oggi i protagonisti del duello amministrative erano Beppe Grillo (e le sue candidate vincenti nelle grandi città, Virginia Raggi e Chiara Appendino) e Matteo Salvini (che in questi anni ha conquistato tutte le grandi regioni del nord al centrodestra con i suoi governatori, da Luca Zaia ad Attilio Fontana).
Da ieri, invece, i due partiti-cardine della coalizione si reggono su Enrico Letta e su Giorgia Meloni, ovvero sul ruolo cardine di Partito Democratico e Fratelli d’Italia.
Ecco perché bisogna leggere questi dati con molta attenzione. Fare la tara delle liste civiche, della dispersione, dell’astensionismo.
Ma il primo segnale che si stacca dalla contabilità spiccia è la crescita (o il recupero) di questi due partiti nello spazio breve di una legislatura, il ribaltamento nei rapporti di forza che impongono alle rispettive coalizioni.
Prendete ad esempio Fratelli d’Italia nel passaggio tra le europee scorse e queste amministrative: a Milano Fdi era al 5.2% oggi è al 10%. A Torino Fdi era al 5,5% oggi arriva anche lì al 10% (quasi decuplicando i suoi consensi rispetto alle comunali precedenti, in cui era all’1,5%).
A Roma, nella sua roccaforte la Meloni era all’8% oggi supera il 17% (e la lista Michetti, che pesca molto nel suo elettorato è al 2,5%). A Napoli, dove il partito è andato meno bene, Fratelli d’Italia era all’4,9% oggi é al 4,4% (ma alle comunali precedenti era all’1,5%). A Bologna la Meloni era già arrivata al 9%, adesso, dato sorprendente in una città rossa, è al 12%.
La Lega in questo stesso lasso di tempo ha fatto un percorso esattamente inverso: alle europee 2019 a Torino era al 26.9% oggi è al 10.2%. A Milano (nella sua capitale) era al 27.4% oggi è al 10.8%. A Roma era al 25.8% oggi è al 5.9%. Dati che proiettati sulla scena nazionale ridimensionano bruscamente le ambizioni del Carroccio.
Un fenomeno speculare ed opposto è quello che si registra tra M5s (che ancora non beneficia a livello elettorale della cura di Giuseppe Conte), con il recupero per il partito di Letta. Ma a Bologna e a Napoli la cosiddetta “coalizione vasta” diventa potenzialmente vincente (per la prima volta) anche in vista delle politiche.
Ed è andato molto bene (leggi come) anche l’esperimento pilota di Roma, dove per la prima volta in una voto politico il M5s ha fatto desistenza con un candidato del Pd. Nel centrodestra, però, quei numeri pesano il doppio, perché per una regola interna della coalizione chi arriva primo ottiene la leadership. Ecco perché questo voto è così importante: perché decide chi da le carte in vista delle politiche. Dove le candidature si fanno collegio per collegio, e a turno unico.
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