I travagli che il Governo vede crescere al suo interno, a proposito dell’attuazione del Pnrr da più di 200 miliardi per l’Italia, sono allo stesso tempo surreali e allarmanti.
Dopo le coraggiose politiche espansive del Governo Conte II e del M5S, il Pil italiano è cresciuto del 7 per cento nel 2021 e del 3,7 per cento nel 2022: performance del tutto ignote alla storia recente del nostro Paese. Purtroppo la riproposizione di ricette economiche di austerità da parte del Governo, ovvero tagli alle spese essenziali, agli investimenti e precarizzazione del lavoro, sta riportando indietro le lancette dell’orologio.
Il Governo, in questo quadro, ha festeggiato l’ultima previsione di crescita 2023 fatta dalla Commissione Ue per l’Italia, ovvero +1,2 per cento. Peccato che questo dato non solo sia enormemente più basso rispetto agli ultimi anni, ma sia sostenuto proprio dagli investimenti del Pnrr, seppur frenati da un grave ritardo attuativo. Prima il Def, poi una Relazione della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica, infine lo stesso ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, hanno certificato che senza Pnrr, nel 2023, la stima di crescita del Pil al massimo sarebbe del +0,4 per cento. Insomma, il ritorno della stagnazione.
Ma il Pnrr, portato in dote all’Italia dal Governo Conte II, è molto di più. Il M5S ha sempre sostenuto che oltre alla progressione della crescita del Pil è importante la sua direzione: le transizioni ecologica e digitale, il superamento dai divari Nord-Sud.
Ed è qui che il Piano gioca un ruolo fondamentale, legato ad alcune urgenze evidenziate dalle cronache degli ultimi giorni: dissesto idrogeologico, denatalità, residenze universitarie, sanità.
Bastino solo alcuni esempi. Il Pnrr prevede 4,6 miliardi per creare 230mila posti in più negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia; 7 miliardi per ospedali di comunità e telemedicina; 1 miliardo per aumentare di 60mila nuovi posti l’offerta di alloggi universitari; 9 miliardi per la valorizzazione del territorio dei Comuni e il contrasto al dissesto idrogeologico.
Tentennare di fronte a questa prospettiva di crescita sostenibile e sviluppo non è uno schiaffo a Giuseppe Conte o al M5S, è uno schiaffo agli italiani.
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