Passati, più o meno, i giorni caldi della crisi di governo, si torna a parlare delle elezioni di Roma. Non si parla, però, di Roma. L’ho detto tante volte e ne sono ancora convinta: a Roma serve un’alleanza larga che parta dalla sinistra, dai movimenti civici, dai quartieri, dalle periferie e arrivi, certo, anche all’area liberaldemocratica. E servono le primarie, per prima cosa.
Quell’area si costruisce con un percorso vero, fatto di dialogo con le persone, di incontri nei territori, di conoscenza profonda delle bellezze, ormai appannate, e dei tanti mali di questa città martoriata.
Le primarie sono parte ed epilogo di quel percorso. Non un modo per sfuggire alla responsabilità nella scelta del candidato o della candidata, ma un modo per condividere quella responsabilità creando comunità, parlando di progetti, di punti programmatici, di futuro. Ed è per costruire quel percorso insieme che mi sono messa a disposizione candidandomi alle primarie.
La “fusione a freddo”, fatta tutta nelle segreterie e nei palazzi, non può funzionare perché non darà a Roma le risposte di cui è letteralmente affamata. Una scelta verticistica ci allontanerebbe dalle persone invece che avvicinarci alle loro ansie, paure, solitudini.
Forse si è legato il dibattito su Roma alla situazione generale del Paese: a mio parere è un errore. La Capitale ha bisogno di un confronto vero, che si occupi dei suoi problemi quotidiani e strutturali, di ascolto e percorsi condivisi. Noi non lo stiamo facendo.
Non stiamo parlando con i territori, non ci stiamo confrontando con le romane e i romani, con i comitati che, dal basso, ogni giorno lavorano nei municipi. Parliamo del candidato sindaco e ci scordiamo che è di una squadra che dobbiamo parlare.
Non si voterà solo per scegliere l’uomo o la donna che guiderà la giunta. Voteremo per scegliere i consiglieri e le consigliere capitoline e voteremo per eleggere 15 presidenti di municipi che avranno altrettante giunte e altrettanti consigli. Questo richiede una visione e un percorso partecipato.
Perdiamo tempo per via di una situazione fluida a livello nazionale che ci distrae dai temi della città. E perdiamo tempo usando la drammatica situazione della pandemia come alibi per mettere in discussione le primarie.
Siamo nel 2021, parliamo di digitalizzazione, smart working, didattica a distanza: possiamo benissimo immaginare sistemi di partecipazione democratica che non comportino esclusivamente la presenza fisica per esprimere un voto. Anche questa è visione: immaginare nuove forme di cittadinanza digitale. E spetta all’area progressista fare questo.
È anche così che Biden ha vinto contro il populismo reazionario di Trump: portando la democrazia nelle case degli americani. Ma soprattutto, riportiamo il dibattito su Roma tra noi romani. Siamo quasi al momento delle elezioni, ma Roma non c’è.
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