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    L’amaro retrogusto dei dati positivi sul turismo in Italia (di S. Mentana)

    Credit: AGF

    Il Pil del settore sta ormai superando i livelli pre-Covid. Ma oltre 6 milioni di connazionali non possono più permettersi una vacanza

    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 6 Set. 2024 alle 13:41

    Non vi è alcun dubbio che il turismo nel nostro Paese sia una voce fondamentale nella composizione dell’economia e della società, al punto che negli anni lo abbiamo sentito a più riprese venire ribattezzato come “petrolio d’Italia”. Un’importanza senza dubbio positiva, in un Paese con uno sterminato patrimonio artistico e culturale e una radicata tradizione di accoglienza, di viaggi e di scambi con altre culture.

    Alla luce di questo, i dati in crescita sull’arrivo di visitatori e sul peso del turismo nel Pil nazionale potrebbero sembrare qualcosa di cui essere entusiasti, eppure lasciano nel fondo del bicchiere un retrogusto amaro, che non è legato, se non indirettamente, ai sempre più frequenti problemi di massificazione e overtourism che caratterizzano la nostra epoca.

    Secondo le previsioni del Centro studi SRM di Intesa Sanpaolo, il Pil turistico italiano si appresta a toccare i 104,5 miliardi di euro per il 2024, superando addirittura i livelli pre-Covid del 2019, con un aumento di presenze turistiche nazionali e internazionali. Un dato positivo, ma allora come si coniuga col fatto che in Italia oltre sei milioni italiani nel corso dell’anno non riusciranno ad andare in vacanza per ragioni economiche (dati Confederazione europea dei sindacati)? E come mai secondo le previsioni dell’Osservatorio Findomestic, gli italiani nel 2024 andranno fuori per meno giorni rispetto all’anno scorso?

    Intanto, c’è un tema: i prezzi delle vacanze stanno aumentando e in Italia stanno crescendo più che altrove. Le retribuzioni, purtroppo, nel tempo non hanno fatto lo stesso percorso: l’Italia è l’unico Paese europeo in cui, secondo l’Ocse, i salari reali sono scesi rispetto al 1990. Questo non solo crea nel tempo sempre più difficoltà nel potere di acquisto, ma fa anche sì che chi ha la disponibilità di un immobile, per arrotondare le entrate provi sempre più di frequente a sfruttare le opportunità che arrivano dagli affitti brevi.

    Quindi questo è l’amaro calice, l’altra faccia di una medaglia che ci dice che sì, il Pil del turismo sale, ma insieme alla ricchezza degli altri Paesi anziché dei nostri concittadini, senza produrre una ricchezza in grado di creare quel valore aggiunto tale da portare a un aumento del benessere e degli stipendi degli italiani.

    E intanto, i dati sulla produzione industriale hanno registrato un calo negli ultimi tre trimestri consecutivi, mentre in tutto il Vecchio continente si agitano timori sui rischi di una graduale deindustrializzazione, con tutte le conseguenze sul valore aggiunto dell’economia italiana in grado di creare ricchezza. Non sono solo dei freddi dati per addetti ai lavori a raccontare come va l’Italia: il nostro Paese sta da anni affrontando un problema col potere d’acquisto molto evidente che va affrontato il prima possibile. La crescita dei dati sul turismo è sicuramente qualcosa di positivo, ma non può essere la foglia di fico su questo problema: se queste cifre ci lasciano poco e sono il frutto di altre economie in ascesa, è un progresso dal sapore molto amaro.

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