Dice Matteo Salvini, il ministro dell’inferno che ora osserva fiero il fuoco che sta lasciando dietro di lui, che i parlamentari devono alzare il culo e tornare veloci veloci in Parlamento per votare la sfiducia a Conte. Lo dice come al solito con parole che grondano di bava, come sempre senza rispetto per le istituzioni e i suoi colleghi, da ducetto frettoloso che frigna che il pallone è suo e che ci deve giocare solo lui.
Sarà solo l’inizio dell’escalation dei prossimi mesi, quando Salvini alzerà ogni giorno sempre un po’ di più l’asticella per consolidare il suo consenso e per raccontare che il Parlamento, la Costituzione, le normali procedure istituzionali e il Presidente della Repubblica sono solo una lungaggine burocratica che non avrebbe modo di esistere. Lui che è stato fino a qualche ora fa con la pancia all’aria sulla spiaggia a ingurgitare cocktail e mettere dischi ora simula di essere un indefesso lavoratore per svilire gli altri seguendo il suo solito giochetto di apparire diverso e quindi unico per sfamare tutti quelli alla ricerca dell’uomo forte per coprire le proprie debolezze.
Così non stupisce che lo stesso Salvini, fingendo come al solito di non sapere, chieda di avere pieni poteri per giustificarsi di un fallimento di governo di cui probabilmente è la causa principale: il “Decreto dei pieni poteri” del resto è il provvedimento che il parlamento tedesco approvò il 24 marzo 1933 per dichiarare lo stato di emergenza e instaurare di fatto la dittatura che lancerà Adolf Hitler. Davvero c’è qualcuno in giro che è ancora così ingenuo da credere che sia solo una coincidenza? Davvero si vuole continuare a credere alla favoletta del democratico Salvini che per sbaglio incappa in citazioni sfortunate?
No, no: il ministro sa benissimo che l’emergenza (qualsiasi forma abbia, dai migranti alla fretta di un nuovo governo) è l’humus perfetto per mantenere il dibattito superficiale e propagandistico, l’habitat perfetto per lui che vive la politica come una continua messinscena.
Salvini liscia il fascismo senza nemmeno avere il fegato di nominarlo perché recitando la parte dell’uomo solo al comando può evitare di spiegare i fallimenti, di dirimere le contraddizioni e di mediare le parti: intende la politica come un reality da vincere in solitario per meritarsi caterve di copertine. Così, un’altra volta, il vecchissimo Salvini si è rifatto vergine per apparire nuovo anche la prossima campagna elettorale, seguendo gli insegnamenti del suo maestro Berlusconi.