Ho visto le prime Olimpiadi estive nel 1960. A Roma. Ricordate? Livio Berruti, Wilma Rudolph, Cassius Clay, Nino Benvenuti, Abebe Bikila. Se non avessi visto le 14 edizioni che sono venute dopo, adesso, alla televisione, a vedere i Giochi di Tokyo, mi verrebbe un colpo.
Sport nuovi, tecniche nuove, nazioni nuove, donne che sollevano pesi, bambini che vincono medaglie d’oro, atleti milionari nel tempio del dilettantismo, cerimonie di apertura che sembrano un festival. Il mondo cambia, perché non dovrebbero cambiare i Giochi Olimpici? Facile a dirsi.
A me piacevano più quelle di prima. Giravi per la città e incontravi gli atleti, sorridenti, cordiali. Adesso sono reclusi nei villaggi olimpici. I Paesi partecipanti erano 85. Oggi sono 205 (stupendo visto che gli Stati del mondo sono 196). Ci sono Paesi come la Russia che partecipano, ma non partecipano. Ci sono atleti che non si vogliono affrontare, come israeliani e palestinesi. Ci sono giochi (skate street, beach volley, basket con un canestro solo, surf, arrampicata veloce) che assegnano medaglie d’oro (e perché le bocce no?).
Già qualche volta ve l’ho detto: io sono un conservatore come tutte le persone veramente di sinistra. Vedere nuotatori fare decine di metri sotto la superficie dell’acqua e saltatori passare l’asticella di schiena mi pare strano. Per non parlare dei ciclisti collegati via radio con i loro direttori sportivi. Ma va bene, il mondo va avanti, non sarò io a fermarlo. Però c’è un aspetto veramente singolare che mi colpisce, il look.
Ormai le divise le disegnano gli stilisti. E l’Italia, patria della moda, è quella che a Tokyo fa la peggior figura. La grande palla tricolore che troneggia sulla pancia dei nostri atleti, disegnata da Armani, è una delle cose più brutte che si siano viste a Tokyo. Comunque va bene così. Accetto anche le grandi palle tricolori. Ma rimango basito di fronte agli indumenti con i quali le donne affrontano alcune gare. Soprattutto le gare di atletica.
Le fanciulle che corrono sono più discinte delle partecipanti a Miss Italia. Hanno un reggiseno (ma se potessero si toglierebbero anche quello) e uno slippino che lascia fuori entrambe le chiappette. Vedere la gare di salto in lungo è sinceramente imbarazzante e la partenza dei cento metri, a volte ripresa da dietro, andrebbe vietata ai minori. Dicono: i costumi succinti aiutano le donne nel gesto atletico. Vero. E gli uomini? Perché gli uomini non posso correre a torso nudo e continuano ad usare mutandoni?
Ricordate Paola Pezzo? Vinse le Olimpiadi (mountain bike) di Atlanta e di Sidney nel 1996 e nel 2000. Era il 31 luglio. Esattamente 25 anni or sono. Ad Atlanta faceva un caldo torrido e lei ad un certo punto per non morire si aprì la zip. Non aveva la maglietta della salute come molte altre. Milioni di telespettatori assistettero al suo trionfo ma anche allo spettacolo delle sue tette ballonzolanti sui sentieri del percorso di gara. Ecco, quella era una causa di forza maggiore tanto che Paola chiese ai suoi sponsor di realizzare per lei un body con la cerniera di dietro.
Oggi no. Si vuole spettacolarizzare tutto e quindi mentre le nuotatrici usano un costume pezzo intero, le maratonete corrono con audaci minislip. Ma non è finita. L’arrivo alle Olimpiadi del beach volley ha segnato il trionfo definitivo del sexy sport. Se guardate in questi giorni le partite sulla sabbia giapponese vedete stupende atlete coscialunga, quasi tutte bionde, agitarsi elegantemente da una parte e dall’altra di una rete da volley, vestite (si fa per dire) che nemmeno a Gabicce Mare.
Chiappette ovviamente di fuori che cameramen furbetti e porcaccioni riprendono soprattutto (da dietro, ovviamente) in occasione della battuta (due chiappette) o della ricezione (quattro chiappette). Finita la partita le bellissime pallavoliste (ma come mai sono sempre tutte stangone?) lasciano il campo ai maschi. Anche loro sono molto belli ma vestitissimi. Maglietta casta e shorts che arrivano alle ginocchia. Molte signore si chiedono: quando potremo vedere anche noi le chiappotte dei maschietti?
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