Elly Schlein ricorda la città di Praga dopo l’invasione dei carri armati sovietici. Non a caso, a suo tempo, il Manifesto se ne uscì con un editoriale memorabile: “Praga è sola”. Per quanto il Pci avesse preso sostanzialmente le distanze da quello scempio, infatti, non si era ancora consumato lo strappo di Mosca e non c’era stata un’adeguata riflessione, in Occidente, sulle conseguenze del soffocamento del «socialismo dal volto umano» promosso da Alexander Dubček.
Uscendo dall’improbabile paragone, non c’è dubbio che all’interno del Pd il «socialismo dal volto umano» targato Schlein non sia stato ancora digerito da quella parte del gruppo dirigente che sembra proprio non riuscire a liberarsi dai suoi cliché. Basti pensare a ciò che è avvenuto di recente.
La segretaria, con un atto di puro buonsenso, sabato 17 giugno si è recata per pochi minuti a salutare Giuseppe Conte, impegnato in una partecipata manifestazione del M5S dal titolo “Basta vite precarie”. Per chiunque si dica di sinistra, una piattaforma programmatica del genere dovrebbe essere il minimo sindacale. Invece no, apriti cielo!
In quella manifestazione, infatti, il solito Grillo si è lasciato andare a un monologo comico dei suoi, magari inopportuno in quel contesto ma senza alcun incitamento all’odio o alla lotta armata, e un artista del calibro di Moni Ovadia ha detto la sua in merito alla guerra in Ucraina.
Ora, si può essere più o meno d’accordo, ma che sinistra è quella che irride brutalmente le idee di un intellettuale di fama mondiale? E perché mai la Schlein si sarebbe dovuta tenere alla larga da una piazza in cui manifestavano migliaia e migliaia di persone che in molti casi, ne siamo certi, in passato votavano Pd?
Saremo maligni, ma a noi sorge un dubbio. Cominciamo a pensare che all’interno del partito Elly non abbia una minoranza attiva e combattiva ma una vera e propria opposizione, che non perde occasione per attaccarla e metterla in difficoltà. Dall’Ucraina a qualunque altro argomento, stiamo assistendo a un fuoco di fila senza precedenti, comprese interviste rilasciate a giornali su cui la segretaria viene definita, senza mezzi termini, «tonta».
Al che sorge un sospetto: non è che nel Pd qualcuno, in caso di una crisi di governo, anziché chiedere il ritorno immediato alle urne, in nome di una radicale diversità rispetto all’attuale maggioranza, propenderebbe per l’ennesimo esecutivo di “salvezza nazionale”, ritenendo l’attuale leader del proprio partito non all’altezza di assumere la guida dell’Italia?
Saremo pure mal pensanti, ma altrimenti non si spiega tutta questa ostilità, considerando anche che il Pd, senza un’alleanza strutturale con i 5 Stelle, abbiamo già visto che non entra proprio in partita: né a livello locale né a livello nazionale.
E anche la scusa che alle europee si voti col proporzionale non regge, per quanto a volte la utilizzi lo stesso Conte per giustificare le sue titubanze nel rafforzare un’alleanza indispensabile per cominciare a fare opposizione a una compagine che ci sta facendo compiere giganteschi passi indietro in ogni ambito.
Senza contare, in conclusione, che una parte dell’opposizione interna, con ogni evidenza, non ha capito né ciò che è accaduto il 25 settembre 2022 né ciò che è accaduto lo scorso 26 febbraio.
Non appena hanno avuto la possibilità di votare alle primarie aperte, centinaia di migliaia di persone, molte delle quali a settembre si erano ben guardate dal votare Pd, magari preferendo proprio il vituperato Conte, sono corse alle urne per concedere al soggetto che un tempo votavano l’ultima possibilità di riscattarsi.
Qualora dovesse essere impedito anche a Elly Schlein di riportare il Pd a sinistra, l’addio sarebbe definitivo e l’opposizione interna avrebbe segato il ramo su cui essa stessa è seduta. La sfida globale ormai è identitaria. Pertanto, o il Pd accantona la vocazione maggioritaria, che non ha mai funzionato, e si impegna a costruire un campo progressista insieme ai suoi alleati naturali o varrà la locuzione latina: «Dio acceca chi vuol perdere».