C’è un dettaglio molto importante, almeno dal punto di vista formale, che in queste ore sembra non ricordare nessuno, nel dibattito che segue il ritiro della delegazione di Italia Viva. Le dimissioni delle due ministre renziane non cambiano nulla, simbolicamente e sostanzialmente, per il governo.
La composizione dell’esecutivo, infatti, non è mutata dopo queste dimissioni. L’alchimia della maggioranza è stata alterata con la scissione di Matteo Renzi: non prima e non dopo. Il governo giallorosso – infatti – in origine nasce costituito da tre partiti (Pd, M5s, Leu) e diventa di quattro solo dopo l’assegnazione delle poltrone di governo.
Fu solo allora che le due ministre – anche questo lo ricordano pochi – dopo essere entrate nell’esecutivo con la maglia del Pd, e dopo aver ottenuto le poltrone in virtù di questa appartenenza, ne uscirono (con qualche disinvoltura) avendo indosso la maglia di Italia Viva.
Ha ragione Renzi almeno su un punto: in democrazia le forme sono la sostanza. E la sostanza è che Italia Viva è nata come un fungo, DOPO l’esecutivo Conte, con il cambio di casacca della Bellanova e della Bonetti, come la scissione di una corrente del Pd.
Le uniche trasformiste di questa crisi per ora sono le due ministre dimissionarie: trasformiste quando fondano un partito solo 24 ore dopo aver ottenuto un incarico con un altro, trasformiste quando se ne vanno rispondendo al loro capo corrente, e non al loro segretario.
Tuttavia il governo, proprio in virtù di questa genesi, non perde legittimità, casomai la recupera. Ci possono essere problemi di ordine politico, non di ordine costituzionale dopo questo addio. Quindi Italia Viva andandosene non modifica l’alchimia originaria, casomai la ristabilisce, e Conte verificherà in Parlamento, come accade per tutti, se ha ancora la sua maggioranza. L’unico problema formale è che il Pd deve rimpiazzare due ministre. Quelle di cui era stato defraudato. Punto.
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