Lasciatele stare le sardine, non rompete loro gli zebedei. C’è, in questo paese, soprattutto a sinistra (la sinistra invertebrata di questi anni, intendo) una indifferenza atavica verso i movimenti, un riflesso aggressivo condizionato. Si tratta di un sentimento aristocratico e supponente che si manifesta ogni volta che qualcuno scende in piazza, soprattutto se giovane, soprattutto se lo fa senza una sacra bandierina confederale stampigliata sulla maglietta, senza una vidimazione di partito.
Si chiede sempre ai popoli democratici e insorgenti di fare qualcosa di più, qualcosa di diverso, qualcosa di dissimile da quello che fanno (e che fanno benissimo). Ebbene, le sardine, come il popolo viola, come i girotondi, come chiunque altro si animi intorno a una battaglia ideale, non devono fare nulla di più di quello che già fanno.
Mentre i professionisti della politica languiscono nello sconforto, mentre i leader dei partiti si struggono compulsando lo zerovirgola in più o in meno nei sondaggi avvelenati e concentrici, mentre i giornalisti si fanno le pippe mentali commentando se stessi e mentre i corifei (anche tra coloro che sono teoricamente avversi) esaltano le gesta e le folle raccolte dal Capitano, le sardine hanno compiuto un piccolo-grande miracolo: hanno cambiato la narrazione.
Hanno fatto emergere un iceberg. Sono riuscite a catalizzare un sentimento collettivo e a dimostrare che una grande forza diffusa era refrattaria al vento, al racconto, all’egemonia della destra. Semmai dovesse vincere, Stefano Bonaccini, dovrà fare un monumento a questo spumeggiante popolo di anonimi. Che sicuramente non ha piattaforme complesse, che senza dubbio è animato da un sentimento, e non sostenuto da una piattaforma programmatica, e di certo si raccoglie intorno ad un’unica parola d’ordine.
Basta per vincere? Nessuno potrebbe essere così ardito da sostenerlo. Peccato che questa parola, questo grande e festoso “No”, sia la precondizione perché la vittoria possa esserci, la premessa di tutto il resto: il No delle sardine oggi è ciò che fa la differenza tra la vita e la morte, tra la vittoria e la sconfitta della sinistra in Emilia Romagna e – forse – in tutta Italia. Vi pare poco?