Nonostante i numeri record dovuti alla grande attesa, in molti sono rimasti delusi da Tolo Tolo, il nuovo film di Luca Medici, in arte Checco Zalone. Dopo averlo visto credo che sia normale, anzi ovvio: chi si aspettava di ridere a mandibole sganasciate, sbellicandosi fino a farsela addosso senza alcuno sforzo mentale, è stato spiazzato.
Niente abbondanza di parolacce e volgarità, o battute facili e scontate che fanno esplodere dal ridere in modo automatico senza uso di meningi, ma sottile ironia e lucido sfottò alle tante contraddizioni e ottusità della nostra società. Tolo Tolo è semplicemente un film bello, molto bello. Un film capace di sbeffeggiare il razzismo in modo così intelligente e umoristicamente brillante da mandare in confusione chi razzista è davvero, o chi non ha proprio capito quale sia la differenza tra esserlo e non esserlo.
Il Checco provinciale e cafone, stralunato e sboccato, anche se a dire il vero sempre eccezionalmente simpatico e divertente, questa volta ha deciso di svoltare con un film importante, di quelli che possono farti entrare nella storia del cinema non solo per i milioni di euro d’incasso. Tolo Tolo, a mio parere, potrebbe essere a tutti gli effetti un film da Oscar.
Per certi versi, con i distinguo di soggetto, recitazione, colonna sonora e poesia, per chi ha voglia di cercarne, abbiamo assistito al salto di Benigni da Johnny Stecchino o Il Mostro, a La Vita è bella. Ricordo amici che lasciarono il cinema dopo il primo tempo, trovando un Benigni diverso, che a loro dire non faceva ridere o, addirittura, faceva riflettere e persino piangere (imperdonabile per un comico!). Ma i grandi uomini di cinema sanno spiazzare quando meno te l’aspetti, rompendo l’etichetta che li precede, per incantare con la creatività vera, quella che non si fa bollare in modo unico e definitivo.
Il grande cinema è capace di trovare nella cronaca quotidiana, o nella stessa storia, quegli spunti che possono trasformare un film in un’opera indimenticabile, lasciando un segno perfino letterario e socialmente forte. Ancora una volta, il dottor Medici ha saputo usare la sua arte e la sua genialità, la sua solo apparente semplicità, per sorprendere, portando gli spettatori a sorridere col cuore e l’animo, magari a denti stretti, a riflettere sulle anomalie del nostro Paese, sull’umanità, sulle diversità, sul razzismo, purtroppo virus latente e mai vinto.
Il film di Luca Medici, grazie anche al tocco di Paolo Virzì, è un capolavoro, piccolo o grande lo dirà il tempo. Il tempo necessario per digerire una storia tagliente, che colpisce e scazzotta con semplici battute, immagini, paradossi, gag inverosimili da vera commedia, le sue canzoni irriverenti e sfacciatamente provocatorie.
Tolo Tolo mette a nudo ipocrisie e contraddizioni del nostro tempo o, forse, di tutti i tempi, dalla vanità francese al carrierismo tipicamente italiano. Ci fa scoprire l’uomo nella sua umanità con le sue sofferenze e speranze, a dispetto di ogni barriera, a cominciare dal colore della pelle, da falsi stereotipi e ignoranze. Ci porta con leggerezza tra le bombe, su un camion nel deserto, poi su un barcone, stipati come oggetti, fino a un lager libico.
Anche la battuta sul possibile approdo del barcone di migranti a Vibo Valentia è un invito a riflettere su noi stessi, sul nostro Paese, con le sue criticità e i suoi tanti problemi. Checco, che conosce bene l’Italia, ben fotografata anche in questo film, a quel punto preferisce tornarsene in Africa. Non è uno sfottò anti-meridionalista. Ma da meridionale, qual è anch’egli, ci invita a fare autoironia, a guardarci dentro, a giudicarci e a non giudicare. Un invito a non girare le spalle con semplicità e, spesso, indifferenza, a chi spera di trovare in Italia una vita migliore. Ad essere discriminati, spesso a buona ragione, potremmo esserlo anche noi.
Tolo Tolo è il grido di un bambino di colore che galleggia da solo tra le onde, felice di restare a galla. È un ricordarci, con un’immagine diametralmente opposta ma fortissima, i tanti morti in mare, i tanti corpi che si dimenano per non affogare dopo l’affondamento di un barcone, le foto di bambini senza vita su spiagge e fondali. “Tolo Tolo!” “Solo solo”, grida il bambino pazzo di gioia, con i suoi occhioni raggianti in mezzo al faccione nero, come ha fatto ognuno di noi appena si è reso conto di aver imparato a galleggiare. In fondo, è una metafora della vita, un modo geniale per farci tendere la mano verso quel bimbo e aiutarlo a nuotare.
Mi auguro che questo film venga scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar, perché lo merita e perché è un perfetto film italiano, umanamente e culturalmente dell’Italia migliore, abilmente intriso di tenerezza e ironia, verità e umanità.
Tolo Tolo non è il solito film comico di Checco, ma esprime la sua straordinaria capacità di trasformare la macchina da presa in una lente d’ingrandimento di comportamenti, pregiudizi e discriminazioni aprendoci, talvolta in modo surreale col sorriso pacato e discreto, alla tolleranza, all’integrazione, alla riflessione.
È un autentico sberleffo elegante e geniale a chi ancora classifica gli uomini per razze, li giudica dal colore della pelle, a chi tratta i migranti come cose, a chi gridava “prima i padani” e ora grida “prima gli italiani”, deridendoli con satira garbata in contrapposizione a supponenza e arroganza.
Un film bello, un messaggio chiaro e forte contro ogni razzismo, ridendo piano, per non farci vergognare del mondo in cui viviamo. Quel mondo in cui siamo arrivati appesi al becco di una cicogna, senza che nessuno di noi abbia potuto scegliere né colore della pelle, né luogo in cui nascere. Tolo Tolo è un grido di gioia, di sopravvivenza, tra quelle onde che troppo spesso ingoiano vite e speranze.
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