Non c’è giorno ormai che non si levi un nuovo monito a favore della pace in Ucraina.
Ma i fanatici della guerra possono dormire sonni tranquilli: se non è bastato Papa Francesco – il cui grido per la fine delle ostilità è stato ignorato urbi et orbi – di certo a poco servirà quello che giunge direttamente dal Congresso degli Stati Uniti.
Anche a Washington, infatti, hanno iniziato a chiedersi fino a che punto armare Kiev sia davvero l’unica soluzione per aiutare la causa ucraina.
Questa settimana almeno trenta deputati democratici hanno scritto una lettera a Joe Biden chiedendogli di attivare ogni canale possibile per instaurare un dialogo diplomatico con Putin e arrivare a un cessate il fuoco in Ucraina.
Poco dopo che quella lettera, su carta intestata del Congresso Usa (datata 24 ottobre), è diventata di dominio pubblico, i deputati che l’hanno redatta hanno ritrattato la loro stessa parola, prima con un comunicato chiarificatore, poi rimangiandosi tutto e prendendone le distanze.
Si è così innescata una mega-polemica sui deputati traditori del supporto a Zelensky, filo-putiniani alla italiana maniera, confermando quanto il dibattito su questa Guerra Santa sia polarizzato, anche a livello globale, tra chi è pro e chi contro; senza ammettere i dubbi su un conflitto – anziché censurarlo – che potrebbero solo portare a una maggiore consapevolezza delle scelte intraprese.
«La storia ci insegna che silenziare il dibattito al Congresso su fatti di guerra e pace non ha mai fatto finire bene le cose», ha detto in una intervista Ro Khanna, deputata democratica della California.
Nell’imbarazzo generale è iniziata una serie di spiacevoli scaricabarile tra i firmatari, i quali hanno dato la colpa ai propri assistenti per aver reso pubblica la lettera, aggiungendo che in realtà era stata scritta lo scorso luglio. Con tanto di scuse e giustificazioni più lunghe della lettera stessa.
La vicenda fa riflettere perché, al di là del dibattito negato al Congresso, per la prima volta dall’inizio della guerra emergono profonde divisioni tra i democratici, e se non altro una discreta forma di dissenso all’interno del Congresso, rispetto al ruolo Usa nel conflitto ucraino. Ma la cosa riguarda anche alcuni deputati repubblicani (da sempre notoriamente vicini alla lobby di Big Army), alcuni dei quali non solo hanno votato contro gli aiuti a Kiev ma ora hanno anche apertamente da ridire sull’utilizzo delle finanze pubbliche in questa guerra.
Il tutto nel bel mezzo di un clima politico che scotta a causa delle imminenti elezioni di metà mandato.
Naturalmente il giallo della lettera non muoverà granché ai fini di chi cerca la via diplomatica, né cambierà l’approccio americano nei confronti di Kiev: la politica estera di Biden gode ancora di ampio supporto al Congresso.
Basti pensare che gli Stati Uniti finora hanno approvato oltre 60 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina: si tratta della cifra più grande (dai tempi della guerra in Vietnam) che gli Usa abbiano mai stanziato, verso un unico Paese, nell’arco di un singolo anno. E sono di gran lunga il maggior contributore tra i vari Paesi che inviano armi.
A riprova del fatto che questa guerra, per Washington, va ben oltre la difesa della democrazia ucraina e della salvaguardia del diritto internazionale.