Da tempo ho smesso di stupirmi, ma non di indignarmi. La destra, perlomeno la destra italiana al governo, è proprio questa che vediamo e ascoltiamo nelle sue varie declinazioni, tra il protervo e l’inverosimile. La “nostra” destra non si smentisce mai. Reitera con un ritornello stanco le sue giaculatorie sovraniste, razziste, omofobe, antistranieri, contro le donne, cosparse di una indigeribile salsa di provocazioni condita dal pepe del patriottismo di maniera. Peraltro smentito, il presunto amor di Patria, dall’acquiescenza passiva e acritica in politica estera, terreno sul quale mai l’Italia è stata altrettanto sdraiata sugli interessi e ai comandi dell’alleato americano. E’ il pedaggio che sul palcoscenico internazionale l’astuta Meloni, personaggio di un cinismo politico e umano memorabili, ha deciso di pagare al fine di accreditarsi, lei e il governo che guida, come partner affidabili e lontani da revanscismi e nostalgie “nere”, elementi costitutivi del suo partito e della sua storia politica personale. Sono questi stessi ingredienti che Meloni sciorina orgogliosamente, rivendicandoli, ogni volta che il confronto dalle scene dei vertici internazionali si sposta restringendosi all’orizzonte nazionale. Silente sul colossale sconfinamento diplomatico-politico dell’amico Elon Musk, che aveva invocato l’eliminazione dei giudici “nemici” del governo italiani, Meloni ritrova la favella e corre in soccorso dei suoi uomini di governo, campioni di gaffes epocali e palesemente impari ai compiti istituzionali che ricoprono.
L’ultimo illuminante esempio di questa metamorfosi di atteggiamenti e posture politiche è di questi giorni. Da Rio de Janieiro dove Premier italiana rappresenta l’Italia al vertice del G20 che discute di fame e di guerra (espressioni antitetiche, impossibili da ricondurre ad unità), ebbene da tredicimila chilometri di distanza da Roma, la sora Giorgia fornisce un vigoroso endorsement al prode ministro Valditara, leghista padano e sodale di Salvini, al quale ha affidato la scuola e il ministero del merito non è chiaro il merito di chi, di Valditara non direi proprio. All’inverosimile pistolotto del titolare dell’istruzione, intervenuto a distanza alla cerimonia di inaugurazione della fondazione in memoria di Giulia Cecchettin, per spiegarci che il fenomeno dei femminicidi è riconducibile anche all’immigrazione irregolare, Meloni ha messo il suo autorevole sigillo, il suo placet.
E’ scomparso il patriarcato della società italiana – ha puntualizzato la premier, assai piccata di essere interpellata in merito – evocato alla radice della sopraffazione spesso violenza ed omicida sulle donne. Il patriarcato appartiene all’Islam, ha rincarato Meloni, noi ne siamo usciti. Ci crede davvero? Che dicono le protofemministe che avevano salutato l’ingresso della Meloni a palazzo Chigi come una storica vittoria di genere? L’alba di un nuovo giorno per l’altra metà del cielo. Le donne sue elettrici convengono con lei che il patriarcato in Italia è un relitto del passato e che ce lo siamo messi alle spalle? Mi piacerebbe saperlo da uno dei tanti sondaggi lanciati per prendere il polso dell’opinione pubblica.
Ormai il dibattito politico prescinde dalla realtà dei fatti e corre su binari tutti suoi che deragliano dalla verità obiettivamente percepibile. Il 93,3 per cento dei femminicidi riguarda responsabilità di cittadini italiani, sono dati ufficiali del Viminale retto da quel severo custode della legge che risponde al nome di Matteo Piantedosi, altro fedelissimo del capitano leghista. Oltre l’80 per cento dei femminicidi matura in ambiente famigliare, ed è riconducibile a compagni, mariti, fidanzati, padri, parenti, amici.
Gli immigrati delinquono? Certo, speso per necessità di sopravvivenza, e comunque ma non più degli italiani. E’ responsabilità dell’esecutivo in carica se l’arrivo dei clandestini sulle nostre coste è aumentato nei due anni di governo dell’ultradestra. Che aveva promesso di arginare e ridurre drasticamente il fenomeno. Cosa ha fatto il governo? Nulla di decisivo. I disperati in fuga da fame, guerre e persecuzioni non ricevono assistenza, sono scaraventati in strada e abbandonati alla carità pubblica dei privati e delle strutture della Chiesa. Le ong vengono criminalizzate dal governo dei sovranisti che le accostano agli scafisti e hanno licenziato leggi che ne complicano gli interventi al fine di scoraggiarli.
La ridicola missione-Albania non ha prodotto neppure il classico topolino, bensì un sorcio famelico che si sta mangiando quasi un miliardo di euro e costringe 250 uomini e donne delle forze dell’ordine e a stazionare nel Paese delle Aquile a guardia di otto-dieci migranti, tanti si è riusciti a deportarne utilizzando una nave della marina miliare in un avanti indré Italia-Albania-Italia che ci ha reso gli zimbelli dell’Europa. Altro che esempio per gli altri Paesi, come si è voluto farci credere, l’ennesima bugia propagandistica di una macchina del consenso che ha allungato gli artigli sulla tv pubblica (pagata dagli italiani col canone) e tenta di normalizzare, qualche volta riuscendoci, i social e gli strumenti digitali che di regola, sfuggono al controllo preventivo del Potere.