Che sarebbe andato a finire così si sapeva già da novembre dell’anno scorso, quando la quantità senza precedenti di nuovi programmi di riarmo che il Ministero della Difesa stava sottoponendo al Parlamento a ritmo serrato per il 2022 quando si aveva una valutazione tendenziale della spesa militare complessiva “diretta” per il 2022 di circa 25,82 miliardi di euro (che diventano 26,49 miliardi con ulteriori costi indiretti), ovvero un aumento di 849 milioni rispetto alle medesime valutazioni effettuate sul 2021 con una crescita percentuale del 3,4% rispetto all’anno precedente e di addirittura dell’11,7% sul 2020 e del 19,6% sul 2019.
La votazione a larga maggioranza Ion Parlamento, con una curiosa compattezza che mette insieme destra e sinistra, è solo l’ulteriore passo di un cammino già ben avviato. Stupirsene significa non avere tenuto d’occhio l’azione del ministro della guerra Guerini che ha attraversato due governi tenendo sempre la barra dritta sulla rincorsa agli armamenti.
Per capire bene di cosa stiamo parlando basta fermarsi sui numeri: 13 miliardi di aumento di spese militari cozzano con il taglio di 6 miliardi sulla spesa sanitaria voluto da Draghi, per di più sulla coda di una pandemia. 104 milioni di euro al giorno spesi per le armi (questo sarà il risultato del nuovo incremento voluto dal Governo e dal Parlamento) andrebbero messi di fianco ai 127 milioni di euro (l’1% della spesa totale) di soldi persi per le truffe sul Reddito di Cittadinanza dall’inizio della sua istituzione. Abbiamo passato mesi a sentire i tromboni dirci che il Reddito di Cittadinanza è una misura insostenibile per lo Stato a causa di quei 127 milioni e quegli stessi tromboni esultano per una spesa simile giornaliera per armarsi.
Siamo il Paese in cui da anni viene detto che un reddito minimo di base è impossibile “perché non ci sono i soldi”; sono anni che ascoltiamo i liberisti (e liberali, tanto da noi sono quasi sempre la stessa cosa) dirci che per scuole stanno bene come sono perché lo Stato non si può permettere di più; abbiamo passato due anni sentendoci dire che difendersi dalla pandemia con interventi sul trasporto, sulla ventilazione meccanizzata sarebbe stato troppo difficile e costoso; sono anni che assistiamo a tagli ferali sulla cultura al grido “non abbiamo soldi!”; sono anni che ci sentiamo dire che lo Stato non può intervenire in aiuto dei poveri (quelli vecchi e quelli nuovi) per “altre priorità economiche”.
Ora il disegno è chiaro. La politica è molto più semplice di come si ostinano a raccontarla e si misura nei capitoli di spesa del bilancio dello Stato: il partito della guerra è una priorità. Poi, ultimamente, ha avuto anche la fortuna di ritrovarsi un conflitto alle porte dell’Europa per fingere di avere urgenza di fare qualcosa che stanno sommessamente facendo da 10 anni.