Stanno girando da qualche ora gli screenshot del 2018 di alcuni post di Giorgia Meloni sui vaccini che, confrontati con le sue dichiarazioni recenti sempre sui vaccini, fanno molto sorridere.
Nel 2018 diceva ad esempio che “i vaccini sono una delle conquiste più importanti e non bisogna diffondere notizie false o alimentare paure”. “Lasciamo stabilire a chi ha competenze quali siano i vaccini necessari e OBBLIGATORI”. Oggi, dopo i suoi noti master in virologia e immunologia, twitta: “Il Governo si dia una calmata, non siamo un regime totalitario. La nostra Costituzione non contempla l’obbligo vaccinale!”.
Per la cronaca, i vecchi tweet erano stati eliminati dalla sua bacheca perché Giorgia sa come ripulire la scena del delitto, ma non ha tenuto conto dei Ris del web, quelli che conservano in cartelle sterili ogni traccia delle nostre attività sui social.
Tornando alle sue idee lievemente instabili sui vaccini, certo, Meloni è un’imbarazzante banderuola, ma una banderuola che sa quello che fa. Perché Giorgia ha scelto una strategia politica precisa, ovvero quella di accontentare la considerevole fetta di elettorato impaurita o no-vax che in questo momento è in cerca di un faro.
E dire: “Lo Stato non può obbligare nessuno al vaccino” entusiasma i no-vax senza tutto sommato far disamorare i pro-vax, che si sentono comunque liberi di fare quel che vogliono. Insomma, si strizza un occhio a Burioni e uno al canale complottista ByoBlu (di cui Giorgia è fan).
Anche Matteo Salvini ha sempre giocato sulla stessa ambiguità, ovvero non dire mai di essere contrario ai vaccini (quello gli costerebbe una parte dell’elettorato, oltre al far infuriare i suoi cari imprenditori che vogliono ripartire), lasciando però intendere che questo vaccino l’accetta con rassegnazione, in un ruolo insolitamente passivo. “Farò quello che mi dice il mio medico”, ha sempre risposto laconicamente a chi gli chiedeva se li avrebbe fatti. O: “Non mi vedrete mai inseguire la gente con le siringhe!”, come se ci fosse chi lo fa, per giunta. Credo non accada nemmeno nel boschetto di Rogoredo dopo le dieci di sera.
Fatto sta che il 10 giugno Meloni ha risposto in tv con poco entusiasmo a chi le chiedeva se si vaccinerà: “Ho prenotato il vaccino” e non si è saputo più nulla. Salvini non si è ancora vaccinato (“La data coincideva con un processo”), Renzi idem (“Non mi sono ancora vaccinato”, diceva pochi giorni fa), e non si sa il perché.
E già qui possiamo tirare le prime somme: due segretari di Partiti al governo non sono ancora vaccinati neppure con una dose al 14 luglio, quando la metà Paese lo è già. Quando in Italia è in atto la più importante campagna vaccinale della storia dell’umanità, quando il messaggio del Governo è: vaccinatevi.
Sarebbe però scorretto fingere che questa sorta di pudore dei politici nei confronti del tema “vaccino” sia un problema circoscritto a Meloni e Salvini.
Tutti i politici o quasi sanno che prendere posizioni nette sull’importanza di vaccinarsi brucia una percentuale consistente dell’elettorato e quindi la maggior parte dei politici a destra e a sinistra ha scelto la via dell’assenso senza fare troppo rumore. Senza eccessiva esposizione.
Il vaccino si fa, al massimo si dice, ma possibilmente non si vede. Fateci caso: quante foto di politici che si vaccinano avete visto? Siamo abituati a sorbirci selfie di tutti mentre mangiano, corrono, stirano, leggono e si passano il cotton fioc nelle orecchie, ma di foto con la siringa nel braccio, niente o quasi.
La verità è che i grandi assenti in questa enorme campagna di persuasione sono proprio i politici: perfino lo strombazzato spot di Tornatore per la campagna vaccinale è finito presto sotto al tappeto. Le eccezioni (ovvero il selfie mentre si vaccinano) sono rappresentate quasi esclusivamente dai presidenti di Regione, quasi tutti appena rieletti: Stefano Bonaccini (a petto nudo), Attilio Fontana, Vincenzo De Luca, Giovanni Toti, Luca Zaia, Nicola Zingaretti. E alcuni mancano comunque all’appello.
I segretari di partito restano i grandi assenti: Enrico Letta si è fotografato davanti al padiglione della Croce Rossa, Carlo Calenda che non ha pudore nel fotografarsi con la maglietta “Piuma o fero”, ci ha fatto sapere che si è vaccinato ma di pubblicare la foto dell’inoculazione evidentemente si vergognava. Delle foto eventuali di Berlusconi non ho notizie. Così come non ce ne sono di Di Maio, Giuseppe Conte, Beppe Sala, Giorgio Gori, Carfagna, Brunetta, Gelmini, Orlando, Franceschini e ministri vari o chiunque mi venga in mente.
Per i politici, la foto-vaccino è criptonite. Dovendo scegliere tra ciò che è più utile a loro stessi in termini di comunicazione (evitare la furia no-vax e la possibile emorragia di voti) e quello che può essere più utile per il Paese (fare da testimonial alla campagna vaccinale), scelgono la prima.
Tant’è che Draghi e Mattarella, che di voti non ne devono prendere e non rappresentano un partito, la foto negli hub l’hanno fatta.
Emblematica la risposta di Salvini, quando gli hanno chiesto se mostrerà la foto mentre si vaccina: “Quella è una cosa personale”. Cioè, le foto mentre dona il sangue disteso sul lettino sì, il vaccino no. La foto con la figlia minorenne sì, col vaccino no. La foto con la vaccinara sì, col vaccino no. Un concetto di “personale” che deve essere frutto di una variante Delta della parola “riservatezza”.
La verità è che i veri testimonial spontanei di questa enorme campagna nazionale sono stati personaggi noti e normali cittadini che hanno reso utile e virale la foto mentre si vaccinavano.
Se avessimo aspettato il buon esempio dei politici, la fiducia instillata da un loro gesto esibito, la loro volontà di rendersi testimonial di un atto necessario per il bene della comunità, forse avremmo raggiunto prima il ripianamento del debito pubblico che l’immunità di gregge.
Perché i numeri dei contagi contano, ma quelli dei sondaggi un po’ di più.
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