Una generazione in quarantena, e ovviamente in crisi. In questi giorni è molto viva l’attenzione sugli effetti psicologici che possono manifestarsi nella popolazione a causa delle misure previste per la pandemia. Ad essere colpiti sono tutti, ma soprattutto i più giovani: tra le varie fasce di età sicuramente gli adolescenti risentono in modo significativo dell’isolamento forzato.
Di solito in primavera gli adolescenti assaporano quella sensazione giovanile di attività e di crescita: le lezioni sembrano volgere al termine, per loro si avvicina il sole caldo e spensierato dell’estate, come prospettiva di liberazione psicologica dalle incombenze dell’anno scolastico. Oggi, invece, fiorisce un’adolescenza costretta ad una quarantena, interrotta, una sorta di ossimoro esistenziale: ciò che normalmente rappresenta brioso sviluppo, apertura verso l’altro, l’esterno e il futuro, in questa claustrofobia indotta, implode. E in certi casi addirittura esplode: se già l’adulto fa fatica ad elaborare il cambiamento, a tollerare la confusione e l’obbligata immersione in un mondo virtuale e “distanziato socialmente”, l’adolescente rischia di pagarne ancora di più pegno, di uscirne maggiormente disorientato e vulnerabile.
Generalmente si considera l’adolescenza come un periodo evolutivo di passaggio e transizione. Una stagione di preparazione in cui ragazze e ragazzi si formano scolasticamente ma anche acquisiscono, lentamente, una propria identità per entrare nella società adulta, con una propria responsabilità e una propria direzione di vita. Chiunque di noi ha esperito che l’adolescenza è un periodo evolutivo particolarmente critico. L’individuo vede sfumare il mondo dell’infanzia, con gli apprendimenti e le certezze acquisite in questa fase della vita e, contemporaneamente, intravede l’affacciarsi di una dimensione del proprio essere caratterizzata più dalla indefinibilità del possibile che dalla definizione del certo. Una vera e propria crisi.
La parola “Crisi” deriva dal greco “krisis” e significa: scelta, decisione. La crisi adolescenziale, infatti, è caratterizzata dalla necessità di scegliere, di prendere una decisione. Chiuso il periodo dell’infanzia e poi della fanciullezza si apre la “burrasca” del futuro, inevitabilmente si inizia a scegliere che tipo di persona essere, si prendono delle decisioni, si riprendono, si cambia idea e si sbaglia: l’instabilità e l’incertezza sono l’elemento costante. La vita dell’adolescente si colora della mutevolezza degli stati psicologici, di atteggiamenti contraddittori, di forti tensioni emotive, di conflitti e mutamenti a livello fisiologico e psicologico che investono l’intera personalità.
L’adolescenza crea insicurezza, malessere, insofferenza che stimola a cercare nuovi equilibri attraverso un periodo di sperimentazioni con se stessi, il proprio corpo e il “corpo sociale” esterno. La famosa “turbolenza” adolescenziale che tutti conoscono è un’occasione da vivere e da utilizzare per favorire processi evolutivi possibili che portino ad assestamenti psicologici stabili. In particolar modo, gli adolescenti vivono la necessità di differenziarsi dai genitori per costruire una propria autonomia, ricercano una identità sociale, sono orientati da un movimento verso l’esterno che implica una sperimentazione di relazioni diversa rispetto al passato. Sono assetati di socialità. Sono costantemente mossi dal desiderio di avventurarsi in mare aperto, esplorare nuovi orizzonti con i loro compagni di viaggio per condividere scoperte, emozioni, idee, valori e affinità.Questo significa vivere i propri pari, la socialità, la cooperazione, la scuola, il proprio gruppo di appartenenza. Il sociale, l’altro, diventa lo specchio in cui riflettersi per capirsi e cercare di traguardare chi si è o a chi si vorrebbe assomigliare.
Non tutto dipende dalla società, la crescita e l’evoluzione personale sono in qualche modo influenzati dalla programmazione biologica. In essa ha un ruolo fondamentale il funzionamento cerebrale degli adolescenti: la discrepanza di maturazione tra le aree limbiche deputate all’elaborazione delle emozioni e quelle frontali deputate al ragionamento, al problem solving, ai processi decisionali, fa sì che i ragazzi siano maggiormente predisposti all’esplorazione e all’avventura, abbiano sempre bisogno di stimoli nuovi e si annoino con più facilità.
A questo bisogno si supplisce grazie all’interazione con gli altri e con la socialità. Come ampiamente dimostrato dalla psicologia, le esperienze che le varie situazioni di vita ci propongono influenzano notevolmente la nostra capacità di evoluzione, in quanto possono facilitare, o inibire, l’acquisizione di strumenti che aprono il passaggio da una fase all’altra del nostro personale ciclo vitale. Oggi, nel fluire della giovinezza e di questi delicati meccanismi irrompe “la pandemia” che altera la quotidianità, la continuità nell’apprendimento scolastico, la vita sportiva, la spensieratezza o le diverse difficoltà e problematiche emotive che caratterizzano l’adolescenza. L’adolescenza è una finestra sensibile dello sviluppo. L’influenza di eventi stressanti, prolungati e pervasivi rispetto ad una minaccia alla “salute”, alla “relazionalità” e alla “socialità”, potrebbero diventare fattori di rischio per lo sviluppo di problematiche psicologiche, influenzandone il normale scorrere evolutivo.
Che cosa comportano queste misure di distanziamento sociale sulla vita dell’adolescente? Cosa può produrre l’allontanamento dell’adolescente dal mondo che lo impegna pervasivamente? Cosa comporta l’allontanamento dall’istruzione scolastica quale “bene essenziale” per la vita di un futuro cittadino del mondo? Tutto è cambiato all’improvviso. L’adolescenza ha subito una frattura, una cesura che ne ha alterato il funzionamento generale. Questo potrebbe disorientare, confondere e impaurire. Siamo di fronte ad un’adolescenza costretta-obbligata: “interrotta”. I ragazzi sono tenuti a mettere da parte la propria stravaganza, il carattere, le aspettative, le proprie esigenze più intime di contatto e confronto che investono anche la sessualità. Ciò inevitabilmente porta con sé un bagaglio di frustrazioni e sofferenze. Con la scuola chiusa i genitori sono spesso in contatto costante con i propri figli, vigili e controllanti sulla Didattica a Distanza, un tempo forse assenti, all’improvviso troppo presenti, quasi intrusivi e preoccupati.
Viene a mancare quel fattore protettivo legato all’istruzione scolastica, in quanto funzione educativa e pedagogica, veicolo condiviso di regole, norme, principi, cultura, confronto con il mondo reale, che permea la vita dell’adolescente come futuro cittadino. Tutto diventa virtuale. Viene meno il contatto emotivo con gli insegnanti i quali hanno un ruolo educativo cardine che oggi si esprime solo attraverso uno schermo e un´attività telematica di insegnamento. I ragazzi si trovano ad affrontare lo studio totalmente a distanza, spesso sovraccarichi di compiti. I genitori si preoccupano e possono alimentare, da un lato l’ansia del ragazzo e, dall’altro, addirittura, il diniego allo studio. In questo modo si potrebbe perdere di vista lo scopo educativo più importante: la relazione e la comprensione. Accanto a tutto ciò la Didattica a Distanza rischia di mettere a dura prova l’autonomia dell’alunno nello studio.
Da questo punto di vista una scuola che punta sempre di più all’inclusività, anche in tempi di pandemia, deve tener conto di coloro che hanno delle difficoltà del neurosviluppo, quali Disturbi dell’Apprendimento (specifici o non), Disabilità Intellettive, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, Disturbi dello Spettro Autistico o di natura emotivo-comportamentale. Questi profili fino alla chiusura delle scuole hanno probabilmente lottato per raggiungere sempre più autonomia attraverso strategie inclusive nello studio ed oggi si ritrovano spesso persi, disorientati: “Dott.ssa di fronte allo schermo e nelle lezioni online a volte mi sento invisibile”.
È importante che le istituzioni considerino questo “status”. Sebbene la Didattica a Distanza possa essere una preziosa fonte di apprendimento in cui ogni insegnante è chiamato ad adattarsi anch’esso con difficoltà ad una modalità alternativa di formazione, è doveroso da parte delle istituzioni scolastiche valutare come cercare di favorire l’apprendimento uscendo dalla logica che i ragazzi “siano contenitori da riempire di nozioni”. La relazione prima di tutto. La comprensione dei bisogni e dei compiti evolutivi che gli adolescenti sono chiamati ad affrontare. La scuola gioca un ruolo supplementare, alle volte addirittura vicario o complementare nel migliore dei casi, rispetto all’educazione dei ragazzi.
La mancanza di questo aspetto espone figli e genitori a sentirsi sovraccaricati e smarriti di fronte alla disorganizzazione di quella che era la normale routine familiare, quotidiana. Anche il sistema di valutazione, dei meriti, subisce un’alterazione e laddove si costituiva in quanto elemento relazionale o educativo, ecco che scopre conflitti e scompone piani ed aspettative iper investite sulle performance scolastiche dei propri figli. Quindi, in questo periodo dello sviluppo, in cui già ci attendiamo una fase di irrequietezza e tormento intrinseco, possiamo osservare, a causa del distanziamento sociale e delle regole imposte dalla quarantena, diversi effetti psicologici ed espressioni emotivo-comportamentali sia in una forma esternalizzata – dirompente che di tipo internalizzato.
Osserviamo alle volte un aumentato grado di conflittualità nelle relazioni familiari; un maggiore livello di frustrazione esperito di fronte alle semplici scelte – decisioni, regole o norme che hanno a che fare con la Didattica a Distanza; maggiori sentimenti di rabbia e irritabilità o paradossalmente una eccessiva euforia data dal piacere di non dovere rispettare le regole poste dall’autorità scolastica, esterna. Non mancano sentimenti di intolleranza alla coercizione genitoriale e ai divieti posti attualmente, non solo dai genitori, ma anche dal mondo esterno. Gli stili coercitivi sembrerebbero elicitare oppositività e una bassa tolleranza ad accettare i divieti, tema sensibile in adolescenza, ponendo alcuni nella condizione di sentirsi legittimati, liberi di infrangere e contestare le “nuove” regole familiari e sociali.
In altri casi assistiamo ad un aumento delle manifestazioni internalizzanti, come ansia e in particolare ansia da separazione, preoccupazioni relative alla possibilità di contaminazione dei propri cari. Il tema della perdita e del Covid – 19 invade la mente dei ragazzi alimentando alcuni comportamenti protettivi volti ad assicurarsi che tutto sia sotto controllo, al fine di evitare un contagio. Inoltre, in molti adolescenti, che generalmente hanno difficoltà nella pragmatica sociale, nella comunicazione, ansia sociale, si osserva ritiro, distacco, introversione eccessiva vissuta in modo quasi appagante, rifugiandosi in una sorta di negazione e distacco dall’evento; altri ancora si assorbono nei giochi virtuali.
Alcuni recuperano quei rapporti interrotti affrontando inevitabilmente i conflitti non potendo fuggire, altri subiscono quelle dinamiche intra-familiari da sempre disfunzionali. Viene a mancare la dimensione del gruppo, fondamentale in adolescenza, quell’ancora fatta di ideali, condivisioni, desideri, che a noi tutti ci hanno reso adulti. Tuttavia oggi l’adolescente è totalmente immerso, nella maggior parte dei casi, nell’era digitale, sia dei social network che del gioco virtuale, che ha cambiato le carte in tavola nella costruzione del senso di identità di gruppo, lasciando spesso gli adolescenti di oggi smarriti e soli, con una grande difficoltà a costruire relazioni con i pari autentiche e nelle quali crescere attraverso un confronto costruttivo.
Come viene vissuto tutto questo oggi dato che il digitale e il virtuale diventano la norma? Oggi gli adolescenti si trovano ad affrontare un paradosso esistenziale: fino a poco tempo fa venivano rimproverati per essere ultra – connessi ai social, ancorati agli schermi, a distaccarsi dal mondo virtuale per vivere quello reale, venivano accusati di ritiro, eccessivo assorbimento nel gioco, mentre oggi, persino quella che è la primaria interazione, l’obbligo all’istruzione e allo studio, li costringe bloccati, fermi ad uno schermo, costretti a studiare online, chiusi in casa, incontrare gli amici sul web. Ed ecco che i conflitti familiari si esasperano, le regole diventano stringenti e rafforzate da una proibizione collettiva normativa: non si esce. Il divieto e l’adolescenza non hanno un buon rapporto!
I ragazzi rischiano di essere assorbiti e risucchiati da un a realtà virtuale. Le relazioni diventano ancora di più virtuali, spersonalizzate: il gioco online, l’uso dei social, passa per canali che non prevedono contatto diretto e dunque alimentano una sorta di abituazione ai contatti spersonalizzati ed evitanti. Questo potrebbe produrre un fenomeno di abituazione all’evitamento interpersonale e intimo. Inoltre, la noia – la mancanza degli stimoli esterni potrebbe aumentare i livelli di frustrazione, inquietudine che normalmente si riscontrano in adolescenza. Questi aspetti possono diventare dei veri trigger innescando la ricerca di comportamenti disfunzionali come l’eccessivo utilizzo del virtuale: “gioco tutto il giorno perché mi annoio; uso la play perché non ho altro da fare; parlo con gli altri che non conosco per giocare online” oppure alterando i ritmi biologici quotidiani”. Le routine si sono alterate. Il sonno si è alterato. L’alimentazione. Tutti i bisogni primari risentono del fluire ampio del tempo a disposizione.
Tale frattura lacera il fluire della loro fase evolutiva di sviluppo e i processi di separazione/individuazione fondamentali in questa fase di vita per la definizione della propria identità personale, sociale e sessuale. Chiaramente questo fenomeno colpisce ancora di più i ragazzi con difficoltà nello sviluppo oppure quei nuclei familiari carenti di affettività o ad alto rischio socio-economico. Dunque se l’adolescenza da sempre richiede una comprensione da parte del mondo degli adulti, uno sforzo di pazienza, di empatia, oggi ancor di più reclama e ha bisogno di guide e di attenzione. Non bisogna farsi spaventare dalla rabbia, dal carattere bizzarro di alcune manifestazioni, bensì validarle in assenza di giudizio senza imporre divieti aggiuntivi rispetto a quelli già in atto seppur non eccedendo in un disimpegno genitoriale.
I ragazzi si stanno perdendo alcuni momenti e tappe importanti della loro vita: la loro vita ordinaria (amici, scuola, sport, hobbies) e straordinaria (esami scolastici, compleanni, occasioni ludiche, innamoramenti, festeggiamenti). Alcuni di questi momenti, anche se magari in futuro si potranno replicare, non avranno lo stesso “sapore” per cui i ragazzi hanno tutto il diritto di essere arrabbiati o tristi per questo. Per quanto l’adolescente si dica – si rappresenti in conflitto con tutto ciò che è routinario, quotidiano, in realtà, ora, ne ha disperatamente bisogno.
I valori cambiano forma; si ribalta la priorità educativa e la funzione scolastica forse meriterebbe una riformulazione: non solo voti, compiti, verifiche, ma anche e ancora di più sostegno, relazione, comprensione e psicoeducazione. I ragazzi non possono essere dimenticati. La scuola e lo Stato devono “pre – occuparsi” del futuro di questo paese: “Le fondamenta di ogni stato sono l’istruzione dei suoi giovani (Diogene di Sinope)” nonché il benessere psicologico. Per i genitori potrebbe essere utile: “fare leva sui ricordi della propria adolescenza. Tale processo potrebbe aumentare il livello di comprensione del vissuto di questo momento evolutivo, di questa particolare condizione e del conflitto fra pandemia, blocco, bisogno di evolvere e rompere l´abitudine”. Ecco alcuni consigli pratici da prendere in considerazione per sostenere il rapporto genitori – adolescenti in questa fase delicata:
1. evitare divieti esasperando i conflitti ma promuovere regole che siano condivisibili, flessibili ma formulate in modo chiaro specificandone l’utilità e il significato.
2. saper costruire un dialogo adatto alla loro età validando le emozioni che i ragazzi stanno vivendo magari attraverso momenti di condivisione;
3. mantenere e strutturare routine stabili per scandire la giornata – darsi degli obiettivi nelle varie fasce orarie;
4. motivare a mantenere gli orari consueti favorendo adeguati ritmi sonno/veglia, orario dei pasti, cura del proprio corpo, dell’igiene personale e dell’attività fisica;
5. spiegare la ragione per cui la realtà virtuale può essere un rischio fornendo delle regole riguardo ai tempi e agli orari di utilizzo dei dispositivi.
6. Vietato vietare senza spiegazione! Seguire una linea psicoeducativa che non sia costrittiva.
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