Un sistema scolastico che non premia il merito è una vergogna nazionale
Eccoli lì, i soliti che fanno la cagata e poi provano a ritornare lesti lesti sui loro passi dando la colpa a noi che leggiamo male, che non siamo stati bravi a interpretare le loro parole: sono i soliti fraintesi (modello umano in costante espansione di questi tempi) che poi corrono ai ripari.
Se però a essere fraintesa è una scuola, la scuola elementare IC Via Trionfale di Roma, allora capite che l’argomento diventa ancora già interessante essendo la scuola il luogo che dovrebbe insegnare una giusta e chiara comunicazione.
L’istituto si era dilungato nel suo sito istituzionale in un’accurata descrizione dei suoi quattro plessi suddivisi per ceti sociali, in una sorta di Tripadvisor di classe (sociale, mica scolastica) che farebbe invidia a qualsiasi chiacchiericcio da bar: lì ci vanno i poveri, qui invece ci sono i ricchi, lì sono tutti figli di commercialisti e di là invece ci sono i figli degli stranieri.
Roba che sarebbe urticante anche in una discussione tra amici e che invece diventa odiosa (e sbagliata proprio nella sostanza) se a propagarla è proprio quella stessa scuola che secondo la Costituzione dovrebbe rimuovere gli ostacoli di reddito rispettando l’articolo 34 che dice chiaramente “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Una scuola che si vanta di come entrino gli allievi (ovvero di che storia famigliare si portino alle spalle) e non punti su come escano dal percorso di formazione è una scuola tutt’altro che invitante, chissà se se ne rendono conto.
E chissà se qualcuno prima o poi avrà il coraggio di dire che l’idea tutta italiana di un futuro condizionato dalle frequentazioni dei propri figlioli piuttosto che dai loro meriti e dal loro bagaglio culturale sia una sconfitta per lo Stato e per i suoi doveri non rispettati.
E ha ragione da vendere la ministra Azzolina quando dice che “la scuola dovrebbe sempre operare per favorire l’inclusione. Descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso”.
Sento già la difesa dei cinici, “non prendiamoci in giro sappiamo tutti che è così” e invece per non prendersi in giro bisognerebbe avere l’etica di dire che fa proprio schifo che sia così, fa schifo un Paese in cui non è il merito ma la fortuna di essere nati nel posto giusto e nella famiglia giusta a favorire il successo di un bambino.
E che l’istituto ci faccia sapere che sono state “rimosse le definizioni interpretate in maniera discriminatoria” è un toppa peggio del buco: stanno dicendo che abbiamo sbagliato noi a leggere, mica loro a scrivere.