La Corte Suprema degli Stati Uniti – o meglio la sua maggioranza conservatrice – sembra vicina a ribaltare il diritto all’aborto stabilito nel famoso caso giudiziario Roe v. Wade del 1973. Questa prospettiva apre alcuni elementi di riflessione inquietanti. Tanto per cominciare, l’effetto pratico sarebbe che le donne negli Stati repubblicani, circa 30 su 50, vedrebbero limitato o azzerato il loro accesso all’aborto, a meno che non abbiano i soldi per spostarsi in Stati dove l’interruzione di gravidanza continuerà a essere pienamente legale. Inoltre, bisogna considerare che il 74 per cento delle donne che ricorrono oggi all’aborto sono povere, e le persone che si oppongono all’aborto tendono anche a opporsi ai programmi contro la povertà (e alla legislazione sul congedo parentale). Amy Coney Barrett – l’ultima giudice nominata da Donald Trump alla corte, una fervente cattolica – insiste sul fatto che chiedere a una donna di portare a termine una gravidanza non è molto diverso dal chiedere a qualcuno di vaccinarsi: secondo Barrett, l’approvazione di leggi che consentano alle donne di lasciare i loro bambini in un “rifugio sicuro” presso la stazione di polizia locale permetterebbe comunque alle donne di sbarazzarsi dei figli indesiderati senza dover affrontare sanzioni penali. Sembra di tornare alle “case dei trovatelli” del Medioevo.
Una pronuncia contro l’aborto sarebbe un’ulteriore prova dell’estrema politicizzazione della Corte Suprema, che dovrebbe invece essere al di sopra della mischia politica. I giudici dovrebbero comunque ribaltare diverse precedenti sentenze che hanno affermato il principio secondo cui il governo non ha diritto di interferire nella sfera intima di una donna. Ma la Corte Suprema è diventata una delle principali armi del Partito repubblicano: le sue decisioni «puzzano» di faziosità politica, ha rimarcato recentemente la giudice Sonia Sotomayor. «Non siamo politicanti partigiani», ha dichiarato Amy Coney Barrett durante una raccolta fondi per il repubblicano Mitch McConnell, il leader del Senato a cui la stessa Barrett deve il suo posto nella corte. Una pronuncia contro l’aborto, infine, sarebbe un altro esempio della tirannia della minoranza in atto negli Stati Uniti. La maggioranza degli americani è favorevole al diritto di aborto, ma – nonostante siano stati sconfitti nel voto popolare in 7 delle ultime 8 elezioni presidenziali – grazie al peculiare sistema elettorale americano i repubblicani conservatori godono di una maggioranza di 6 a 3 nella Corte Suprema, consentendo così a una minoranza di determinare la direzione del Paese.
Questa minoranza conservatrice ha una fede quasi teologica nel trovarsi dalla parte del giusto e non ha scrupoli nel costringere gli altri a vivere come lei vuole. In un mondo in cui l’aborto è legale chi è contrario all’interruzione di gravidanza non è obbligato ad abortire: è libero di vivere secondo le proprie convinzioni e di persuadere gli altri a seguire il suo esempio. A conti fatti, il tasso di aborti è diminuito costantemente da quando questa pratica è diventata legale: da un massimo di 29,3 ogni mille donne a metà degli anni Settanta si è scesi nel 2017 a 13,5. Come ripeteva spesso il presidente Bill Clinton, «l’aborto dovrebbe essere sicuro, legale e raro». Se vincerà quella minoranza, invece, tutti dovranno vivere secondo i suoi dettami.
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