Sardine, lettera di una millenial a Mattia Santori: “Perché non parlate di diritti sociali?”
Caro Mattia,
ho preso uno dei tanti pensieri che mi girano in testa sulle sardine e ho deciso di scriverti. Niente tweet, niente commenti brevi e spesso inconcludenti. Vorrei scriverti alla vecchia maniera, una lettera.
Sono una tua coetanea, una dottoranda che vive a Londra insieme a tanti connazionali. Oggi mentre mia sorella mi mandava foto e video della manifestazione da Roma, purtroppo non riuscivo a mandarle quelle di qui, di Londra, la manifestazione è stata spostata la mattina e non sono potuta andare.
Sarei andata anche se, devo ammettere, non con lo stesso entusiasmo con cui sono andata a bussare le porte per Jeremy Corbyn giovedì sera, faceva un gran freddo! Ma sarei andata, non tanto per appoggio a ciò che dite, che puoi prendere, per assodato. Basta odio, antifascismo, rispetto per chi viene da lontano su barconi malmessi, costruire ponti e non muri, diritti civili, basta odiare, basta odiare. Sottoscrivo tutto, Mattia. Non odio nessuna delle cose che dite, anzi le condivido. Ma non può bastare. E non vuole essere una critica distruttiva, ma una provocazione per provare a dire di più.
Rispetto le tue parole sul non voler essere partito o esserlo, candidarvi o andare a parlare con Conte, quello ancora forse non importa a chi vi segue. Ma quello che avete da dire importa, importa eccome. E allora mi chiedo se oltre a cantare Bella Ciao ci sia spazio per altro. Per quei diritti sociali di cui la nostra sinistra si é scordata da ormai troppo tempo. Bisogna parlare di lavoro Mattia, di salari giusti e dignitosi, di investimenti pubblici e pensioni, di privatizzazioni e ineguaglianze. Non possiamo più aspettare.
L’odio non nasce perché siamo diventati di colpo brutti e cattivi. L’odio, il risentimento, la rabbia, nascono dopo trent’anni in cui nessuno ha fatto i nostri interessi, in cui i più ricchi si sono arricchiti e i più poveri si sono impoveriti. Le aziende chiudono, i turni sono massacranti, le famiglie si sgretolano, le periferie irrompono nei notiziari, non si arriva a fine mese. Dobbiamo parlare di queste cose, perché sono importanti. Perché non possiamo più rimandare.
Dobbiamo toglierci dalla dicotomia per cui se critichi l’Europa sei un populista di destra, mentre se sei di sinistra dell’Europa ti va bene tutto. Non possiamo lasciare alla destra xenofoba e fascista un malcontento generato da politiche che hanno messo in ginocchio molte realtà, e molte persone.
Dobbiamo criticamente dire che quest’Europa che ha (anche, oltre all’Erasmus per carità) aumentato le diseguaglianze va rivista, va pensata, va combattuta laddove c’é da combattere e appoggiata laddove c’é da appoggiare.
Quando le tue sardine sono nate, ero molto incuriosita, finalmente anche in Italia, mi dicevo. Quante persone sei riuscito a smuovere. Grande, bravo! Sei riuscito in un intento non facile, smuovere da tastiere e divani, da indifferenza e menefreghismo. Grazie. Purtroppo però non c’é stata nessuna rivoluzione, la rivoluzione é tornare (o iniziare?) a dire che bisogna smetterla di lavorare gratis, senza ferie e senza malattia, bisogna esigere riforme, investimenti pubblici per la nostra povera sanità e le nostre scuole che cadono a pezzi.
La scorsa settimana ero al telefono con una mia amica che vive a Firenze, si arrabatta tra sogni artistici e un lavoro nel sociale. Lavora per un progetto che paga a GIUGNO. Cioè lei lavora ora e verrà pagata a giugno, capisci quanto é grave? Bisogna urlare nelle piazze che non possiamo crescere, fare famiglia e lavorare sereni finché ci sarà questa diseguaglianza. Abbiamo bisogno di lavoro e piani di sviluppo verde.
La mia terra é diventata una colata di cemento in balia del mare che si alza. Ho sempre avuto fiducia nell’umanità, e penso che l’odio sia ingiustificato ma non possiamo cercare di non vedere alle cause strutturali che lo hanno incrementato. Non c’é nessuna buona ragione per non parlare di queste cose, dei diritti sociali. Non bisogna essere “tecnici” per parlare di economia, alla fine ce l’hanno voluta spacciare come una scatola nera di calcoli complicati e altro non é che politica anch’essa. Quindi se parli di diritti civili, puoi parlare di diritti sociali.
Spero che lo farete, e magari allora mi unirò al canto Bella Ciao, e canteremo anche Nous ne sommes rien, soyons tout! Buona fortuna Mattia, a te e a tutti noi Millenial bistrattati di precariato, crisi e sensi di colpa.
G.