La Centrale Montemartini è un museo unico nel suo genere. Non tanto per la sua collezione, quanto per il dialogo tra archeologia romana e archeologia industriale che ha reso questo luogo famoso non solo a Roma, ma anche nel resto del mondo.
Spostare la collezione di questo museo in qualsiasi altro luogo le toglierebbe qualsiasi attrattività nei confronti del pubblico, ed è una delle ragioni per cui la proposta del leader di Azione nonché candidato sindaco di Roma, Carlo Calenda, di unire in un unico luogo le collezioni dei musei archeologici della Capitale è quantomeno miope, per quanto il tema non debba essere considerato un tabù. E questo senza entrare in questioni di carattere burocratico sulle competenze tra stato e comune, né sulla questione pur importante della continuità delle collezioni.
La proposta di Calenda prevede di unire una serie di musei statali e comunali, le diverse sedi del Museo Nazionale Romano, i Musei Capitolini, la Centrale Montemartini, il Museo della Civiltà Romana e il Museo di Roma di Palazzo Braschi, all’interno di un unico polo museale sul Campidoglio. Una proposta che da un lato coglie un tema, cioè che nella culla della civiltà romana manchi un’offerta museale statale centralizzata sull’archeologia di Roma antica, e che ha il merito di aprire un dibattito su un tema troppo spesso tenuto all’angolo, ma dall’altro non tiene conto delle specificità dei musei che Calenda vorrebbe unire.
La Centrale Montemartini ne è un esempio, ma potremmo parlare anche della sede delle Terme di Diocleziano del Museo Nazionale Romano, una collezione estremamente specifica sulle epigrafi di Roma antica. Inserirla all’interno di un museo più ampio rischierebbe di farne perdere la sua attuale peculiarità, che permette al tempo stesso di visitare gli ambienti delle Terme di Diocleziano e dell’attiguo convento. Per non parlare ad esempio del Museo della Civiltà Romana, una raccolta di copie di opere romane presenti in tutto il mondo che oggi – al netto delle chiusure che lo funestano da anni – ricopre soprattutto una funzione didattica e che vede, come pezzo forte, quel capolavoro assoluto che è il plastico della Roma Imperiale di Italo Gismondi. Avrebbe senso unirlo a un museo archeologico?
C’è poi un altro tema. Calenda parla di un “Louvre della Roma Antica”: ma è corretto chiamare in causa, per un’operazione del genere, il museo per antonomasia? Il Louvre, infatti, è un museo dalla collezione sterminata, che va dall’arte antica fino a quella del XIX secolo, e che ha costruito il suo mito intorno soprattutto intorno a un numero molto limitato di opere simboliche, prima tra tutte la Gioconda di Leonardo, nonostante anche il resto della collezione sia di altissimo livello. Il museo unico di archeologia sarebbe in grado di proporsi alla stessa maniera?
A Roma, peraltro, esiste già un museo molto simile al Louvre, anche se non è gestito dallo stato italiano, bensì dalla Città del Vaticano. E si tratta ovviamente dei Musei Vaticani, che raccolgono una collezione immensa che va dall’arte antica a quella contemporanea, con dipinti spettacolari di Caravaggio e Raffaello e alcune tra le massime opere dell’arte romana, come l’Augusto di Prima Porta o il Sarcofago di Elena, e che vede come traino principale la Cappella Sistina. Non è gestito dallo stato, ma si trova a Roma, lo visitano i turisti che si trovano a Roma e che alla capitale portano il loro indotto. Quindi anche alla luce di questo: ha senso creare un “Louvre di Roma antica”, se non ci sono le condizioni per farlo essere davvero tale e se questo andrebbe a danneggiare istituzioni museali che hanno la loro peculiarità?
Tuttavia, abbiamo già detto come Calenda colga il punto di una mancanza di un’offerta statale centralizzata sull’archeologia a Roma. Forse, però, più che creare una simile istituzione in maniera forzata andrebbero prima di tutto fatti funzionare al meglio i musei già esistenti e messi a sistema tra di loro. Una delle caratteristiche della Città Eterna è proprio la possibilità di incontrare arte e archeologia ovunque, e fare in modo che il romano come il turista possano avere chiara la funzione e la ragione d’essere di ognuno di questi musei sparsi per la città. Ne gioverebbero l’esperienza e la conoscenza.
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