È cominciata la guerra, anche se la chiamano pace. È cominciata con l’attacco unilaterale di un pazzo che si è ritrovato a fare il presidente Usa per soddisfare il voto di quelli che votano per vedere l’effetto che fa, è iniziato con un omicidio rivenduto come legittima difesa e continua senza nessuna idea intesta, senza una strategia, senza un’idea chiara che sia una, con gli Usa in fermento che non riescono a tenere sulla stessa linea il Congresso, il Pentagono e il pazzo di cui sopra.
Ma lui, mister Trump, dice di affidarsi ai suoi tweet, di lasciare perdere le scartoffie e le regole, che non servono a niente le regole, dice. Un presidente che comunica via Twitter evidentemente fa molta simpatia ai sovranisti, che non si rendono conto di essere i servi dei pensieri sconclusionati di una persona sola: volevano la patria sopra ogni cosa e invece hanno la patria calpestata dal mastodontico ego di un presidente con il telefonino in mano.
E infatti Trump gioca a fare l’eroe ma è solo, irrimediabilmente solo: anche il sovranista che rimane isolato e chiuso dentro se stesso è un classico di questi tempi. Ora quelli che hanno acceso la guerra invocano la pace.
Fanno sempre così, contemporaneamente all’inizio del conflitto si spremono per travestire le parole e per rendere potabile l’orrore trasformando l’attacco in legittima difesa e poi la difesa di quegli altri in un vergognoso attacco come se non se l’aspettassero tutti.
Poi ci parleranno di vittime collaterali, di bombe intelligenti, di rischio terroristico e così via con la solita filastrocca che ha accompagnato ogni solito terrore. Del resto solo 4 anni fa la CNN presentava Soleimani come “eroe e forza trainante nella sconfitta dell’ISIS” e oggi Soleimani è un terrorista che andava eliminato senza processo, senza accordo internazionale, condannato per direttissima dal parere partorito dal presidente Trump.
E infatti l’Iran inevitabilmente ha risposto attaccando le basi americane e ha parlato di “legittima difesa”. Le guerre accadono sempre così, con le due fazioni che si sentono in diritto di difendersi e intanto seminano morte e terrore.
È quasi banale scriverlo. C’è anche un altro aspetto interessante: le democrazie hanno il dovere di difendersi ma l’equilibrio tra difesa e offesa e la forza di non diventare terroristi come i terroristi che si vorrebbero combattere è il termometro della salute della loro democrazia. E non sembriamo molto in salute, no.