Siria: mentre Erdogan massacra i curdi, Ue e Trump stanno a guardare
Il capolavoro fallimentare dell’Occidente nelle zone curde siriane continua a galoppare veloce: dopo essere stati abbandonati dalle truppe Usa (ieri Trump ha annunciato anche il ritiro dell’ultimo contingente per evitare che i suoi uomini rimangano stretti nella morsa dell’esercito turco che avanza) e dopo essere stati lasciati soli dalla macchinosa burocrazia europea, ora i curdi provano a tessere rapporti con il regime di Assad, con la mediazione della Russia di Putin, per provare a resistere alla carneficina che Erdogan continua a rovesciare con attacchi via cielo e via terra.
In pochi giorni si sta avverando lo scenario peggiore possibile, con un migliaio di guerriglieri dell’Isis fuggiti dal campo di Ain Issa, non lontano da Kobane, dove erano stati rinchiusi dal 2014 al 2019. C’è l’agguato che ha ucciso Hevrin Khalaf, la trentacinquenne leader del “Partito Siriano del Futuro” che professava la convivenza pacifica tra i diversi popoli della Siria. Ci sono i giornalisti bombardati e costretti a fuggir. Ci sono i civili che continuano a morire, ci sono centinaia di migliaia di persone in fuga per cercare di mettersi in salvo.
La riabilitazione di Assad e di Putin è solo l’ultimo tassello di una serie di eventi che solo un inetto poteva non immaginare. Trump insiste nel minimizzare il conflitto come se fosse qualcosa che non possa interessare agli Usa, andando perfino a parare sulla guerra in Normandia mentre l’Europa si limita, per ora, a promettere segnali forti e sono parole che si sbriciolano con il vento di fronte a un massacro annunciato che non si ferma certamente di fronte ai rimproveri in carta bollata.
Ciò che avviene nei territori curdi, del resto, pone anche il problema (evidente ben prima di questa sanguinoso attacco militare travestito come al solito da azione di pace) dell’appartenenza alla Nato di quella Turchia che è molto lontana da quello che è stata prima di Erdogan e che non ha i requisiti minimi di decenza democratica per potere essere considerata affidabile.
In tutto questo (triste) scenario l’Italia non riesce nemmeno ad applicare la legge (185/1990) che permetterebbe un blocco immediato della vendita di armi alla Turchia. Il momento, però, ci dice qualcosa di chiaro: l’Occidente, sempre fin troppo pronto a esportare democrazia quando si tratta di vigilare su territori economicamente interessanti, abdica al proprio ruolo di paciere nel mondo (con Trump in prima linea) quando il massacro di persone sembra non intaccare gli equilibri finanziari. Lasciare mano libera a Erdogan e, solo dopo, dichiarare di volere “monitorare la situazione” è una delle bugie più grosse sentite in giro. E sta costando tantissimo.