L’agognato cambio di passo, tanto reclamato in Italia, ma raramente raggiunto, sembra ormai cosa certa negli USA, dove è in atto una vera e propria rivoluzione. A poco più di cento giorni dall’insediamento, il presidente Biden infatti, sta stravolgendo le precedenti politiche sovraniste di Trump, e non solo, riabilitando e promuovendo fondamentali principi democratici.
Ha iniziato mettendo in discussione l’elusione fiscale di colossi come Amazon, dichiarando il 31 marzo scorso di voler ricorrere, insieme al maggior numero di Paesi possibile, alla “global minimum tax”, per recuperare le somme attualmente distratte dalle casse del Governo dai giganti americani.
Una svolta epocale che potrebbe arginare il dumping selvaggio praticato dalle multinazionali per evadere le tasse attraverso legittime, finora, tecniche di tax planning, escogitate per eludere il salasso sui profitti in vari paesi. Basti pensare che, solo nel 2020, anno benedetto grazie al Covid per i commerci online, Amazon ha registrato 44 miliardi di fatturato in Europa, senza corrispondere un centesimo, grazie a un cavillo che gli riconosce la creazione di un tot di posti di lavoro e infrastrutture, che pare abbia causato una relativa perdita, che ha poi sorpassato il profitto, finendo per annullare per compensazione le imposte dovute. L’Incredibile Bezos non si accontenta di essere l’uomo più ricco del mondo e, nonostante i dieci miliardi donati in beneficienza nel 2020, è ancora molto lontano dall’essere un modello di miliardario esemplare.
Forse è stato proprio questo scollamento eccessivo dalla realtà, o forse le montagne di dollari evase al fisco americano, il cui recupero diventa essenziale in crisi pandemica, che hanno spinto l’amministrazione Biden a dare l’aut aut ai colossi statunitensi che pagano zero tasse, pronunciando una frase storica: “Non si capisce perché un insegnante debba versare il 22 per cento e Amazon zero”.
Ed è così che, con una svolta incredibile, Biden si appresta a cambiare il sacro ordine industriale americano, che tutela dai tempi di Reagan i super ricchi, e piano, piano, sta picconando le basi del liberismo iper meritocratico, rivoluzionando l’ottica comune. Qualunque sia il movente, ben venga. L’importante è che nella culla del liberismo si inizino a vedere delle crepe e che qualcuno inizi a rompere il rifugio dorato e insostenibile degli happy few.
Ancora più rivoluzionario, in quest’ottica, è il recente appoggio di Biden alla sospensione dei brevetti sui vaccini. Probabilmente spinto dai numeri impressionanti dei contagi in India, ma anche da un vento di rinnovamento generale che sta guidando le scelte dell’amministrazione post Trump, Biden ha finalmente detto che vuole mettere in pausa i diritti liberisti sulla proprietà intellettuale a favore della collettività.
Dopo una prima esitazione in merito, il presidente ha finalmente ceduto alle tante pressioni, spaccando di fatto la Casa Bianca in due fazioni, e ha deciso di appoggiare questa sospensione storica della proprietà intellettuale. Nella terra della meritocrazia più sfrenata, dove solo i più forti sopravvivono, la presa di posizione di Biden suona come rivoluzionaria, ma è la cosa più coraggiosa e giusta vista negli ultimi decenni.
Big Pharma già inizia a strepitare che è la soluzione più semplice, ma anche la più sbagliata.
Bernie Sanders, che qualcosa ne sa delle battaglie contro il liberismo americano, saluta questa decisione come essenziale, nella lotta alla pandemia, ma soprattutto per rimettere l’America sulla strada giusta. Il mondo, invece, ringrazia.