Papa Francesco è sempre più convinto: se fosse per lui sarebbe già andato a Kiev. Ma non dipende solo da lui. C’è molto di più. Le
intelligence di mezzo mondo ci stanno lavorando. Sul viaggio di Papa Francesco si stanno interrogando cancellerie di ogni latitudine. Ma è una partita complessa. Andiamo con ordine.
Papa Francesco lo ha confermato anche durante il suo viaggio a Malta: “È disponibile” ad andare a Kiev se questo potrà servire a fermare la guerra. “Qualcuno mi ha domandato, più di uno”, di andare a Kiev. “Ho detto con sincerità che la disponibilità sempre c’è, non c’è il ‘no’. Sono disponibile”, “è sul tavolo. Ma non so se si potrà fare, se è conveniente farlo, se è per il meglio o se devo farlo” dice spiegando che tutto questo è in valutazione. Non dunque un problema di sicurezza, come tanti potrebbero pensare, ma la necessità di capire se un suo viaggio in Ucraina potrebbe far avvicinare l’obiettivo della pace. “Io sono disposto a fare tutto quello che si possa fare – ribadisce Papa Francesco -. La Santa Sede, soprattutto la parte diplomatica, sta facendo di tutto, il card. Parolin e mons. Gallagher, stanno facendo di tutto. Non si può pubblicare tutto quello che fanno per prudenza e riservatezza” ma assicura: “siamo al limite del lavoro” e “tra le possibilità c’è il viaggio” del Pontefice nella capitale ucraina.
Il problema però è che il viaggio sarà anche sul “tavolo” ma non c’è assolutamente niente di concreto: zero su zero. I motivi a quanto siamo in grado di rivelare sono soprattutto due: il “niet” di Putin che non vede affatto di buon occhio l’arrivo del Papa “occidentale” (cosa che potrebbe far pendere la bilancia dalla parte di Zelensky) e i pessimi rapporti con il patriarca Kirill, rapporti raffreddati dopo le pesantissime parole pronunciate dal patriarca degli ortodossi nelle scorse settimane e peggiorati dopo quanto detto oggi allorquando il patriarca russo Kirill è tornato a difendere le ragioni della guerra.
Uno “spirito guerriero” che a Francesco non piace affatto tanto che in Vaticano pensano che pronunciare tali parole oggi serva proprio a sbarrare il passo al Papa romano. Non un caso, dunque. Per questo in Vaticano hanno paura che il viaggio a Kiev possa rivelarsi un boomerang facendo irrigidire ancora di più la controparte russa. Non per niente evita accuratamente di pronunciare la parola “Putin” in pubblico. Senza pensare, poi, che in Vaticano c’è una corrente di pensiero che vorrebbe mandare il Papa a Kiev ma soltanto a tregua siglata e con il benestare del dittatore russo e Kirill. Un modo per suggellare la pace, senza però dare un contributo effettivo alla stessa. Cosa che invece Francesco vorrebbe fare.