Caro direttore,
io ho letto con molta attenzione lo scambio tra Mattia Santori e Nicola Zingaretti (la risposta su TPI del segretario Pd al portavoce delle Sardine). E, lo voglio dire, sono stato anche molto contento. Perché, in questi tempi così affannosi e complicati, si ricomincia a riflettere sul futuro comune. Non vorrei essere presuntuoso ma mi sento di interpretare la condizione esistenziale di buona parte della nostra gente dicendo che ha “la smania”.
Soffriamo tutti di smania. Sì, abbiamo una smania, un malessere diffuso, una condizione di sofferenza perché ci vediamo ancora incerti, in ordine sparso, lenti, mentre ci sarebbe da fare, dopo tanto tempo e molte prove, uno scatto e fissare un traguardo chiaro e trasparente all’azione politica per il bene del Paese. Vedo, innanzitutto, poca unità e scarsa propensione a stare insieme quando sappiamo bene tutti che questa è la condizione primaria per rimettersi in cammino.
Certo, c’è un governo, e meno male che non c’è più quello precedente. Ma, diciamolo chiaro, la missione che tutti sentiamo a pelle non è esclusivamente quella del “governismo”. Perché oggi c’è e domani sparisce.
Ha ragione Mattia quando ci ricorda, in buona sostanza, che dobbiamo stare dentro la carne viva del Paese. Il balbettio, il rinvio, i tatticismi della vecchia politica, lo scarso coraggio sulle questioni di principio, com’è tutta la grande vicenda dei diritti negati, hanno caricato troppa zavorra sulle spalle delle molte componenti del mondo progressista. Il rischio è un ulteriore sfaldamento del tessuto democratico che, in presenza di una destra estremista e antieuropeista, può trascinare l’Italia verso una condizione pesante sul piano interno e di isolamento nei rapporti internazionali.
La disponibilità manifestata da Zingaretti mi pare incoraggiante, specie laddove ribadisce la necessità di riconoscere e favorire il tanto auspicato “campo largo” di forze diverse. Questo campo largo lo vedo riempito non solo dalla formazioni politiche rappresentate in parlamento (il Pd, Articolo Uno e Leu, e anche, perché no?, larghe fasce del M5S) ma, direi soprattutto, da un vero e proprio esercito di persone che sono impegnate, con dedizione e sacrificio, nel cuore della società: volontariato, laico e cattolico, associazioni di assistenza, gruppi ambientalisti, movimenti giovanili, il cosiddetto Terzo Settore, i sindacati e anche personalità singole ma rappresentative.
Vedo questo mondo agire in tutte le parti del Paese e interagire, molto spesso, con gli amministratori locali, sindaci e assessori di piccoli e medi Comuni che operano, spesso in silenzio, eppure dando vita a pratiche di grande valore sociale. Insomma, questa è sostanza con cui dar corpo ad una nuova stagione politica delle forze progressiste. In cui i giovani possono fare la differenza.
In queste inedite condizioni storiche dettate, purtroppo dalla pandemia, dobbiamo uscire dalla indeterminatezza, dall’inerzia. La smania di cui ho parlato deriva da un’assenza di prospettiva. Che fa vedere le cose nerissime e che getta nello sconforto anche i più resistenti. Possiamo allontanarla da noi per sempre. Ma ora. Subito.
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