Nel moto pendolare della storia tempi buoni si sono sempre succeduti a tempi cattivi. Ma in questa nuova epoca che sta avanzando con inusitata crudeltà (vedi da ultimo il criminale atto terroristico di Hamas) c’è qualcosa di molto grave che non si era finora verificata e che sembra stia chiudendo ogni porta alla ricomparsa di tempi migliori.
Si tratta fondamentalmente del fatto che il mondo economico-finanziario dell’Occidente, con il martellante ausilio della propria potenza mediatica, è riuscito a oscurare la mente di moltissime persone, persuadendole a ritenere che il fine dell’agire umano non debba più essere la creazione di una comunità fondata sulla solidarietà, ma una strenua competizione per accumulare danaro da parte di singoli soggetti o di singoli Stati.
In questo quadro, si è arrivati addirittura a cambiare il concetto di “economia”, che non è più considerata una “economia dello scambio”, il cui fine è quello di soddisfare i bisogni e i diritti fondamentali di ognuno attraverso la massima diffusione del lavoro e l’uso parsimonioso delle risorse, ottenendo così il massimo dell’utilità sociale, ma è considerata una “economia della concorrenza” il cui fine è quello di favorire l’accumulo della ricchezza nelle mani di pochi ai danni dei più deboli (vedi Milton Friedman e la sua Scuola economica di Chicago).
Ed è tristissimo constatare che questa incessante propaganda abbia portato all’oscuramento delle menti, creando la più ignobile delle situazioni umane: l’indifferenza, che in realtà è il frutto della perdita della coscienza morale che, per natura, è in ciascuno di noi.
Diceva Kant: «Di due cose sono assolutamente certo, del cielo stellato che è sopra di me e della coscienza morale che è in me». Per fortuna questa immane perdita non è totale, e c’è ancora qualcuno che mantiene viva e operante la propria coscienza morale.
Lo dimostrano due recenti avvenimenti: le coraggiose e chiare dichiarazioni in televisione dell’ex ambasciatrice Elena Basile, la quale ha puntato il dito contro le sopraffazioni capitalistiche che sono la causa prima del terribile e criminale fenomeno del terrorismo (diceva Andreotti che ognuno che vive in un campo di concentramento, e sa che non potrà dare a suo figlio una situazione diversa è necessariamente un terrorista) e la mancata convalida, da parte della bravissima giudice di Catania Iolanda Apostolico, del provvedimento di “trattenimento in un centro per il rimpatrio” chiesto dal Questore di Ragusa per tre tunisini (la Tunisia sarebbe un Paese sicuro) che non erano stati in grado di pagare la cosiddetta garanzia finanziaria di 4.938,00 euro.
Il ragionamento giuridico della giudice è stato ineccepibile. Il decreto Cutro non solo è incostituzionale, poiché viola l’articolo 13 della Costituzione sulla tutela della libertà personale, ma in particolare è incompatibile con quanto dispone la Direttiva 2013/33/Ue, secondo la quale «nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale, in conformità agli obblighi giuridici internazionali degli Stati membri, e all’articolo 31 della Convenzione di Ginevra».
Ed è da ricordare, osserva sempre la giudice, che secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione «deve escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese ritenuto sicuro (quale sarebbe la Tunisia) possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale».
Se ne deve concludere che la normativa del cosiddetto decreto Cutro non può che essere disapplicata in conformità a quanto sancito dalla Corte costituzionale con sentenza n.389 dell’11 luglio 1989 a proposito della violazione del diritto europeo. Una grande lezione per il Governo e un pressante invito a scrivere leggi conformi alla Costituzione e al diritto europeo, e soprattutto fondate sulla coscienza morale che è in ciascuno di noi.
Leggi l'articolo originale su TPI.it