Nel suo bellissimo poema apocalittico La Seconda Venuta W. B. Yeats scrive: “I migliori sono incerti, mentre i peggiori sono pieni di furia passionale”. Mi ritrovo a pensare a questo quando contemplo la scena politica americana. L’amministrazione Biden sta cercando di superare la sua seconda grande crisi in due mesi, mentre Donald Trump torna in pista spacciando bugie e odio davanti a folle entusiaste, consolidando la sua presa sul Partito Repubblicano.
Sembra una verità indiscutibile che, almeno negli Stati Uniti, i conservatori restino uniti e compatti nella crisi mentre l’istinto naturale del centrosinistra sia quello di formare un plotone d’esecuzione circolare. I problemi di Joe Biden sono iniziati con il ritiro mal pianificato dall’Afghanistan. Il problema non era
il ritiro in sé: è difficile giustificare un’occupazione americana indefinita e inoltre, per prolungare la missione, Biden avrebbe dovuto stracciare il trattato di pace che Trump aveva negoziato con i talebani, riaccendendo il conflitto e impegnando più truppe (il ché avrebbe solo prodotto più vittime civili).
Eppure si vorrebbe che la gente attorno a Biden leggesse più Machiavelli e meno Pace perpetua di Immanuel Kant. Machiavelli avrebbe consigliato all’amministrazione Usa di aspettare anche solo due o tre mesi, concedendosi il tempo per approvare importanti leggi interne al Congresso e utilizzando il tempo extra per coordinare un ritiro più ordinato e dignitoso.
Invece Biden ora affronta una seconda crisi: le divisioni all’interno del suo stesso partito sulla sua agenda interna, ovvero una grande legge sulle infrastrutture e una legge ambiziosa e costosa che amplierebbe notevolmente la rete di sicurezza del welfare americano. Entrambe le misure sono estremamente popolari tra gli elettori, ma progressisti e moderati nel Partito Democratico sono profondamente divisi e non disposti a scendere a compromessi. Biden sta cercando
di mediare ma, indebolito dal caotico ritiro dall’Afghanistan e dal calo degli indici di gradimento, fatica a mediare.
La posta in gioco non potrebbe essere più alta: se l’agenda legislativa di Biden fallisce al Congresso a causa di litigi interni al partito, è probabile che
gli elettori puniscano i democratici alle urne nelle elezioni di medio termine del 2022. E se i repubblicani riconquisteranno Camera e Senato, Biden
potrà fare poco o nulla: il ché complicherà molto le elezioni presidenziali del 2024 per i democratici. Come ha scritto l’altro giorno Aaron David Miller, un ex diplomatico americano: “Raramente ho visto un partito innamorato del suicidio politico più di questo gruppo di democratici”.
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