L’era del riscaldamento globale è terminata. Da oggi siamo ufficialmente entrati nell’età dell’ebollizione globale. Le parole del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres sono allarmanti. Luglio è stato il mese più caldo mai registrato finora sulla Terra. Ovunque nel mondo, gli effetti devastanti del riscaldamento globale si ripercuotono sulla vita degli abitanti del Pianeta.
In Italia, un’ondata di nubifragi e inondazioni ha colpito il nord del Paese. Decine di migliaia di cittadini in quelle regioni si sono svegliati nel cuore della notte a causa di un violento temporale, che a molti è sembrato più un tifone tropicale che un’acquazzone di mezza estate.
Al centro e al sud Italia il caldo record ha creato il clima perfetto perché incendi si propagassero facilmente. Le piste dell’aeroporto di Olbia erano così surriscaldate che tre voli di linea non sono potuti atterrare. La Sicilia colpita dalla siccità e dal fuoco non riesce più nemmeno a gestire il normale flusso turistico, importante risorsa per una regione da cui molti giovani fuggono.
Così l’Italia intera brucia per le conseguenze devastanti degli estremi climatici. Un unico fattore comune: il riscaldamento globale.
E lo stesso accade in Europa, dalla Grecia alla Croazia, così come in Medio Oriente, negli Stati Uniti, nel sud-est asiatico.
Alla luce di questi fenomeni climatici avversi, in molti (ancora troppo pochi a dire il vero) iniziano a chiedersi se tutto questo sia normale: se si tratti cioè di semplice maltempo o, piuttosto, di una catena di eventi indomabili il cui esito è sempre più incerto ma la cui ricorrenza è invece sempre più frequente.
Cosa possiamo fare, noi, per evitare che ciò si ripeta ancora con maggiore violenza e che l’eco-ansia non diventi una piaga tra le giovani generazioni? Il tempo sta scadendo. E se è senz’altro vero che le risposte possono giungere, nel loro piccolo, da ciascuno di noi, cambiando le nostre abitudini e i nostri consumi, è ugualmente cruciale che una soluzione, se non altro una ricetta, arrivi a livello globale. Esattamente come è avvenuto per (e durante) la pandemia.
Un dato: la riduzione dei combustibili fossili non possiamo pretenderla unilateralmente dai Paesi in via di sviluppo a cui, per decenni, abbiamo insegnato che quello stesso “sviluppo” industriale, che ha permesso al nord del mondo di arricchirsi, sia oggi improvvisamente sbagliato. Deve avvenire in senso graduale ma drastico da parte dell’intera comunità internazionale.
Il messaggio, l’unico possibile, che può cambiare le sorti del mondo che noi oggi abitiamo non può che essere quello di restituire alla natura lo spazio che l’uomo le ha rubato. Limitandoci, e non più superando, a quelli che sono i limiti del tempo che la natura impone. Spazio e tempo: due fattori cruciali contro i quali non abbiamo grande margine di manovra.
Il tempo rimasto a disposizione è pochissimo. Dobbiamo intervenire subito. Perché salvare il Pianeta significa salvare l’Uomo.
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