C’era una volta la moderazione come arma per conquistare il consenso, quella che si proponeva come alternativa conciliante all’estremismo politico, come metodo per conquistare quella maggioranza silenziosa che non sembrava amare certi eccessi. Poi, complice una velocizzazione della società e con essa dei messaggi politici, si è passati a un atteggiamento manicheo, in cui a essere premiato è stato il messaggio più deciso, talvolta più estremo.
E così, dopo anni in cui ci siamo abituati a un’estremizzazione del dibattito politico sia interno che internazionale, ecco che arriva qualcuno che sta cercando di accreditarsi sulla scena politica non irrigidendo il proprio messaggio e le proprie posizioni, ma anzi, cercando di mostrare maggiore apertura e moderazione rispetto al passato. Può sorprendere, ma non è poi così strano, che a cercare di far vedere un inatteso volto moderato siano proprio i Talebani.
Preso il potere negli anni Novanta in Afghanistan, questo gruppo estremista è diventato drammaticamente famoso in tutto il mondo per l’intervento militare statunitense nel Paese asiatico messo in atto in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001. Fu così che i Talebani passarono alle cronache per la loro interpretazione rigidissima della sharia, l’emarginazione della donna e l’obbligo a usare il burqa, le lunghe barbe dei suoi militanti e atti quali la distruzione delle statue di Buddha a Bamiyan. In poco tempo la parola “talebano” entrò nel vocabolario di tutti, divenendo sinonimo di estremismo e intransigenza.
Eppure, oggi, a 20 anni dall’inizio della missione militare statunitense, con gli eserciti occidentali che lasciano l’Afghanistan e i talebani che riprendono il potere, pur rimanendo estremisti intransigenti sembrano voler mostrare un volto più aperto rispetto a quello con cui il mondo li ha conosciuti nel 2001. Certo, da un lato ci sono i cambiamenti di look e di comunicazione: il mondo è cambiato per tutti, e i talebani non fanno eccezione. I social network e gli smartphone sono arrivati anche per loro.
Ma al di là dei costumi, pur ribadendo che il loro “nuovo” Afghanistan non sarà una democrazia e che per loro la sharia viene prima di tutto, hanno voluto condividere minime aperture, come la possibilità per le donne di accedere all’istruzione o la fine dell’obbligo di indossare il burqa. Pochissimo, nulla che possa ridurre la distanza di anni luce tra il nostro modello di società e quello portato avanti da loro, e nulla che garantisca il rispetto dei diritti umani in Afghanistan. Ma abbastanza per permettere ai talebani di proporsi al mondo come una forza di governo che, pur mantenendosi sostanzialmente uguale e avendo ancora tutto da dimostrare, si è aperta ed è più moderata di 20 anni fa. D’altronde, più estremisti di quanto già non fossero sarebbe stato difficile, ma mentre nel mondo tante posizioni si fanno più intransigenti, loro si muovono in maniera un po’ diversa. Saranno solo parole di convenienza?