Valerio, ragazzo-eroe insultato sui social perché Down
La sua colpa è di essere buono. E solidale. Sorprendentemente anche con la sindrome di Down. E allora potete immaginare come esplodano il cervello e la bile a quelli che non sopportano i gesti gratuiti, per di più di un ragazzo che, secondo loro, dovrebbe al massimo permettersi di curare le proprie sfortune senza occuparsi di quelle degli altri. La storia di Valerio Catoia è una perfetta cartolina tornasole di questi tempi in cui la ferocia non ha denti ma si appuntisce nelle parole che pungono come coltelli.
Nel luglio del 2017 Valerio Catola su un tratto di spiaggia libera a Latina in località Bufalara ha salvato una bambina di dieci anni che stava annegando. Gli è tornato utile il suo buon cuore e il fatto di essere un affermato atleta paralitico plurimedagliato. Mentre la bambina cominciava a scendere Valerio si è tuffato tra le onde, con una prontezza che ha anticipato persone il bagnino di turno, e ha portato in salvo la bambina. Un eroe, scrissero tutti i giornali. E gli eroi nei tempi di umanità debole diventano dei nemici da abbattere. I riconoscimenti in quei mesi gli arrivarono dappertutto: Francesco Totti, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che lo ha nominato Alfiere della Repubblica e molto altro.
Qualche giorno fa il padre di Valerio ha scoperto che suo figlio è diventato l’obiettivo preferito di un gruppo su Facebook che l’ha messo nel mirino: “Guardatelo sembra un cane”, “era meglio che morisse” sono solo alcuni dei commenti che sono rivolti al ragazzo. E quando il padre ha provato a contattare l’amministratore del gruppo (che sarebbe amministrato da un commercialista e da un esperto di arti marziali) è stato offeso, anche lui.
Ora è intervenuta la Procura che ha aperto un’indagine ma ciò che colpisce è l’odio, questo odio che si sparge dappertutto e che non è altro che un’invidia, un’invidia densa e mollacciosa, che spinge a ferire chiunque decida di esporsi per occuparsi degli altri. È un’umanità infeltrita, chiusa a riccio nelle proprie paure e che teme chiunque esce dalla mediocrità, chiunque abbia occasione di essere giusto, come se abbattere gli altri fosse l’unico metodo per provare a elevarsi. Quando si parla di “odio” (e qui la rete c’entra davvero poco, visto che i responsabili hanno tutti un nome e un cognome) forse bisognerebbe anche soffermarsi sull’insoddisfazione generale che rende cattivi. E chissà se qualcuno un giorno riuscirà a spiegarci cosa spinga molti (troppi) a odiare i buoni solo perché hanno deciso di non essere egoisti.