Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Opinioni
  • Home » Opinioni

    Altro che body shaming, la prima palestra italiana per sole donne sembra più un’operazione commerciale

    La Femme Fit, la prima palestra italiana per sole donne. Credit: Femme Fit / Facebook
    Di Serenella Bettin
    Pubblicato il 4 Ago. 2021 alle 12:07 Aggiornato il 4 Ago. 2021 alle 12:08

    Una palestra vietata agli uomini. Ma ce n’era veramente bisogno? Probabilmente se gli uomini avessero aperto una palestra per soli uomini sarebbero stati tacciati di maschilismo, repulsione verso le donne e misoginia alla Nero Wolfe.

    Ma il punto è che le donne hanno detto che con gli uomini si sentono a disagio. E vogliono un posto tutto per loro.

    È nel veneziano la prima palestra italiana per sole donne. In realtà centri per sole donne esistono anche da altre parti, una moda che sta prendendo sempre più piede, seguendo il modello degli Stati Uniti. Sono centri al femminile con allenamenti specifici per le zone critiche. Le donne dicono di sentirsi più libere, lontane da occhi indiscreti, di potersi permettere anche maglie larghe senza sfoggio di top striminziti che vorrebbero mettere in risalto addominali scolpiti e seni sodi.

    Una delle catene più diffuse con più di 10mila club e oltre 4 milioni di iscritte nel mondo è Curves. Poi c’è anche Mrs Sporty, Fit for Lady, ma adesso l’“idea” con Femme Fit è venuta a un imprenditore, ex atleta veneziano, Matteo Zorzato che dice: “Ogni donna deve sentirsi libera di essere ciò che si sente senza che nessuno possa per questo giudicarla, per questo è nata l’idea del format Femme Fit, una palestra in rosa. Per dare alle donne uno spazio di libertà autentica e un ambiente sereno dove potersi allenare”.

    Un’operazione commerciale? L’apertura di questa palestra avviene prima dello scoppio della pandemia con un investimento di 500mila euro.

    Il programma pensato appositamente per sole donne si avvale anche di una linea di prodotti alimentari. Ortago, la nuova piattaforma del delivery fresco, che consegna anche le grigliate di pesce in spiaggia, è proprio dell’ideatore della palestra “in rosa”.

    La sua piattaforma consente di comprare frutta e verdura a porzione con consegna garantita in un minino di 12 ore in 600 comuni tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.

    Anzi l’azienda di Zorzato, fondata a Dolo in provincia di Venezia, ha ottenuto il primato del delivery sui litorali perché propone un modello unico per il Triveneto.

    Da qui il passo che sicuramente il fondatore ci sa fare. “Matteo Zorzato – ci dice la project manager – prima che essere un atleta è soprattutto un imprenditore. Ma il punto sono i risultati. I corsi sono strutturati con dei protocolli suddivisi specificamente per età. Inoltre, il protocollo è accompagnato da una dieta e una corretta alimentazione. Ogni donna che viene qui viene appositamente seguita per avere un benessere psico fisico e per dare una certa forma al proprio corpo”.

    Una palestra vietata tassativamente agli uomini, solo per donne, per combattere, fanno sapere dal centro, il body shaming, ossia il deridere, discriminare una persona in base all’aspetto fisico.

    Anche il personale è tutto al femminile. Non solo allenatrici, ma anche esperte di alimentazione. Alle iscritte sono offerti, nel programma settimanale, anche corsi specifici di vario tipo, da attività preparto alla ginnastica dolce “anti-age” per le donne di una certa età.

    Non solo anche le donne musulmane potranno così fare palestra e godere di uno spazio lontano da sguardi e commenti. Appunto.

    Lontani dalla Sharia, forse da che mondo e mondo, da quando gli uomini si accoppiano con le donne e le donne con gli uomini, e da quando abbiamo oltrepassato le scuole femminili e maschili, il bello dell’essere occidentali e occidentalizzati è proprio il fatto di poter condividere gli stessi spazi. Senza essere coperte da veli. O da muri come nelle moschee.

    Il fatto di dover separare i locali a seconda dei cromosomi, potrebbe portare a una rottura con la “società aperta”. Quella società che le donne recriminano essere troppo maschilista perché priva di figure femminili ai vertici o ai posti di comando.

    Il centro fitness per il solo cromosoma X, vorrebbe far sentire le donne libere e fare in modo che queste non vengano giudicate ma di fatto alza quelle chiusure che le donne hanno sempre voluto combattere.

    A giudicare dai commenti alcuni sono favorevoli: “Da insegnante e gestore (o gestrice) – commenta Elena – di palestra invece approvo la scelta. Non è questione di genere o sesso ma di scelta di struttura. A me piacerebbe molto una palestra del genere per lavorare. Puoi attrezzarla in modo specifico e creare un sacco di attività bellissime solo per donne. Semplicemente perché le strutture e le necessità di uomini e donne sono diverse necessitano di allenamenti diversi. Così come ci sono parrucchieri o estetisti specializzati non vedo perché no una palestra”.

    “C’è chi si sente libero assieme agli altri, e c’è chi si sente libero lontano dagli altri – dice Claudia – Se una donna vuole andare in una palestra dove non ci sono uomini per me è libera da giudizi. Non lo vedo come un retrocedere culturale, anzi”.

    “La prima impressione – scrive Diego invece – è di essere ritornati indietro nel tempo, ai circoli o alle società sportive riservati a soli uomini dove le donne non potevano entrare. Anch’io ho subito pensato che se, al contrario, avessero fatto una palestra riservata solo agli uomini, dove le donne non possono entrare, si sarebbe sollevata una protesta generale. E poi, diciamo la verità, la realtà dei fatti è che anche le donne guardano gli uomini e fanno i loro commenti sui pettorali o sul fondo schiena. Se vogliamo la parità tra i due sessi, dobbiamo anche accettare la libertà di stare assieme non solo nelle palestre, ma anche al lavoro, nei Consigli di Amministrazione o nello sport…… e al diavolo gli sguardi e i commenti”. Già, siamo sicuri che la ghettizzazione di un “genere”, sia la soluzione?

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version